Una testimonianza viva e feconda. Un libro di Riccardo Cristiano racconta il cammino e il mistero della scomparsa di padre Dall’Oglio
Dall’Oglio è divenuto cittadino di un mondo che il solo sguardo critico seppure colto non potrebbe mai comprendere nella sua complessità
“Questa è la risposta dei cristiani dal crocevia tra Oriente e Occidente quali figli dell’uno e dell’altro, oppure non c’è risposta”.
Il sacrificio di padre Paolo Dall’Oglio, la sua sparizione avvenuta dieci anni fa in quello che in effetti era un evidente rischio, l’ingresso nel quartier generale dell’Isis dopo la sua espulsione dalla Siria nel 2012, viene ricordato da Riccardo Cristiano in un libro che ripercorre tutte la fasi di quel lungo cammino che portò il gesuita dalla antica militanza politica alla scelta di farsi missionario e parte integrante dei un mondo che non è possibile analizzare con la sola ratio d’occidente.
Merito di questo “Una mano da sola non applaude. La storia di Paolo Dall’Oglio, letta nell’oggi” (Ancora, 144 pagine, 16 euro, con una prefazione di Antonio Spadaro) è di rivelare l’estrema complessità, agli occhi di chi non conosce la situazione di quella regione di incontro e scontro, di un evento che parte da molto lontano e che porta altrettanto lontano. Perché Cristiano conosce bene quei luoghi per averci lavorato come inviato Rai, oltre ad essere fondatore dell’associazione “Giornalisti amici di padre Dall’Oglio”, e la sua visione dei fatti è poggiata non solo su ipotesi, ma sulla esperienza diretta, sull’amicizia, sul controllo delle fonti.
Ma “Una mano solo non applaude” non è solo questo, è qualcosa di più, perché attraverso le parole di padre Dall’Oglio, attraverso la conoscenza diretta dei luoghi e del loro spirito -ma occorrerebbe usare il termine al plurale se non si corresse il rischio di essere capiti male- riusciamo ad avere una serie di informazioni che ci consentono di entrare in profondità in mondi in cui la separazione manichea tra cristiano e non, tra bene e male non è più possibile.
Fa bene Cristiano a ricordare che prima di tentare quella possibile soluzione “federalista”, a volerne limitare i significati profondi, Dall’Oglio è divenuto cittadino di un mondo che il solo sguardo critico seppure colto non potrebbe mai comprendere nella sua complessità. Come scrive il gesuita, “la nonviolenza dialoga, testimonia, critica, assiste, apre vie di riconciliazione, va oltre”. Un pacifismo realista, come scrive lo stesso Cristiano, formatosi con anni e anni di contatto diretto, di cittadinanza attiva in quei luoghi, di rinuncia alle sicurezze dialettiche d’occidente a favore di una realtà che ha vista nascere e dividersi i monoteismi.
I rischi di aggiustamenti di quell’idea fondante, in grado di farla diventare altro erano e sono notevoli: il più evidente è quello di essere strumentalizzato da una parte piuttosto che da un’altra, ad esempio come forma di collaborazionismo con il regime di Assad attraverso proposte teoriche di una riconciliazione lasciata all’arbitrio del regime politico dominante.
Molti potevano essere i nemici di questa visione forse utopistica ma nel contempo basata sulla conoscenza attiva delle divisioni etniche, politiche, religiose. È una visione del mondo in cui l’essere parte di quella terra e di quella cultura era tutt’uno con la consapevolezza che il messaggio cristiano non è l’unico e che esso deve fare conti empirici con altre fedi in cammino.
E’ proprio quella visione di un cammino reale di padre Dall’Oglio, uomo di fede profonda che dialoga con uomini di altre fedi, che rende questo libro una profonda testimonianza di un viaggio che non sappiamo ancora se sia realmente finito nel qui e nell’ora, ma che racconta una possibilità in cui pace, tolleranza, amore e fede diventano ora e nel futuro un progetto di pace tra gli uomini, credenti e no.