Via libera alla legge contro la violenza sugli operatori sanitari

Mangiacavalli (Fnopi): "Una nuova forma di tutela che vale anche per l'assistenza ai cittadini". Circa 240 mila infermieri su 270 mila dipendenti hanno subito una qualche forma di violenza, sia pure solo una aggressione verbale

Via libera alla legge contro la violenza sugli operatori sanitari

"Il via libera definitivo del Parlamento alla legge contro la violenza sugli operatori sanitari rappresenta un doppio segnale di civiltà: il primo verso i cittadini che sanno di poter contare su professionisti concentrati sui loro problemi e non sulla difesa da attacchi che non hanno ragion d'essere; il secondo verso gli operatori che ora hanno una forma di tutela in più per un lavoro che fino a ieri nella pandemia li ha fatti definire 'eroi’, ma che già oggi comincia a essere al centro di nuove violenze". Commenta così in una nota Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), il via libera alla legge sulla sicurezza degli operatori sanitari. 

"Una Legge che - come ha dichiarato il ministro della Salute, Roberto Speranza - difende con più forza da ogni forma di aggressione i professionisti sanitari e il loro lavoro- continua la nota- L'approvazione definitiva del disegno di legge rappresenta 'un importante traguardo- ha detto il ministro- che ha unito Governo, Parlamento e mondo della sanità. Gli episodi di violenza e le aggressioni a chi lavora negli ospedali e negli studi sono inaccettabili. Ci prendiamo cura di chi si prende cura di noì. Ogni anno circa 5mila infermieri subiscono violenze fisiche o verbali: 13-14 al giorno- sottolinea Fnopi- L'89,6% degli infermieri è stato vittima, secondo una ricerca dell'Università di Tor Vergata di Roma, di violenza fisica, verbale, telefonica o di molestie sessuali dagli utenti sui luoghi di lavoro".

"In base ai dati- continua Fnopi- si può dire che circa 240mila infermieri su 270mila dipendenti durante la loro vita lavorativa abbiano subito una qualche forma di violenza, sia pure solo una aggressione verbale. Di tutte le aggressioni (secondo l'Inail) il 46% sono a infermieri e il 6% a medici (gli infermieri sono i primi a intercettare i malati al triage, a domicilio, e quindi quelli più soggetti)".

"La Fnopi ha da sempre richiesto tolleranza zero verso la violenza e un inasprimento delle pene, ma non solo. Per la nostra Federazione è estremamente positivo ad esempio che si sia voluto mettere ancora di più in rilievo il ruolo dell'Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie, una richiesta specifica fatta a suo tempo dalla Fnopi e che, oltre a essere istituito presso il ministero della Salute nostro ministero vigilante, dovrà essere costituito, per la sua metà, da rappresentanti donne: tra gli infermieri il 78% circa è donna e abbiamo sempre sottolineato la duplice rilevanza che il Ddl contro la violenza riveste sia per i suoi contenuti in se, sia per il fatto che la violenza è indirizzata quasi sempre in modo maggiore proprio verso le donne".

"Bene anche- prosegue la presidente Fnopi- l'aggravio delle pene per lesioni gravi o gravissime che ora vale non più solo per le aggressioni a danno del personale sanitario o socio-sanitario, ma anche a danno di chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso. Un aspetto per noi importante è l'istituzione della Giornata nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari e socio-sanitari, che ha lo scopo di sensibilizzare la cittadinanza a una cultura che condanni ogni forma di violenza".

Conclude la presidente di Fnopi Barbara Mangiacavalli: "È essenziale la maggiore informazione e formazione perché siano denunciate da tutti e in modo chiaro le azioni di ricatto e le persecuzioni nell'ambiente di lavoro rispetto alla posizione e ai compiti svolti ed è una delle richieste da noi portate avanti. Ed è fondamentale far sapere alle persone cosa significa la violenza sugli operatori sanitari e che ad assisterli è l'equipe. Anche rispetto all'assistenza domiciliare, altro terreno di rischio per la violenza sugli operatori, spesso modelli organizzativi sono decisi da pochi mentre il sistema di rischio clinico deve avere modalità diffuse, interconnesse e condivise da tutti". (DIRE)

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)