Comdata chiude a Padova, la marcia dei 212

Sciopero e manifestazione venerdì 18 per i lavoratori dei call center. Spiegano la situazione i delegati Fistel Cisl di Padova e Ivrea.

Comdata chiude a Padova, la marcia dei 212

Sono 212 i padovani che rischiano di perdere il lavoro con la chiusura della sede cittadina di Comdata, la multinazionale attiva nell'assistenza clienti soprattutto telefonica.
Per loro è in programma uno sciopero nazionale per venerdì 18 maggio e un corteo che attraverserà le vie della città.

A Padova la multinazionale torinese arriva nel 2008, con l'acquisizione di un ramo di Vodafone e l'assunzione di 127 lavoratori.
Negli anni l'azienda cresce incorporando altri 52 lavoratori in Comdata Tech, il reparto di assistenza tecnica, e assumendo maestranze tali da superare di slancio i duecento impiegati. 

«Non si parla di mancanza di lavoro, ma di un sito non più profittevole — spiega Stefano Mazzucato, della Fistel Cisl di Padova — Finché c'era l'accordo con Vodafone la situazione ha retto, poi hanno mollato definitivamente. L'unico fattore su cui l'azienda può giocare è il costo del personale, e per quanto si vanti di far rientrare il lavoro dell'estero questo processo non tocca Padova». 

È la filosofia Comdata: dopo aver acquisito un pezzo di un'azienda se ne diventa fornitori attraverso una commessa, efficienza attraverso l'outsourcing.

Ufficialmente la chiusura dei siti di Padova e Pozzuoli — altri 58 dipendenti a rischio — serve alla multinazionale per rafforzare gli altri poli ma nel Canavese, dove sono impiegati un migliaio di lavoratori, di certezze se ne hanno poche.

«Per Comdata, Ivrea è una sede storica, centrale — racconta Irene Torta, anche lei delegata Fistel Cisl — noi però siamo cauti, intanto perché ci sono ancora 280 lavoratori in cassa integrazione con una procedura destinata a rimanere aperta almeno fino al 3 luglio, e poi perché non abbiamo comunicazioni ufficiali».

Comdata occupa gli spazi che furono di Olivetti, come il grande Palazzo Uffici posto alla fine di via Jervis 
«C'è un forte dumping fra le sedi —  continua Irene Torta —  l'azienda sostiene che ci siano sedi piccole e costose. Non chiude perché ci rimette, chiude perché non guadagna abbastanza. Noi qui non siamo tranquilli, temiamo che si crei il precedente dove, in una città come Ivrea e in una zona come il Canavese, c'è solo Comdata».

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