Impegno per la casa comune

Il 1° settembre il servizio per il cambiamento climatico della Commissione Europea Copernicus, tra i più dettagliati al mondo, ha fornito i dati su come è andata l’estate dal punto di vista del clima certificando che quella appena passata è stata l’estate boreale (i tre mesi tra giugno e agosto) più calda mai registrata.

Impegno per la casa comune

La temperatura media globale ha raggiunto un più 0,69 gradi centrigradi rispetto al periodo 1991-2020, mentre nel continente europeo l’aumento medio della temperatura è stato addirittura un più 1,54 gradi centrigradi rispetto agli ultimi 30 anni. La situazione è aggravata dal fatto che dal settembre 2023 ad agosto 2024 la temperatura media globale è stata la più alta mai registrata per un periodo consecutivo così lungo (12 mesi): più 0,76 gradi centrigradi al di sopra della media 1991-2020 e più 1,64 gradi centrigradi al di sopra della media preindustriale 1850-1900. In questo contesto il rapporto Copernicus sottolinea che gli «eventi estremi legati alla temperatura a cui si è assistito quest’estate non potranno che diventare più intensi, con conseguenze sempre più devastanti per le persone e per il pianeta, a meno che non si intervenga con urgenza per ridurre le emissioni di gas serra». L’urgenza di agire per la riduzione della quantità di anidride carbonica emessa in atmosfera è al centro delle iniziative del Tempo per il Creato 2024 (dal 1° settembre “Giornata mondiale di preghiera per il creato” al 4 ottobre festa di san Francesco d’Assisi), promosso dal Movimento ecumenico mondiale per celebrare con la preghiera e con l’azione un rinnovato impegno per proteggere la Terra, casa comune. Il prossimo 21 settembre, in particolare, è organizzata una Giornata globale di azione per un Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili (Ffnpt). L’iniziativa promossa alcuni anni fa dagli Stati delle piccole isole del Pacifico, destinate ad essere sommerse senza adeguate azioni di riduzione delle emissioni di gas serra, si è via via allargata e oggi raccoglie una vasta coalizione di Paesi, istituzioni accademiche, città e comunità locali, organizzazioni internazionali governative e non governative. Tra queste oltre 460 organizzazioni religiose a livello globale, continentale e nazionale. L’obiettivo del Trattato, che dovrebbe integrare l’Accordo di Parigi per il clima del 2015, è quello di impegnare gli Stati in un piano globale vincolante per fermare l’espansione di qualsiasi nuova estrazione e produzione di carbone, petrolio o gas; eliminare gradualmente, ma con tempi certi, la produzione esistente di combustibili fossili in modo giusto ed equo, tenendo conto del livello di dipendenza dai combustibili fossili e della capacità di transizione dei singoli Paesi; garantire una giusta transizione globale verso il 100 per cento di accesso alle energie rinnovabili, per tutti ed in particolare per i Paesi e le popolazioni più povere. Rallentare e poi fermare l’estrazione dei combustibili fossili risponde all’urgenza di ridurre le emissioni per contrastare il riscaldamento globale, ma anche per salvaguardare la qualità della vita e, molto spesso, la vita stessa delle popolazioni che vivono nei territori dove si estraggono le risorse energetiche. In questi luoghi, definiti a livello internazionale “zone di sacrificio”, l’aggressione nei confronti della natura, attraverso l’inquinamento e lo sfruttamento delle sue matrici primarie (aria, acqua, suolo), si accompagna con una sistematica violazione dei diritti umani delle persone e delle comunità locali. Con l’impegno per un Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili e, più in generale, con le moltissime iniziative del Tempo del creato, le chiese e le comunità cristiane contribuiscono in modo attivo ad accompagnare la transizione nel segno dell’ecologia integrale.

Matteo Mascia
Coordinatore del progetto Etica e Politiche Ambientali della Fondazione Lanza

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