Arte che va, ricordi che restano

Con le agevolazioni fiscali del cosiddetto "bonus facciata", le pareti del capannone tra via Tunisi e via Ticino nel quartiere Arcella subiranno un intervento di restyling coprendo così l'imponente murale realizzato nel 2010 dagli artisti della crew Ead. Tra le varie opere ci sono anche gli ultimi lavori di Giacomo Ceccagno, in arte Jeos: le ruspe e gli escavatori dalle possenti benne si inseriscono nell'ambivalenza della sua poetica artistica. Costruiscono o cancellano? Ecco il suo “costruire distruzione”.

Arte che va, ricordi che restano

Vivo per
Costruire distruzioni
Distruggere costruzioni
Per una
Costruzione di massa
Distruzione di massa
Fabbriche armi
Tra
Sacro e massacro
Azioni e mozioni
Fiducia e sfiducia
Macchine nella giungla
Uomini e macchine
Nella giungla di macchine
A me
Piace
Colorare!
Giacomo Jeos Ceccagno

Una clessidra sospesa dal palmo di una mano femminile, all’incrocio di via Ticino e via Tunisi, che racchiude granelli della stessa sabbia che compone il deserto circostante. È lì a governare il tempo che scorre, granello dopo granello, mentre tutto attorno muta, cambia forma e vita. Quell’opera, che porta la firma del writer Axe, è lì dal 2010 come le intere due facciate che compongono l’opera monumentale, un intervento a più mani realizzato dagli artisti della Ead crew padovana.

Un punto cardinale della street art all’Arcella e non solo, un passaggio tra passato e presente di quest’arte multidisciplinare e dalle ricche sfumature che ha nella sua effimerità l’accettazione intrinseca del suo essere. Ma da fine febbraio 2021 tutto questo sarà solamente il passato sì perché le agevolazioni fiscali del cosiddetto “bonus facciate” invogliano un restyling esterno del capannone, com’è lecito che sia. È il tempo che scorre inesorabilmente, come già avvenuto per l’edificio limitrofo sempre su via Tunisi: al posto di due graffiti a firma di Peeta ora c’è una parate marrone e un cartello che invita non scriverci sopra.

facciata sguardi
Il Meeting of Style del 2005

L’attuale visione composita tra deserto, carri armati, ruspe e un cielo infuocato, è in realtà l’intervento finale di una continua stratificazione per mano degli stessi artisti a partire da fine anni Novanta. Un momento di grande riconoscimento internazionale è rappresentato dal Meeting of Style del 2005, il primo in Italia accolto proprio in questo quadrilatero urbano di Padova. Il MoS è una jam internazionale, diramata in oltre 20 paesi mondiali, nata nel 1995 in Germania con lo scopo di promuovere e valorizzare l’arte urbana in tutta la sua essenza.
Sudore, passione, vernice, musica, breakers si mescolano nella forma più pura e Padova, nel 2005, è stata la prima città italiana a portarlo nei confini nazionali. Tra il 24 e il 26 giugno, oltre 80 artisti hanno trasformato e ribaltato quest’area di quartiere, in lunghe sessioni che vanno dal capannone tra via Tunisi e via Ticino, gli spazi del centro sociale Pedro, vie adiacenti fino alla facciata esterna del Mappaluna su corso Tre Venezia.

jeos scritta sabe
Le ultime opere di Jeos

Tra il 2010 e il 2011, poi, gli artisti si sono ritrovati per creare la versione ultima. C’erano Joys, Boogie, Orion, Made514, Peeta, Yama, Secse, Zagor, Cruize, Sika, il già citato Axe, e c’era anche Giacomo Ceccagno, in arte Jeos. Artista multidisciplinare dall’enorme creatività, stimato e apprezzato nell’ambiente, Jeos è nato il 24 giugno 1978 a Padova e si è laureato all’accademia delle Belle Arti di Venezia nel 2007, presentando una tesi sulla sua personale ricerca tecnica e pittorica. Eclettico, ha unito nei suoi lavori pittura e scultura servendosi dell’antico metodo del bassorilievo realizzato con diversi tipi di materiali per giungere ad una sintesi tra tradizionale e contemporaneo. E proprio sull’ambivalenza e ambiguità ha costruito la sua cifra stilistica, osservando la realtà medesima che lo circondava: le ruspe e gli escavatori dalle possenti benne si inseriscono in questo enigma, costruiscono o cancellano? Ecco appunto il “costruire distruzione”.

Ma oltre alla percezione in Giacomo si accompagnava l’idea di movimento, sempre guardando l’ambiente urbano: la metropoli fatta di spostamento di macchine e persone, ma anche di trasformazioni intrinseche e perenni, come i muri, i palazzi e ancora i cantieri, le macerie dei vecchi edifici. Movimento dunque non solo nello spazio, ma nel tempo.
Lo stesso tempo che continua a scorrere di anno in anno, di pareti scrostate e di intonaco che viene giù. Le ruspe su via Tunisi sono gli ultimi lavori di Jeos che ci ha lasciato prematuramente nel 2011. Il suo nome, realizzato con effetto tridimensionale, è visibile sul braccio meccanico in primo piano; le sue lettere, scomposte e racchiuse in bolle di perla si possono invece leggere attorno al murale di Sabe, un omaggio visibile sulla destra all’inizio della lunga facciata sempre su via Tunisi.

Per mantenere fulgide la sua arte e le sue idee, nel 2012 suo padre Antonio ha fondato l’associazione Jeos , punto di riferimento imprescindibile per la street art in Veneto. Perché se è pur vero che quest’arte ha accettato il suo essere passeggero, nel tempo e nello spazio, documentare e fotografare quello che c’è stato e che ci ha emozionato, come artisti e come osservatori, è un impegno collettivo.

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