Una agricoltura, due sfide. La produzione agroalimentare deve produrre più cibo ed essere più compatibile con l’ambiente e con le risorse scarse

Stando ai calcoli Fao, il balzo in avanti della popolazione mondiale comporterà un aumento della produzione di cibo del 60-70% rispetto a quanto prodotto oggi.

Una agricoltura, due sfide. La produzione agroalimentare deve produrre più cibo ed essere più compatibile con l’ambiente e con le risorse scarse

Eravamo circa 7,7 miliardi due anni fa, saremo quasi 10 miliardi tra trent’anni. Per tutti occorrerà trovare di che alimentarsi. Stando ai calcoli Fao, il balzo in avanti della popolazione mondiale comporterà un aumento della produzione di cibo del 60-70% rispetto a quanto prodotto oggi. Il fabbisogno richiesto salirà anche in virtù della crescita dei redditi pro capite concentrata in alcuni paesi (Cina, Polonia, India, Giappone, Stati Uniti) già nei prossimi 5 anni. E’ anche su questi dati di prospettiva che occorre ragionare come ha fatto il Survey Nomisma – Agrifood Monitor, presentato qualche settimana fa in occasione del V Forum Agrifood Monitor. Il nodo che lega tutto è fatto di innovazione e capacità tecniche, equa distribuzione delle risorse e degli investimenti ma anche dei risultati della produzione agroalimentare, senza dimenticare la capacità di tutela dell’ambiente unita a quelli di aumentare per davvero la produttività alimentare. Equità, dunque. E solidarietà che deve prevalere sugli aspetti produttivistici ed economici. Su tutto, come proprio Nomisma fa notare, c’è la necessità di produrre più cibo per tutti: un obiettivo difficile, ma necessario.

Una prospettiva già complessa, che si fa ancora più complicata se la si unisce agli effetti del cambiamento climatico (negli ultimi 40 anni è triplicato il numero dei disastri naturali, con evidenti ripercussioni sull’ambiente e sull’agricoltura), e della crescente scarsità di terra (0,1 ettari di superficie coltivabile a persona nel 2050 contro gli 0,4 degli anni ’60 dello scorso secolo) e di acqua (l’Italia preleva il 28% delle risorse d’acqua disponibili ed è quindi considerata in condizione di scarsità idrica).

E’ per questo che l’Europa ha messo in campo un ampio piano d’azione, il Green Deal, che dovrebbe portare l’Ue entro il 2050 alla neutralità climatica e che contiene al suo interno due strategie in particolare – “From Farm to Fork” e “Biodiversity” – che fissano gli obiettivi che interessano il settore agricolo e che hanno impatti rilevanti sulle attività di tutta la filiera. Obiettivi, naturalmente, moto ambiziosi ma ineludibili. Basta pensare al fatto che tra dieci anni si dovrà dimezzare l’uso di fitofarmaci chimici ed abbattere del 20% quello di fertilizzanti. Occorrerà anche aumentare fino al 25% del totale la superficie coltivata con metodi biologici. Più in generale, si dovranno promuovere nuovi e più attenti metodi di allevamento e coltivazione, così come per la sicurezza degli approvvigionamenti e per l’equità dei redditi degli agricoltori. Uno dei traguardi fondamentali da raggiungere, sarà anche la riduzione degli sprechi alimentari e degli imballaggi non ecologici e riciclabili.

Grandi traguardi e grandi ambizioni, dunque. Che chiedono a tutti una cosa sola: altrettanto grande concretezza d’azione. Da qui la necessità di investimenti importanti e dell’uso di tecnologie d’avanguardia per mettere in condizione l’agricoltura di rispondere in modo positivo alle richieste europee. Esigenze e prospettive che per l’Italia assumono un valore notevole. Proprio l’agricoltura e l’agroalimentare italiani, infatti, in questi ultimi tempi hanno rivelato tutta la loro importanza anche in termini strategici. Persino durante la pandemia, fa rilevare Nomisma, l’export agroalimentare ha registrato un incremento confortante (+1,3%), confermando il trend positivo degli ultimi dieci anni e in controtendenza con i cali di Francia (-3,7%) e Germania (-1,2%), Stati che hanno maggiormente sofferto le limitazioni imposte dall’emergenza sanitaria. Questa competitività nazionale è tuttavia figlia di un delicato equilibrio fra import ed export che vede l’Italia non autosufficiente dal punto di vista agricolo, ad esclusione di tre filiere (vino, carne avicola e frutta).

Quella della competitività, dunque, appare essere come una delle parole d’ordine più importanti anche per l’agroalimentare nazionale. Proprio dal V Forum Agrifood Monitor di Nomisma, è però emersa a questo proposito una puntualizzazione essenziale. L’agricoltura deve rispondere alla doppia sfida della produttività e della sostenibilità e lo deve fare risolvendo un’equazione molto complessa: produrre di più consumando di meno, mettendo in pratica quella che la Fao ha definito intensificazione sostenibile.

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Fonte: Sir