Coronavirus. Il volontario. Giovanni in prima linea sulle ambulanze

«Rispetto a due mesi fa sono cambiate molte cose, per noi e per i nostri pazienti». Mentre racconta, a un certo punto Giovanni Grigolin sembra emozionarsi.

Coronavirus. Il volontario. Giovanni in prima linea sulle ambulanze

Poi però riprende il controllo: «È difficile, soprattutto quando siamo coperti da una tuta bianca, maschera e visiera, far trasparire anche un filo di umanità nei nostri servizi. Noi però cerchiamo comunque di fare del nostro meglio». 

Dalla sua pacata determinazione non si direbbe, ma Giovanni ha solo 20 anni. Dal 2018 è volontario della Croce verde di Padova, ma già dal 2015 frequenta il gruppo giovanile della Green cross young. Originario di Monterosso, frazione di Abano, è anche attivo in parrocchia: fa parte del consiglio pastorale, dove è entrato come animatore dei giovanissimi. «Oggi però seguo soprattutto il reparto griglie della sagra!».

Nelle ultime settimane, oltre allo studio – frequenta il primo anno di medicina – Giovanni ha continuato a prestare il suo servizio come volontario soprattutto per quanto riguarda il servizio di urgenza-emergenza, con almeno un turno a settimana e un notturno mensile con il suo team (Squadra 4). E non è stato affatto semplice perché, di fronte all’emergenza Covid-19, la Croce verde ha dovuto rimodulare profondamente il suo servizio in collaborazione con il comitato padovano della Croce rossa e al Servizio di urgenza ed emergenza medica 118.

«Dobbiamo agire come se fossimo tutti contagiosi e allo stesso tempo – questo lo siamo davvero – contagiabili», spiega il giovane. Oggi pazienti e operatori sono tutti inevitabilmente toccati dalla paura: «L’asticella dell’attenzione è sempre altissima e ogni movimento e decisione vengono pesate e pensate: a volte sembra di vivere scenari surreali, da film di fantascienza. Spesso, mentre preleviamo i pazienti, le persone si affacciano a guardarci dai balconi, preoccupate che un giorno sia il loro campanello a squillare». Eppure i volontari non mollano: spesso, anzi, i giovani aumentano l’impegno per sostituire i più anziani, maggiormente esposti alle conseguenze nefaste della pandemia.

Giovanni e i suoi colleghi non si sentono eroi: «Noi volontari abbiamo la possibilità di decidere se prendere parte a quest’emergenza o meno, mentre i veri combattenti sono i dipendenti del nostro ente e i sanitari negli ospedali. Per troppo tempo la sanità pubblica è stata additata solo come malfunzionante e acciaccata; ora sembra che, quasi a volersi smacchiare l’anima, nell’opinione di molti sia rinato un grande amore. Il Servizio sanitario nazionale chiede però di non essere dimenticato una volta che si sarà calmata la tempesta: la sanità pubblica, nella mia opinione, è la massima espressione dell’umanità di un popolo e di uno Stato, perché si fa carico della sofferenza di chiunque chieda aiuto, indistintamente».

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