Violenza e coronavirus: “Le donne vittime possono uscire, si tratta di necessità”

Il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna riporta le preoccupazioni per le donne che subiscono violenza ai tempi dell’emergenza sanitaria: “Drastico calo delle nuove richieste. Attenzione a non interrompere i percorsi di autonomia intrapresi”

Violenza e coronavirus: “Le donne vittime possono uscire, si tratta di necessità”

“Se sottostare alle limitazioni imposte per prevenire la diffusione del Covid-19 è difficoltoso per tutti, lo è ancora di più per le donne che subiscono o hanno subito violenza. Durante questa reclusione forzata le donne sono esposte a un maggior controllo da parte dell’autore di maltrattamenti, innalzando il rischio per la loro incolumità. La chiusura delle scuole e dei centri diurni per anziani e persone non autosufficienti, da una parte aumenta il carico di lavoro di cura, e dall’altra rende maggiormente problematico l’allontanamento”: è con queste parole che i centri del Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna ricordano a tutte le donne la possibilità di uscire di casa per chiedere aiuto per motivi di violenza, portando con sé un'autocertificazione che compileranno solo nel momento dei controlli, dato che – come confermato anche dalla ministra Elena Bonetti – si tratta di una situazione di necessità. “Chiediamo la massima attenzione e collaborazione da parte delle Forze dell’ordine preposte ai controlli in questi giorni perché facilitino le donne costrette ad allontanarsi da casa per motivi legati a violenza nelle relazioni di intimità”.

I centri antiviolenza ci sono e continuano a funzionare regolarmente, accogliendo e ospitando le donne, anche in emergenza, pur nel rispetto di tutte le norme igienico-sanitarie – dice Angela Romanin, presidente del Coordinamento –. Anche se stiamo registrando un drastico calo delle nuove richieste di aiuto, proseguono i colloqui con le donne già in percorso e con le ospiti nelle case rifugio, come pure tutti i contatti con la rete di supporto gestiti con nuove modalità dettate dalle misure di sicurezza, che prediligono il colloquio telefonico o la videochiamata, riservando i colloqui di persona alle sole emergenze”. Come spiega Romanin, Regione e Prefetture hanno contattato il Coordinamento con l’obiettivo di individuare strutture che consentano di ospitare altre donne, garantendo il distanziamento tra le ospiti, oppure l’isolamento volontario prima dell’ingresso nelle case rifugio.

Un altro aspetto rilevante per le donne è riuscire a portare avanti il percorso di riconquista dell’autonomia. “La sospensione delle udienze o dei tirocini lavorativi blocca le donne in un limbo difficile da sostenere – continua la presidente –. La separazione non va avanti, il lavoro non c'è. Per fortuna, le urgenze nei tribunali sono garantite, le udienze per gli ordini di protezione continuano regolarmente per dare alle donne quella necessaria protezione dai partner violenti attraverso un allontanamento o un divieto di avvicinamento dalla casa”. Come sottolineano le avvocate della rete nazionale Dire – Donne in rete contro la violenza, “gli strumenti urgenti attualmente disponibili per la tutela delle donne vittime di violenza, e quindi allontanamenti civili e misure cautelari penali, rientrano tutti tra le procedure urgenti e indifferibili che possono/debbono essere attivate anche in questo momento di stretta sull’attività dei Tribunali tutti. Per tali procedure i termini non sono sospesi e le udienze si possono tenere. L’allontanare prioritariamente il violento lasciando la donna e i figli a casa dovrebbe essere la soluzione principale sempre, non solo in tempi di virus. Oggi come ieri, coronavirus o no, il problema rimane la capacità di leggere e riconoscere la violenza”.

Chiara Chiaramoni

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)