Revenge room, il racconto "psicologico ed emotivo" di Diego Botta

A Venezia il cortometraggio che affronta il tema del "revenge porn", in modo non convenzionale:  un progetto innovativo, pensato per parlare a spettatori di target diversi, generazione z, millennials e genitori

Revenge room, il racconto "psicologico ed emotivo" di Diego Botta

“Quelle foto, quei video, quando hanno cominciato a girare le mie amiche hanno cominciato a guardarmi come se avessi una malattia”. A parlare è Federica (Eleonora Gaggero), la protagonista di Revenge Room, cortometraggio che è stato presentato ieri alla 77. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Il corto, diretto da Diego Botta, con Alessio Boni, Violante Placido, Eleonora Gaggero, Luca Chikovani e Manuela Morabito (con una canzone di Baby K), parla di un argomento molto delicato, e spesso sottovalutato: il “revenge porn”, cioè la diffusione sul web, con sistemi di messaggistica online di immagini e/o video privati a sfondo sessuale a scopi vendicativi e senza il consenso della persona ritratta. È a tutti gli effetti un atto di violenza sessuale. Revenge Room segue la storia di una vendetta, raccontata in parallelo, dopo l’accaduto, dai due protagonisti. Federica si sveglia nella sua stanza, e trova una donna, che dice di essere un’amica della madre, a cui racconta l’accaduto. Davide trova un uomo elegante, e minaccioso, che gli fa fare i conti con la sua scelta. Federica e Davide si amavano, poi si sono lasciati. E Davide, agendo d’impulso, ha diffuso sul web dei video intimi di loro due insieme. “Ha detto che me la sono cercata”, racconta Federica alla misteriosa donna. Un copione sentito tante volte. Ma che Diego Botta mette in scena come un thriller, con i due protagonisti chiusi in queste due stanze molto particolari.

“Sul revenge porn sapevo quello che sanno tutti, a partire da quegli episodi più drammatici di cronaca, che hanno portato a dei suicidi” ci ha raccontato il regista Diego Botta. “Spesso il tema è legato alla violenza contro le donne”. “Mi rendo conto che il mondo è cambiato molto, si è evoluto”, continua. “I social e le chat sono ambienti in cui ci sono le nostre identità digitali, di cui non abbiamo più il controllo: la nostra identità sta tra quello che siamo in realtà e quello che ci raccontiamo all’esterno. In questo mondo la reputazione è sempre più importante e sempre più fragile, essendo alla mercé di commenti e insulti gratuiti. Immaginiamoci quando succede per dei contenuti che sono privati”.

La sceneggiatura del corto, scritta da Alessandro Diele, ha vinto la seconda edizione del contest "La realtà che non esiste". Il contest è nato da un’idea di Manuela Cacciamani che lo ha sviluppato e prodotto insieme alla sua One More Pictures e Rai Cinema Channel. “Quando Manuela Cacciamani mi ha detto che il progetto vincitore non aveva una regia, ho cominciato ad avvicinarmi a questo tema. Per la prima volta ho lavorato a un film da una sceneggiatura che non avevo scritto o coscritto” ci ha raccontato Diego Botta. “Chi l’ha scritta aveva in qualche modo un amore per entrambi, il carnefice e la vittima. Nel fare video erotici e condividerli in coppia non c’è niente di sbagliato. Il grande errore è mettere online questi video senza il consenso dell’altro”. “Nell’amore che ho visto per entrambi i personaggi, nonostante un errore grave, c’è una denuncia del fatto che non abbiamo l’educazione ai nuovi mezzi di cui disponiamo” spiega il regista. “Un tempo una coppia finiva una storia d’amore con gli insulti e poco più, e dicevi all’amico: quella è una stronza. Oggi basta un clic e un’immagine mandata per giocare insieme diventa un’arma”. Il problema è insomma di tipo culturale. “Non abbiamo un’educazione, un confronto con questo aspetto” commenta il regista. “Abbiamo strumenti che non riusciamo ad arrestare. Il protagonista dice: io volevo fermare tutto ma non ci sono riuscito. Davide si trova all’interno di una dinamica che aziona irresponsabilmente e di cui paga le conseguenze. Mi sono trovato anche a indagare la psicologica di chi compie il fatto che non mi aspettavo di esplorare. Ci vorrebbe un’educazione a questi mezzi potentissimi.”

Un recente studio della European Women's Lobby stima che negli Stati Uniti una persona su 25 è stata vittima di revenge porn, nel Regno Unito e in Australia una persona su 3 e in Europa circa 9 milioni di ragazze hanno subito una qualche forma di violenza online prima dei 15 anni. Nei mesi di lockdown dovuti alla pandemia si è registrato in tutto il mondo un netto aumento dei casi di "vendetta porno". Si stima che ogni giorno 53mila iscritti a chat si scambino immagini intime di migliaia di ragazze, anche minorenni, senza il loro consenso, con commenti denigratori, sessisti e umilianti, materiale pedo-pornografico, incitazione allo stupro e legittimazione del femminicidio. La legge italiana prevede che chiunque invii, consegni, ceda, pubblichi o diffonda immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da 1 a 6 anni e con una multa da 5.000 a 15.000 euro.

Diego Botta ha scelto di raccontare questa storia in modo non convenzionale. Revenge Room è una sorta di thriller. “Mi è piaciuta la descrizione di queste stanze come delle escape room” ci racconta. “Ho cercato di fare un racconto psicologico ed emotivo, ma all’interno di due escape room, che ho pensato un po’ plastiche: sono anche quelli due mondi virtuali. Tutto questo per entrare, fin dalle prime inquadrature del film, nel mondo delle storie di Instagram, dei social. Oltre ai due ragazzi, ci sono due personaggi misteriosi: ho utilizzato alcuni elementi del thriller per caricare le emozioni e il peso psicologico di chi lo vive. Quando ci sei dentro è un incubo, anche per chi non riesce a fermare tutto. È un incubo sia quello che succede a Davide che quello che vive lei”. “Una stanza è speculare all’altra. E in entrambe la dinamica è fatta in modo che l’attore adulto conduca il giovane, che si lascia guidare. Volevo alternarli in un certo modo e mettere i ragazzi in montaggio alternato come se si parlassero tra loro, come se si dicessero le cose che non si sono mai detti. Come se dicessero: Ma cosa hi fatto? Ma io non volevo”.

Revenge Room è un progetto innovativo, pensato per parlare a spettatori di target diversi, in particolare Generazione Z, Millennials e genitori. Una storia dalla forte valenza sociale che prende vita attraverso tre contenuti diversi, ognuno pensato per un differente canale di distribuzione. Il progetto è stato realizzato come un cortometraggio lineare diretto da Diego Botta che è stato presentato Venezia ed è disponibile in contemporanea su RaiPlay; un cortometraggio in Virtual Reality 360° diretto da Gennaro Coppola, che sarà presentato a settembre a Roma nel programma di Videocittà, il Festival della Visione, e in contemporanea sulla App Rai Cinema Channel VR; un video mapping narrativo realizzato dal Rufa in collaborazione con la società di VFX Direct 2 BRAIN, che avverrà in autunno in una piazza di Roma, nell'ambito di un evento legato al revenge porn.

Maurizio Ermisino

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Fonte: Redattore sociale (www.redattoresociale.it)