Coronavirus: perché è più pericoloso per gli anziani e cosa è meglio fare

In questi giorni sul Coronavirus è stato detto tutto e il contrario di tutto. Ma ci sono alcuni punti che vanno confermati: il virus può provocare polmoniti gravi ed è più pericoloso per le persone anziane. Lo ribadisce il dottor Valter Giantin, medico presso la Clinica Geriatrica dell’Università di Padova. «Le statistiche – conferma – ci dicono che abbiamo una età media per i decessi di 80,3 anni. Più si avanza con l’età e più aumenta il rischio di mortalità, in particolare sopra i 75 anni».

Coronavirus: perché è più pericoloso per gli anziani e cosa è meglio fare

Dottor Giantin, cosa consiglia agli anziani?

«Devono rimanere fisicamente isolati a casa. Non incontrare di persona i nipoti, perché i bambini ed i giovani possono essere più facilmente positivi al virus ma asintomatici. E’ utile invece avere qualcuno che li contatta frequentemente e magari va a fare le spese per loro. Soprattutto nei prossimi 15 o 20 giorni, fino a quando non avremo il picco dei contagi, dobbiamo cercare di non avvicinarci fisicamente a loro se non per necessità. Per loro rispettare le regole di isolamento sociale è ancor più fondamentale. Evitare assolutamente di prendere mezzi pubblici e di incontrare fisicamente persone. Aumenti invece se possibile il contatto per telefono o per altra via telematica: evitiamo l’esclusione sociale degli anziani in questi tempi ricchi di tantissimi mezzi di comunicazione globale».

Sconsiglia anche una passeggiata?

«Una passeggiata può far bene, ma se un anziano non vive in campagna o in una zona isolata, appena esce di casa può incontrare facilmente qualcuno e anche se non c’è contatto fisico diretto, la sola vicinanza, magari per sentirci meglio (l’anziano soffre spesso di disturbi uditivi), può rappresentare un pericolo. Le raccomandazioni parlano di un metro di distanza, ma l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda invece, per avere una certezza di non contagio, una distanza di circa 2 metri».

Da cosa dipende questo aumento del rischio nelle persone anziane?

«L’anziano in media ha già altre patologie che possono influire sulla risposta al virus. Con l’avanzare dell’età poi gli stessi meccanismi di risposta immunitaria sono meno efficaci e più lenti. Il funzionamento del sistema immunitario peggiora e questo aggrava le conseguenze di una risposta del nostro organismo al virus dando luogo, più facilmente che in altre età, a quella che tecnicamente si chiama polmonite interstiziale virale. A queste infezioni virali può sovrapporsi una infezione batterica che aggrava la malattia causando la necessità di ricoveri e in casi estremi il ricorso alla Terapia intensiva, con eventuale intubazione. Inoltre, man mano che invecchiamo diminuiscono quelle che definiamo le “riserve funzionali” di ogni organo. Sono quelle riserve che entrano in gioco nei momenti di stress o di crisi, quando ad esempio dobbiamo riprenderci da una malattia grave. Anche per questo l’anziano quando crolla, crolla all’improvviso e fatica molto di più a rialzarsi. E’ quella che chiamiamo anche con il termine fragilità della persona anziana: è come un bel vaso di cristallo che con un piccolo urto può andare definitivamente in frantumi».

Ci sono dei rimedi che possono essere efficaci?

«Non ci sono vitamine, diete o altro che in questa fare possa essere d’aiuto. L’unica cosa sarebbe il vaccino, ma non lo avremo a disposizione, nella migliore delle ipotesi, prima di un anno o un anno e mezzo (forse quando l’emergenza sarà finita). Ci sono delle terapie che si stanno rilevando potenzialmente efficaci, come un anticorpo monoclonale in studio in Olanda, che blocca l’entrata del virus nelle cellule umane perché riconosce la proteina che il virus utilizza per aggredire le cellule respiratorie. Oppure il Tocilizumab, usato contro l’artrite reumatoide, sperimentato a Napoli; si tratta di un altro anticorpo monoclonale, con effetto però immunosoppressore, che pare dia risultati positivi nelle forme gravi di polmonite interstiziale. Altre possibilità che si stanno sperimentando sono dei farmaci anti-Aids o la possibilità di utilizzare il plasma di pazienti guariti dalla Covid-19. Tali terapie prima che diventino disponibili dovranno però superare tutte le fasi di sperimentazione, per capire se gli effetti collaterali che producono siano comunque accettabili in relazione al rischio dato dalla Covid-19, in particolare in soggetti anziani e con altre importanti patologie interferenti».

Altre cose che possono aiutare?

«Tutto ciò che può aiutare contro le sindromi da raffreddamento è utile, perché il nostro sistema immunitario, in particolare nelle vie aeree, risponde meglio quando si trova in un clima temperato e non troppo umido. Quindi non prendere freddo e non rimanere in luoghi umidi, come si fa per proteggersi contro l’influenza. Ma contro l’influenza abbiamo il vaccino e contro il Coronavirus no. Quindi la cosa veramente utile è evitare il più possibile il contagio mantenendosi fisicamente a distanza, anche dalle persone di casa, soprattutto se hanno un lavoro con molti contatti sociali e/o in ambito sanitario».

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