Un inizio incoraggiante. Un nuovo vaccino ( a mRNA) anti-tumorale, sperimentato sul carcinoma pancreatico

Il nuovo vaccino ha introdotto nell'organismo dei pazienti le istruzioni per produrre le stesse proteine presenti sulla superficie delle cellule tumorali e darle poi “in pasto” al sistema immunitario, che, riconoscendole come estranee, si è preparato ad eliminarle.

Un inizio incoraggiante. Un nuovo vaccino ( a mRNA) anti-tumorale, sperimentato sul carcinoma pancreatico

Continua senza sosta la lotta della scienza contro le varie forme tumorali, in particolare quelle più aggressive e pericolose, come i tumori al pancreas. Buone notizie su questo fronte giungono da una recente ricerca (pubblicata su “Nature”), realizzata da un gruppo di scienziati del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York (USA), coordinati dall’oncologo Luis A. Rojas. Si tratta della messa a punto di un nuovo vaccino a mRNA, confezionato su misura su ogni singolo paziente e somministrato a soggetti affetti da una forma aggressiva di tumore del pancreas. Pur trattandosi di piccolo studio preliminare, i risultati sono stati promettenti, aprendo così nuove speranze concrete sulle future cure di questa malattia.
In concreto, lo studio ha coinvolto 16 pazienti che si erano sottoposti a chirurgia per l’asportazione di un adenocarcinoma duttale, la forma più comune di tumore del pancreas. Successivamente, i medici del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York hanno estratto alcuni campioni di cellule cancerose di ciascun paziente e li hanno inviati in Germania ai laboratori della BioNTech (l’azienda di biotecnologie che ha realizzato insieme a Pfizer i vaccini a mRNA anti-Covid), dove sono state analizzate le caratteristiche genetiche di specifiche proteine che si trovano sulla superficie delle cellule malate. Sulla base di tali caratteristiche, sono stati prodotti vaccini a mRNA “sartoriali”, cioè adattati al profilo del tumore di ogni singolo paziente, in grado di insegnare alle cellule immunitarie di ciascuno di essi a combattere il tumore.
In altre parole, il nuovo vaccino ha introdotto nell’organismo dei pazienti le istruzioni per produrre le stesse proteine presenti sulla superficie delle cellule tumorali e darle poi “in pasto” al sistema immunitario, che, riconoscendole come estranee, si è preparato ad eliminarle.
Con quali risultati? Nel trial di fase 1, metà dei pazienti a cui è stato somministrato il vaccino non hanno mostrato recidive di cancro per l’intera durata dello studio (18 mesi). Più in dettaglio, in 8 dei 16 pazienti si è verificata un’elevata attivazione di un tipo di linfociti (le cellule T) e, a 18 mesi dall’intervento, nessuno di essi mostrava segni di progressione del tumore. Nel gruppo che non ha risposto al vaccino, invece, il cancro è ritornato dopo un tempo mediano di 13,4 mesi dall’intervento.
Certamente, si tratta di dati molto positivi e incoraggianti, data l’alta probabilità con cui questo tumore di solito si ripresenta. Tuttavia, la cautela è d’obbligo. Come anticipato, infatti, lo studio è ancora nelle sue prime fasi e ha riguardato un numero molto ristretto di volontari con determinate caratteristiche (16 pazienti, tutti di origine caucasica). Inoltre, i soggetti coinvolti hanno ricevuto il vaccino come parte di un trattamento più ampio, che includeva chemioterapia e un farmaco che impedisce ai tumori di sfuggire al sistema immunitario. E per il momento non è stato possibile “scorporare” i benefici del vaccino da quelli potenzialmente legati alle altre due terapie. I “bagliori di luce” generati da questo studio, dunque, andranno approfonditi e confermati, coinvolgendo numeri assai più elevati di persone.
La ricerca di Rojas e colleghi riveste particolare importanza poiché questo tipo di tumore del pancreas non risponde bene alle immunoterapie che dirigono le cellule immunitarie contro gli antigeni (proteine specifiche) sulle cellule tumorali; inoltre, finora si è sempre pensato che l’adenocarcinoma duttale avesse poche proteine specifiche da usare come eventuali bersagli in vaccini personalizzati.
Sul versante economico, poi, va rilevato che il nuovo vaccino, sviluppato in sole 9 settimane dall’intervento (ma che ora è confezionabile in 6!), è ancora estremamente costoso: si arriva a poco meno di 100.000 dollari (oltre 91.500 euro) per dose, un prezzo che creerebbe intollerabili disuguaglianze nell’accesso alle cure, escludendo la maggior parte dei pazienti. Anche su questo fronte, quindi, occorrerà uno sforzo congiunto dell’industria e delle politiche sanitarie per superare questo ostacolo.

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Fonte: Sir