Una classe “melmosa”. La situazione esasperante di fronte a un gruppo di studenti passivo e letargico

Tra questi giovani e l'istituzione scolastica c'è una profondissima faglia, che segna “continenti” pronti al distacco.

Una classe “melmosa”. La situazione esasperante di fronte a un gruppo di studenti passivo e letargico

Contrariamente a quanto si possa pensare, una delle maggiori insidie in cui un insegnante possa imbattersi nel suo quotidiano non è affatto la classe cosiddetta “oppositiva” e “irriverente”. Al contrario, la più esasperante delle situazioni è l’incontro con la classe “melmosa”.

Ma cos’è nello specifico una classe “melmosa”? Con quali “armi” essa disinnesca l’azione pedagogico-didattica del povero insegnante volenteroso?

La classe “melmosa” è silente, soprattutto. Letargica e passiva. Impermeabile a buona parte degli stimoli che gli vengano proposti. Il termine più immediato per definirla sarebbe “disinteressata”, ma in realtà il muro che innalza fra i suoi giovani componenti e l’insegnante è fitto e impenetrabile come la foresta cresciuta attorno al sonno secolare della principessa, protagonista della famosa fiaba di Perrault.

Le parole del docente precipitano nel vuoto pneumatico, l’elettroencefalogramma della platea è piatto.

Sulla fenomenologia della classe “melmosa” potremmo fare svariate considerazioni, ma l’aspetto più interessante non è la sua sconfortante descrizione. Vale la pena, piuttosto, indagare a fondo le causa di tale risposta cognitiva alla sollecitazione scolastica standard.

Potremmo dire che la classe “melmosa” è costituita da un drappello di individui posti al confine non semplicemente fra due diverse generazioni, ma proprio fra due epoche che faticano sempre più a comprendersi e a relazionarsi.

Fuori dalle mura scolastiche, gli studenti della classe “melmosa” non sono affatto dormienti:  coltivano interessi, interagiscono, esplorano, insomma sono “vivi”.

La scuola per essi è inadeguata, non parla la loro lingua. Tra questi giovani e l’istituzione scolastica c’è una profondissima faglia, che segna “continenti” pronti al distacco.

Con la classe “melmosa” si cercano metodologie alternative: il peer to peer (l’insegnamento fra pari), la flipped classroom (la cosiddetta classe rovesciata, che sollecita negli studenti spirito di iniziativa e pensiero critico), il digital learning (l’utilizzo delle tecnologie per veicolare i contenuti).

In realtà, anche queste scelte didattiche spesso si schiantano sul muro letargico: la criticità è troppo profonda. Non è questione di metodi, è proprio un problema di contenuti. Il vulnus che impedisce il dialogo tra docente e discente sta nel background dello studente stesso. Egli non si riconosce nel percorso culturale proposto.

In sostanza, il problema non è meramente scolastico come si potrebbe pensare. Si tratta della manifestazione evidente di un problema sociale molto articolato e diffuso.

Il drappello, in questione, è cresciuto in una sorta di “camera oscura”, separata da tutto. Ha avuto come interlocutore privilegiato la tv, che poi negli anni ha sostituito con lo smartphone. E’ stato allevato al riparo dai “pericoli” e dalle “bruttezze” della realtà. Si è cibato di storie virtuali e ha dialogato con i membri del suo nucleo familiare solo ed esclusivamente su questioni di ordine pratico. I genitori, o i nonni, non hanno avuto la possibilità di condividere la propria storia e il proprio vissuto, a volte anche soltanto per mancanza di “tempo”.

Sono figli di famiglie in cui si va di fretta e si è immersi in protratte e alienanti solitudini, in piccoli quotidiani “abbandoni”,  causati da impegni lavorativi o da questioni altre che privano la relazione genitoriale di profondità.

Fuori della “camera oscura” questi giovani appaiono storditi. Sgranano gli occhi, si annoiano e mostrano diffidenza nei confronti degli argomenti didattici che vengono loro proposti. Per alcuni di essi, la scuola diventa addirittura una potente fonte di stress: chiede performance che non sono abituati a dare e, di conseguenza, determina comportamenti evitanti, in alcuni casi perfino nevrosi.

L’inadeguatezza del sistema delle relazioni familiari provoca un danno psicologico e culturale irreparabile e, alla lunga, una distanza incolmabile fatta di silenzio.

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Fonte: Sir