Violenza sulle donne, un anno di Codice rosso: uno strumento davvero efficace?

Lucia Russo, della Procura della Repubblica di Bologna, fa un bilancio della legge nata l’anno scorso per accelerare gli interventi della polizia giudiziaria e dei pubblici ministeri per la tutela delle donne vittime di violenza: “Migliorata la tempestività della presa in carico e colmati alcuni vuoti, come il reato sul revenge porn”. Il 3 dicembre un seminario sul tema

Violenza sulle donne, un anno di Codice rosso: uno strumento davvero efficace?

Per contrastare la violenza di genere, il nuovo Codice rosso sta facendo davvero la differenza? A un anno dall’entrata in vigore della legge nata per accelerare gli interventi della polizia giudiziaria e dei pubblici ministeri per la tutela delle donne vittime di violenza, qual è il bilancio? Sarà questo il tema in discussione nel seminario “Codice rosso: ad un anno della sua entrata in vigore. Uno strumento efficace per la tutela delle donne che hanno subito violenza?”, in programma il 3 dicembre in occasione della quindicesima edizione del Festival della violenza illustrata.

La finalità del Codice rosso, la legge 69/2019 entrata in vigore il 9 agosto dell’anno scorso, è quella non solo di punire gli autori delle violenze, ma anche di proteggere e dare sostegno alle vittime, fin dalle fasi iniziali del procedimento, e di rendere più efficace e tempestiva la risposta giudiziaria.
Le norme introdotte cosa hanno cambiato concretamente? Dopo l’ascolto delle vittime cosa accade? Persistono ancora stereotipi e pregiudizi sulle donne maltrattate all’interno dei contesti nei quali dovrebbero trovare ascolto e protezione?

All’incontro, che sarà visibile online sulla pagina Facebook del Festival della violenza illustrata e sul 

, interverranno Paola Di Nicola, giudice del Tribunale penale di Roma, Tiziana Zambelli, presidente della Commissione pari opportunità dell’Ordine degli avvocati, e Lucia Russo, procuratrice aggiunta della Procura della Repubblica di Bologna, che afferma: “Gli effetti della legge potranno essere valutati solo con il passare del tempo, quando saranno stabilizzati. Ovviamente, nessuna legge è in grado di eliminare dalle comunità le variegate forme di violenza, tanto più quando vengono in rilievo condotte di reato che hanno una matrice strutturale e culturale. Tuttavia non vi è dubbio che il Codice rosso abbia determinato una maggiore sensibilizzazione nella gestione giudiziaria di questi casi, soprattutto rispetto alla tempestività della presa in carico”.

Quali sono stati i punti di forza di questa legge?
“In primo luogo, sono stati colmati alcuni vuoti: il più evidente riguarda il reato che sanziona la diffusione di immagini sessualmente esplicite (il cosiddetto ‘revenge porn’, n.d.r.), una condotta odiosa in costante aumento, che produce danni enormi alle vittime ed è caratterizzata da una sostanziale irrimediabilità del danno. Gli studi condotti in altri Paesi ci dicono che non di rado la vittima ha ideazioni suicidarie, e la stessa cronaca nazionale ci conferma purtroppo che la scelta autodistruttiva viene talora messa in atto. Un altro elemento fortemente innovativo è quello che permette la sospensione condizionale della pena solo in caso il soggetto violento partecipi a percorsi di uscita dalla violenza: per il momento si tratta di una previsione quasi embrionale, perché manca delle disposizioni di dettaglio, ma non vi è dubbio che si tratti di una strada da percorrere per contenere i rischi di recidiva”.

Quali sono le maggiori difficoltà, invece, che si sono riscontrate nell’applicazione del Codice?
“Le difficoltà, peraltro superabili, hanno riguardato aspetti organizzativi, soprattutto in relazione a quelle norme che hanno imposto adempimenti a breve termine. Altre volte hanno riguardato questioni interpretative delle norme: non vi è dubbio che in taluni casi la formulazione avrebbe potuto essere migliore”.

Uno dei passaggi del Codice rosso che aveva fatto più discutere era l’art. 2: “Il pubblico ministero assume informazioni dalla persona offesa e da chi ha presentato denuncia, querela o istanza, entro il termine di tre giorni dall’iscrizione della notizia di reato”. Secondo molti, tre giorni è infatti una tempistica troppo risicata. Come si è fatto fronte a questa difficoltà?
“L’ascolto della vittima entro tre giorni ha lodevoli intenti, ma in ragione della sua rigidità rischia di produrre effetti distorsivi: in alcuni casi impegna risorse dello Stato per attività non sempre necessarie o urgenti, in altri casi costringe all’ascolto di persone offese che non hanno alcuna intenzione di rendere dichiarazioni, non di rado perché non ancora pienamente consapevoli della propria condizione, e che pertanto tendono a negare o minimizzare i fatti, rischiando l’incriminazione o comunque la compromissione del quadro probatorio laddove decidano successivamente di denunciare. In ogni caso, al fine di evitare alle vittime di doversi recare ripetutamente nel giro di poche ore presso uffici giudiziari o di polizia, la Procura della Repubblica di Bologna ha scelto di delegare alle forze di polizia che ricevono la denuncia l’immediata escussione della persona, senza attendismi o rinvii”.

Un altro punto considerato critico è l’articolo 387 bis del codice penale, introdotto dal Codice rosso, che punisce con una pena dai 6 mesi a 3 anni chiunque violi il provvedimento di allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Ma una pena non superiore ai 3 anni impedisce l’arresto immediato anche se in flagranza di reato. Questo cosa ha comportato?
“Il fatto che la pena non superi i tre anni di reclusione effettivamente preclude la possibilità di procedere ad arresto in flagranza. Probabilmente la scelta del legislatore è stata quella di uniformare la pena detentiva del nuovo reato con quella prevista dall’art. 388 del codice penale che sanziona, tra le altre cose, la violazione degli ordini di protezione emessi in sede civile. In ogni caso, in caso di violazione delle prescrizioni connesse a misure cautelari o precautelari, si chiede normalmente un aggravamento della misura”.

Quali dati sono emblematici dell’impatto che ha avuto il Codice rosso, a un anno dall’entrata in vigore?
“La lettura dei dati statistici dell’ultimo anno non è semplice, a causa degli effetti della pandemia, che ha comportato un calo significativo di taluni reati. A livello generale, uno degli effetti più evidenti è quello della celerità della trasmissione delle denunce, ma anche dello svolgimento delle indagini, da parte delle forze di polizia, in ottemperanza a due specifiche disposizioni di nuova introduzione. Inoltre, avere inasprito le sanzioni di taluni reati, oltre a renderle più rispondenti alla gravità del reato contestato, ha determinato più lunghi termini di fase delle misure cautelari, rendendo più improbabile la revoca di esse per decorso del tempo massimo previsto dalla legge per ogni fase processuale”.

Si sono riscontrate delle differenze tra il periodo prima e dopo la pandemia? Con il Covid, l’applicazione del Codice si è complicata? In che modo?
“Le restrizioni imposte per ragioni sanitarie hanno determinato una mappatura diversificata dei reati: per quanto riguarda Bologna, i maltrattamenti in famiglia non hanno registrato alcun calo rispetto all’anno precedente e addirittura, in controtendenza rispetto al dato nazionale, le denunce sono aumentate anche durante il periodo del lockdown (110 nel bimestre a fronte di 93 nello stesso periodo del 2019). Per quanto riguarda invece i reati di violenza sessuale e stalking, sono sensibilmente calati nel periodo del confinamento domestico e poi hanno ripreso a salire con l’allentamento delle restrizioni. Rispetto alle difficoltà registrate, esse hanno riguardato la fase delle indagini – soprattutto nell’ascolto dei testimoni o nello svolgimento di altre attività finalizzate a riscontrare la notizia di reato – ma anche i tempi di trattazione delle cause in tribunale, inevitabilmente rallentati soprattutto nei casi in cui non risultavano applicate misure cautelari”.

Alice Facchini

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)