La storia dell'Arcella

La storia dell'Arcella è segnata dal rapporto con sant'Antonio. Il frate portoghese vi sostò durante il suo primo viaggio a Padova nel 1227 (si ipotizza che qui scrisse i suoi Sermones) e morente nel 1231. Distrutto nel Cinquecento, riedificato nel 1670 e infine ricostruito in stile neoclassico nell'Ottocento, il santuario accoglie anche la salma della beata Elena Enselmini, patrona minore della città.

La storia dell'Arcella

L’elevazione a parrocchia dell’Arcella è relativamente recente (1860), ma la sua vitalità spirituale è di ben lunga anteriore e inizia con il convento francescano di Santa Maria de Cella, secondo la tradizione fondato nel 1220 dallo stesso san Francesco d’Assisi.

L’evento principale che ha segnato la vita di questa comunità è però il contatto con sant’Antonio.
Il frate portoghese sostò al convento dell’Arcella durante il suo primo viaggio a Padova nel 1227 (si ipotizza che qui scrisse i suoi Sermones) e morente nel 1231, rientrando in città dal convento di Camposampiero su di un carro trainato da buoi.
Dopo la sua morte, avvenuta il 13 giugno, la salma fu trasportata al convento di Santa Maria Mater Domini entro le mura cittadine, dove poi sorse l’attuale basilica antoniana, mentre all’Arcella fu eretta una cappella detta “del transito”.
Ogni 12 giugno si ricorda l’arrivo e la morte del santo con un seguitissimo corteo in forma di sacra rappresentazione.

Nella prima metà del Cinquecento il convento subì una lunga serie di traversie: fu dapprima incendiato, durante la guerra di Cambrai adibito a quartier generale dell’esercito imperiale di Massimiliano d’Asburgo e quindi a lazzaretto, infine abbattuto dai veneziani per far spazio alla grande spianata esterna alle mura, il “guasto”, perché i nemici non trovassero alcun riparo (il sacello del santo venne però subito ricostruito).

Nel 1670-75 fu riedificato un piccolo santuario, sostituito nel 1842 da una chiesa più ampia in stile neoclassico, ultimata tra Otto e Novecento (grande navata neogotica, campanile).
Dal punto di vista architettonico, il santuario, detto anche di Sant’Antonino o Sant’Antonio piccolo, per distinguerlo dalla più grande basilica, rivisita lo stile romanico-gotico. Predomina l’uso del cotto con inserti in pietra e come modulo costruttivo il numero 13, data della morte del santo.

Nel presbiterio, sovrastato da una maestosa cupola di 40 metri, si trova la cella del transito, cuore del santuario.

Nella terza cappella di sinistra riposa la beata Elena Enselmini, considerata patrona minore della città. Nata a Padova nel 1208 da nobile famiglia, entrò, ancora giovane, nell’ordine delle Clarisse nel monastero dell’Arcella ed ebbe come direttore spirituale e formatore lo stesso sant’Antonio. Gravemente malata, morì nel 1231, pochi mesi dopo il decesso del santo. Il suo corpo è racchiuso in una teca in bronzo e vetro allestita nel 1958, anno in cui avvenne la solenne esposizione dei resti che da allora qui si venerano.

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