Volontariato ai tempi del Covid-19. “Non diventi un privilegio”

È l’appello lanciato con la “Call to action” al Global Technical Meeting 2020 lo scorso luglio a cui ha partecipato anche Padova Capitale europea del volontariato. Alvise Schiavon, coordinatore del tavolo cultura e istruzione di Padova: “Nel post-coronavirus molti potrebbero essere esclusi dalla possibilità di fare volontariato”

Volontariato ai tempi del Covid-19. “Non diventi un privilegio”

Dare la possibilità a tutti di poter fare volontariato anche per assicurare un ricambio generazionale e l’apporto di nuove idee e sensibilità. È questo uno degli appelli lanciati durante il Global Technical Meeting (Gtm2020) dal titolo “Reimagining Volunteering for the 2030 Agenda” tenutosi online a luglio - inizialmente doveva tenersi a New York, ma l’evento in presenza è stato poi annullato - e che ha visto la partecipazione di 400 rappresentati di governi, uffici delle Nazioni unite, società civile tra cui università, volontariato e settore privato. Un incontro voluto a livello globale per realizzare una piattaforma attraverso cui riflettere sul futuro del volontariato anche alla luce degli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Anche Padova Capitale europea del volontariato 2020 ha partecipato al meeting con Alvise Schiavon (in foto), ricercatore all’Università di Trento e coordinatore del Tavolo cultura e istruzione, uno dei sette tavoli tematici nati nella città veneta per elaborare azioni concrete a favore di tutta la comunità.

Il Meeting di luglio parte da lontano, spiega Schiavon a Redattore Sociale, ma nelle scorse settimane si è arrivati ad un momento cruciale dopo una negoziazione internazionale lunga e articolata. “La Call to action presentata a luglio - spiega Schiavon - rappresenta in realtà un pezzo di un percorso iniziato tanto tempo fa. Nel 2012 l’assemblea generale dell’Onu aveva chiesto di fare un punto a livello globale sullo stato del volontariato. Così nel 2015 è iniziato un percorso complesso. Il senso di questo meeting lo si capisce in prospettiva, leggendolo in collegamento con gli Obiettivi dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile. Si sono intrecciati due percorsi: uno per fare il punto a livello globale sullo stato del volontariato a cui, dopo il 2015, si è aggiunto un percorso che dopo l’Agenda 2030 vuole cercare di vedere le due cose assieme, ovvero come il volontariato può impattare sugli Obiettivi di sviluppo sostenibile”. Il primo passo decisivo, in questo senso, è stato compiuto nel 2015, con l’adozione di un “Plan to action”, una serie di eventi che ha portato dritti al meeting di luglio 2020, coinvolgendo diversi attori.Il percorso avviato nel 2015, spiega Schiavon, si basa su tre obiettivi fondamentali. “Il protagonismo del volontariato, il tema dell’integrazione, quindi la capacità di universalizzare l’accesso al volontariato e la valutazione dell’impatto del volontariato su questi obiettivi di sviluppo”. Dal lavoro di negoziazione su questa road map individuata cinque anni fa si è arrivati così alla “Call to action” presentata lo scorso luglio. Un documento, come spiega Schiavon, che reinterpreta i principi già individuati nel “Plan to action” e che “come tutti i prodotti di una negoziazione internazionale e a maggior ragione di una negoziazione così complessa in cui ci sono attori eterogenee - aggiunge - è un mix di formulazioni di principio e cose anche molto specifiche”.  Tra queste ultime, aggiunge Schiavon, ce ne sono alcune che vanno sottolineate perché di notevole importanza soprattutto per il volontariato dei paesi più sviluppati. “Nella Call to action emerge l’esigenza di dare la possibilità a tutti di fare volontariato - spiega Schiavon -. Questo è un principio fondamentale per diversi motivi, in particolare per i paesi più sviluppati. Intanto si riconosce che il valore del volontariato è anche per chi lo fa e quindi l’accesso al volontariato è un diritto. Un punto fondamentale anche all’interno dei lavori di Padova Capitale europea del volontariato perché fare volontariato non aiuta solo chi riceve il volontariato, ma anche chi lo fa, soprattutto in un momento di così grande paura e incertezza sul futuro.

Fare volontariato aiuta a ritrovare comunità e a superare alcune ansie e paure anche nei paesi più sviluppati”.  Ai tempi del Covid-19, tuttavia, questo punto richiamato nella Call to action assume un’importanza cruciale. “Nel post coronavirus c’è il rischio che il volontariato diventi un privilegio per pochi - aggiunge Schiavon -. Con la crisi economica che colpisce in maniera molto settoriale, il rischio è che alcuni segmenti della popolazione rimangano esclusi dalla possibilità di fare volontariato”. Una esclusione che rappresenta un “problema” sotto diversi punti di vista, continua Schiavon. “In primo luogo perché può rallentare il ricambio generazionale all’interno delle organizzazioni - spiega -. Poi perché tiene fuori idee e nuove sensibilità dal volontariato”. Per questo, chiosa Schiavon, è importante “favorire l’accesso” al volontariato non solo nei paesi in cui non c’è abbastanza benessere, “ma anche nei paesi in cui c’è benessere perché il problema può sorgere anche lì”.  Altra questione fondamentale per il futuro del volontariato affrontata nella Call to action è quella che riguarda il volontariato informale. “Il volontariato non è soltanto quello che si svolge nelle associazioni - spiega Schiavon -, ma può assumere diverse forme e può essere anche informale. Un tema cruciale per i prossimi anni perché è un po’ parte del problema dell’integrazione del volontariato, un tema che è stato affrontato in Italia con la riforma del terzo settore, ma che diventerà sempre più fondamentale”.(ga)

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)