Tracciare per prevenire. L'uso dei dati di geolocalizzazione per studiare e prevedere la diffusione delle epidemie

I dati anonimi di geolocalizzazione degli smartphone, fornendo importanti informazioni sui movimenti della popolazione, consentono di produrre simulazioni affidabili di molti fenomeni collettivi.

Tracciare per prevenire. L'uso dei dati di geolocalizzazione per studiare e prevedere la diffusione delle epidemie

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A chi di noi lo smartphone in uso non ha posto, almeno una volta, il cruciale quesito! E, probabilmente, ogni volta che ciò accade, ci pensiamo un po’ su prima di decidere se concedere o negare il nostro assenso. E sì, perché tutti – chi più chi meno – siamo sempre più preoccupati di possibili violazioni della nostra privacy e, di sicuro, non è rassicurante immaginare che, tramite la posizione del nostro cellulare, i nostri movimenti quotidiani risultino di fatto pienamente tracciabili da occulti “spioni”.

In effetti, una simile preoccupazione non è del tutto infondata, anzi! Ma non sempre questa caratteristica tecnica dei nostri inseparabili “devices” deve essere considerata un potenziale pericolo per la nostra libertà. In alcuni frangenti, infatti, un uso appropriato e responsabile dei dati che essa fornisce può davvero volgersi a vantaggio di tutti noi.
I dati anonimi di geolocalizzazione degli smartphone, infatti, fornendo importanti informazioni sui movimenti della popolazione, consentono di produrre simulazioni affidabili di molti fenomeni collettivi. La buona notizia è che ciò vale anche per la diffusione di malattie infettive, come l’influenza, in contesti molto differenti per densità della popolazione. Lo evidenzia un recente studio (pubblicato su “Nature Communications”), condotto da Madhav Marathe dell’Università della Virginia (Charlottesville, Usa) insieme ad altri colleghi di altre università statunitensi e di Google.

Da tempo gli epidemiologi sono alla ricerca di un metodo valido per riuscire a prevedere come si diffonderanno in una popolazione le malattie infettive che si propagano attraverso il contatto stretto tra individui e, quindi, in stretta correlazione con i loro movimenti. Il problema di fondo è: come raccogliere dei dati significativi che descrivano adeguatamente questa dinamica? In molti casi, si è fatto ricorso alle rilevazioni dei movimenti dei pendolari, condizionate però da forti limitazioni in termini sia di copertura temporale e geografica, sia di dettaglio e precisione delle rilevazioni stesse. Si è anche provato a servirsi dei dati ottenuti dalle chiamate telefoniche, che offrono invece informazioni abbastanza accurate, ma col limite di essere forniti dai gestori attivi in un paese, senza riuscire quindi a varcare i confini nazionali.

Dunque, per ottenere una base di dati più ampia e precisa, Marathe e colleghi hanno analizzato i dati storici – previamente resi anonimi – raccolti dai sistemi di geolocalizzazione di smartphone con il sistema operativo Android. Per scomporre i dati e individuare i trasferimenti individuali ci si è avvalsi della tecnica di intelligenza artificiale dell’apprendimento automatico. I ricercatori hanno poi applicato un modello di trasmissione di malattie infettive basato su una mappa di quei movimenti e, infine, hanno messo a confronto i risultati simulati con i dati reali presenti nelle cartelle cliniche di ricoveri ospedalieri e nei referti di test di laboratorio. In particolare, sono state prese in considerazione due occorrenze: la propagazione dell’influenza nella città di New York e dintorni nel biennio 2016-2017 e quella dell’influenza stagionale del 2016 in Australia (caratterizzata da una popolazione con una distribuzione decisamente meno densa). Ebbene, il modello adottato ha mostrato di prevedere la progressione e la regressione del contagio nelle due popolazioni con una accuratezza superiore a quella dei modelli basati su database standard.

Un buon uso dei dati di geolocalizzazione dei cellulari, dunque, può essere realmente utile per prevedere la diffusione delle epidemie, inclusa l’attuale pandemia di Covid-19, dal momento che i movimenti delle persone possono essere rilevati anche su scala globale, superando i confini nazionali.
Permangono tuttavia – a detta degli stessi autori della ricerca – alcuni limiti da superare. Ad esempio, l’attuale difficoltà a distinguere tra diversi spostamenti con tempi di permanenza variabili; ciò può risultare problematico, considerato che la probabilità di contagio tra le persone dipende in modo cruciale anche dal tempo trascorso insieme. Inoltre, i dati degli smartphone, essendo anonimi, non possono distinguere tra chi risiede in una certa area campionata e chi è solo di passaggio, per esempio i turisti.

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Fonte: Sir