Agromafie e caporalato «giro d’affari da 4,8 miliardi dallo sfruttamento».

La denuncia dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil che questa mattina a Roma ha presentato il quarto rapporto sul tema. Circa 400 mila i lavoratori a rischio ingaggio irregolare e sotto caporale. Circa 30 mila le aziende che ricorrono al caporale, sono una su quattro

Agromafie e caporalato «giro d’affari da 4,8 miliardi dallo sfruttamento».

Un’azienda agricola su quattro in Italia ricorre all’intermediazione del caporale per reclutare la forza lavoro: sono 30 mila su tutto il territorio nazionale. È quanto emerge dal Quarto Rapporto Agromafie e Caporalato a cura dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil illustrato il 13 luglio a Roma alla presenza del presidente della Camera, Roberto Fico, e della segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso.

Come nelle passate edizioni, il rapporto fa il punto sull’economia illegale nel settore alimentare e un bilancio sull’applicazione della legge 199/2016 contro i fenomeni del lavoro nero e dello sfruttamento del lavoro in agricoltura.
Secondo il dossier, sono tra i 400 e i 430 mila i lavoratori agricoli esposti al rischio di un ingaggio irregolare e sotto caporale. Di questi più di 132 mila vivono in condizione di vulnerabilità sociale. Più di 300 mila lavoratori agricoli, ovvero quasi il 30 per cento del totale, lavorano meno di 50 giornate l’anno. Tra i dati del rapporto c’è anche una stima che quantifica in 30 mila il numero di aziende che ricorrono all’intermediazione tramite caporale.

Lo sfruttamento e il caporalato in agricoltura producono un giro d’affari pari a 4,8 miliardi di euro. Altri 1,8 miliardi di euro all’anno, invece, riguardano l’evasione contributiva.

«Contro le agromafie, il nuovo schiavismo e l’uso illegale dei lavoratori – spiega Susanna Camusso nella prefazione del rapporto – non si può in alcun modo abbassare la guardia, diminuire le protezioni e le tutele, dare un bench éminimo appiglio alle organizzazioni criminali di sfruttamento, riciclaggio, mala-economia».

Il rapporto (suddiviso in quattro parti: “Economia mafiosa: agromafie e caporalato”, “Le norme di contrasto allo sfruttamento” e “Il lavoro indecente nel settore agricolo” e Le mafie straniere e il caso della mafia bulgaraLe mafie straniere e il caso della mafia bulgara”) va a fondo sul tema del lavoro “indecente” raccontando alcune storie di lavoratori sfruttati nei territori di sette regioni (Lombardia, l’Emilia Romagna, la Toscana, la Campania, la Puglia, la Basilicata e la Sicilia) che confermano i dati raccolti dal rapporto in merito allo sfruttamento in agricoltura, dove i lavoratori non hanno nessuna tutela, nessun diritto garantito dai contratti e dalla legge. La paga, infatti, varia tra i 20 e i 30 euro al giorno e un compenso di al massimo 4 euro per riempire un cassone da 375 kg. Un orario di lavoro che va da 8 a 12 ore al giorno e un salario inferiore a quanto previsto dai Contratti collettivi nazionali di lavoro e Contratti provinciali di lavoro, assicura la Flai Cgil, di ben il 50 per cento.

Più grave e preoccupante la condizione delle donne lavoratrici che, sotto caporale, percepiscono un salario inferiore del 20 per cento rispetto ai loro colleghi.

A questi numeri, poi, bisogna sottrarre la quota che ogni lavoratore deve versare al caporale. Come ad esempio il trasporto che costa mediamente 5 euro, ma può variare con la distanza.

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Parole chiave: Agromafia (1), caporalato (5), Cgil (31)
Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)