Ciao Darwin. Il programma di Paolo Bonolis ci indigna perché è lo specchio di un presente privo di futuro

Ciao Darwin, "Terre Desolate". Un format che ha come tema l'uomo del futuro, al venir meno di ogni idea o speranza per il futuro, si risolve in un agglomerato di trash. Perché Ciao Darwin, da nazionalpopolare a nazionalpopulista, va sempre meglio al ridursi della qualità. Il mistero di Paolo Bonolis: un genio della Tv impegnato a scavare nei meandri più oscuri dell'animo della plebaglia.

Ciao Darwin. Il programma di Paolo Bonolis ci indigna perché è lo specchio di un presente privo di futuro

Ciao Darwin, in onda il venerdì sera su Canale 5, fa discutere. Ne abbiamo avuto anche noi la prova nei giorni scorsi: sono innumerevoli, infatti, le reazioni sui social provocate dalla pubblicazione dell’editoriale di Marco Deriu sulla nuova edizione del format di Paolo Bonolis.

Disgusto, incredulità, riflessioni sull’”impatto negativo” che programmi come questi hanno nei confronti della nostra società si sono susseguiti nei commenti di Facebook. È il “trash”, la “spazzatura”, il “brutto che fa il giro che diventa bello”: le famose “terre desolate”, quell’estinzione di ogni forma di umanità evoluta che si trova esplicitamente fin nel titolo del programma. Quest’analisi, però, rischia di essere riduttiva e di non vedere l’estrema differenza tra i programmi puramente trash – i reality, Barbara d’Urso, le interminabili chiacchierate per matrone annoiate in onda a tutte le ore pure sulla Rai – e un programma intelligente ma cattivo (legale malvagio lo chiamerebbero i giocatori di Dungeon and Dragons) come Ciao Darwin.

Una premessa: Paolo Bonolis è un genio. Può non piacere, può anche essere detestato, ma come ricordava Marco Deriu, quando il presentatore romano di fede interista sceglie di sperimentarsi con il genere alto – ricordiamo il talk “Il senso della vita”, ma anche i suoi Festival di Sanremo – la sua Tv è tra le migliori in assoluto. Grande conoscitore dell’animo umano, capace di saltellare agilmente dal genere popolare a quello colto, Bonolis sarà certamente classificato tra i “grandi” del piccolo schermo. Perché il peggio della Tv italiana arriva da uno dei suoi potenziali fuoriclasse?

Facciamo un po’ di storia: Ciao Darwin nasce a fine anni ’90 in un mondo profondamente diverso dal nostro. In quegli anni iniziava a diffondersi Internet, ci si preparava all’euro come segno di un cambiamento d’epoca, l’arrivo del 2000 rappresentava simbolicamente l’ingresso nel futuro. E il format di Ciao Darwin era prettamente segnato da questa idea - positiva - di futuro: la gara, infatti, rappresentava e rappresenta tutt’ora la guerra tra diversi gruppi di esseri umani (alti contro bassi, more contro bionde, poveri contro ricchi) per trasmettere il proprio DNA all’uomo e alla donna delle generazioni future. Un uomo e una donna migliori di quelli di oggi. Era un’idea piuttosto intelligente - drammaticamente più intelligente rispetto al panorama anche dell'epoca - per un programma inizialmente inoffensivo, la massima espressione del nazionalpopolare, genuinamente ottimista.

Che cosa è cambiato? Ci siamo persi il futuro – non parliamo più del domani, e le rare volte che lo facciamo lo facciamo con timore – e ci crogioliamo nell’oggi in un presentismo angosciante.

Il Paolo Bonolis di Ciao Darwin, che prima, nella sua conduzione, rideva e si divertiva con il popolo e in mezzo al popolo, oggi sembra quasi essersi messo da parte, come uno scienziato pazzo e depresso, per far emergere le espressioni più grevi e il lato più sconcio della peggior plebaglia. Certo, il casting ha il suo ruolo, ma oggi è quella plebaglia ad emergere: basta fare un po' di zapping in TV, scorrere le bacheche di Facebook o guardare un qualsiasi talk politico per accorgersene.

I vecchietti che cantavano in romanesco accompagnati dalla fisarmonica, protagonisti dei primi "Ciao Darwin" ora fanno compagnia agli angeli nel sonno dei giusti: oggi non ci sono più. Siamo passati dal nazionalpopolare al nazionalpopulismo. L’élite intellettuale (Bonolis) non si mescola più in mezzo al suo popolo per elevarlo e per comprenderlo, ma lo guarda schifato a distanza, lo schernisce per esorcizzarsi ma ne viene travolto.

Un Ciao Darwin ottimista e genuino come quello a cavallo del 2000 oggi sarebbe pressoché impossibile. Il Ciao Darwin del 2019 non può che indignare, ma questo non è che lo specchio – seppur deformato – dell’oggi.

Certo, la Tv dovrebbe – e potrebbe ancora – avere un ruolo educativo nei confronti delle masse. Ma il compito, oggi, di Ciao Darwin, è quello di divertire molti e di angosciare gli altri.

Con i suoi ascolti – stellari per i parametri di oggi – Ciao Darwin ha già dimostrato di aver vinto la sua lotta per l’evoluzione. Nella sua teoria Darwin spiegava come sopravvivessero non necessariamente le specie migliori, ma quelle che si adattavano meglio al loro ecosistema: e così, oggi, il trash prospera, mentre la qualità, salvo rare eccezioni, è relegata ai canalini tematici.

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