Dottor Sammy Basso, 110 e lode in umanità

110 su 100 e lode, una tesi sull'esperienza di tirocinio nei laboratori dell'università di Spagna. Per studiare la sua malattia, la progeria. Una tappa bellissima ed importante per Sammy Basso, il 22enne di Tezze sul Brenta che non vuole perdere tempo: punta alla specialistica e sogna di fare il ricercatore. Vuole restituire agli altri quello che in molti hanno dato a lui.

Dottor Sammy Basso, 110 e lode in umanità

Sul cancello esterno di casa ci sono una serie di fiocchi rossi celebrativi che, secondo papà Amerigo, rimarranno fin quando non inizieranno a scolorire. A casa di Sammy Basso si respira aria gioiosa e frizzante per la laurea triennale in Scienze naturali conseguita martedì 17 luglio con voto 110 su 100 e lode e con l’applauso di tutta l’aula. Il telefono squilla in continuazione con mamma Laura che prova a rispondere mentre Sammy, a guardarlo, lo si vede spensierato e, finalmente, disteso: «Il viaggio in macchina all’andata da casa, a Tezze sul Brenta, all’università di Padova sembrava infinito – confida il neolaureato – ma è andata benissimo e adesso mi riposo un paio di giorni, non troppo perché poi mi annoio: fra qualche giorno comincio a muovermi per la specialistica con indirizzo Biologia molecolare».

Una tesi sulla sua malattia rara, la sindrome di Hutchinson-Gilford, ai più conosciuta come progeria; o meglio una tesi sulle tre settimane di tirocinio trascorse l’estate scorsa nei laboratori dell’università di Oviedo, in Spagna, per contribuire nella ricerca sulla patologia che causa l’invecchiamento precoce. I suoi piccoli piedi non devono trarre in inganno: Sammy e i suoi 22 anni ogni giorno compiono passi decisi nelle sfide quotidiane della vita. Non perde tempo, non vuole e non può: tre anni lineari di studi universitari, la discussione alla prima sessione possibile, esami superati al primo tentativo, tranne un’idoneità d’inglese, tentata quattro volte.

Ride e arrossisce perché ammette di averla presa sotto gamba, eppure proprio nella lingua della Regina ha presentato il lavoro davanti alla commissione. E mentre la nonna, pur non capendo nulla, confidava con orgoglio veneto che suo nipote non aveva sbagliato una parola, Sammy spiega che la scelta è stata voluta perché era presente Carlos Lopez Otin, correlatore e ricercatore spagnolo con cui ha svolto il tirocinio. «Nel 2012 durante un meeting lui voleva tanto conoscermi al punto che ha rischiato di perdere l’aereo pur di incontrarmi – confida Sammy – Ci siamo affezionati subito e lui sin dal primo incontro, nonostante avessi 16 anni, ha sempre voluto che capissi quello che stava studiando. Lui mi ha proposto il tirocinio in Spagna, sono state tre settimane intense con otto ore al giorno in laboratorio assieme alla sua equipe. Io ambisco a diventare un ricercatore, so che è un mondo molto ampio, affascinante e a volte anche cattivo, ma lui è uno dei pochi a mettere umanità in quello che fa e ad anteporre il benessere del paziente prima di tutto».

L’esperienza in Spagna, al netto degli sforzi, della stanchezza e dei primi giorni di difficoltà, ha ulteriormente forgiato Sammy, che guarda al futuro con la consapevolezza di affrontarlo man mano che arriva senza farsi troppi problemi. Nel bagaglio di ritorno ha portato con sé l’importanza della crescita umana e professionale fatta condividendo emozioni, ma anche di quanto sia fondamentale il lavoro di squadra. Durante i ringraziamenti, con la corona d’alloro in testa e la pergamena in mano, Sammy ha speso parole d’elogio per i professori e i tecnici che hanno compreso le sue difficoltà: hanno combattuto affinché potesse disporre di uno streaming per poter seguire le lezioni da casa, lui ha organizzato un evento per raccogliere fondi per potenziare la stessa trasmissione online e ora anche altri studenti, in futuro, potranno usufruire di questo servizio che è una vittoria di tutti.

Passione, determinazione nel voler lasciare qualcosa agli altri. Questo spinge Sammy a continuare a studiare: «Nel 2000 la ricerca è nata negli Stati Uniti e nel 2003 è stato scoperto il gene che provoca la progeria e fu incredibile perché si pensava di avere risultati solo nel 2020. L’input fu dato da Giuseppe Novelli, attuale rettore dell’università Tor Vergata di Roma, che pur non lavorando sulla malattia, consigliò di restringere l’indagine su un unico gene. Ecco, io vorrei aiutare gli altri così come hanno aiutato me: 18 anni fa ci sono state persone che hanno avuto il coraggio di mettersi a studiare una patologia di cui non sapevano nulla e che colpisce oggi 140 casi in tutto il mondo, ma che all'epoca erano solamente 45. Per me sarebbe bellissimo fare la scoperta che cambierebbe il mondo, ma poi ci penso e mi dico che non devo farlo per la gloria, ma dire “io ce la sto facendo" perché sto aiutando qualcuno».

Una forza d’animo e una consapevolezza rafforzata dalla fede. Che sia appena sceso dal letto o durante la seduta di laurea, mostra con orgoglio il tau francescano che porta al collo. «Se dovessi descrivermi senza parlare della mia intima fede è come se non avessi detto niente» confida, infatti, Sammy che nei momenti bui e di sconforto, quando vorrebbe mollare tutto, trova ancora di salvezza aprendo la Bibbia. Amici, teatro, famiglia e un futuro sognato da ricercatore: Sammy è diventato “dottore”, vuole continuare a studiare e noi, nel vederlo superare gli ostacoli, continuiamo a imparare.

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