Monica e Andrea abitano a Saccolongo con i loro dieci figli, cinque naturali e altrettanti accolti: ecco come vivono l'emergenza Coronavirus

«Questo periodo di isolamento ci sta regalando un tempo condiviso: pasti da preparare, pulizie, giochi, film, preghiera... I ragazzi hanno tante domande»

Monica e Andrea abitano a Saccolongo con i loro dieci figli, cinque naturali e altrettanti accolti: ecco come vivono l'emergenza Coronavirus

È innegabile che l’emergenza sanitaria iniziata a febbraio ha portato sconvolgimenti in tutte le nostre vite. Ma, forse, cambiando il nostro punto di vista è anche possibile scoprire che questa epidemia sta modificando alcune delle nostre priorità e ci sta facendo scoprire nuovi modi per stare in famiglia. Ora non abbiamo più scuse: dobbiamo condividere tutto nelle nostre case, trovando il modo per rispettare le reciproche differenze, ascoltare le possibili paure dell’altro e provare, comunque, a progettare il futuro tutti insieme.

«Quando abbiamo capito che saremmo rimasti a lungo tutti in casa – spiega Andrea Bordin che, insieme alla moglie Monica Maggiolo, vive a Saccolongo con i suoi dieci figli, cinque naturali e cinque accolti – il primo passo è stato quello di organizzare le giornate definendo i tempi per lo studio, il pranzo, lo svago, la preghiera, la cena e lo stare insieme prima di andare a letto».

Andrea e Monica vivono in una grande casa messa a loro disposizione, circa cinque anni fa, dalla comunità di Frati minori presente a Saccolongo, poco dopo che i due genitori avevano dato vita, nell’ambito della Comunità papa Giovanni XXIII, alla casa famiglia “Maria regina della pace”, scegliendo di condividere direttamente la loro vita con chi ha più bisogno: donne che escono da situazioni di sfruttamento, bambini abbandonati o con disabilità e persone senza fissa dimora.

«I frati – spiega Monica – ci hanno affidato una casa molto bella, che ha degli spazi grandi e un bel giardino che in questo momento sono per noi una grazia di Dio. La casa si trova in una zona centrale di Saccolongo ma nello stesso tempo tranquilla, stretta tra la casa Sacro Cuore (dei frati), l’argine e il centro di accoglienza L’Iride».

Andrea e Monica hanno accolto nella loro casa famiglia cinque ragazzi e giovani dai 4 ai 36 anni, crescendoli insieme ai loro cinque figli naturali e facendosi carico delle loro situazioni di difficoltà: dalla disabilità alla solitudine, fino allo svantaggio sociale.

In questi giorni in casa la sveglia suona alle 6.30, quando si alzano le due bimbe di 4 anni. Alle 7 si segue la messa del papa e poi pian piano inizia la mattinata. Ognuno trova il suo spazio per studiare e gli ambienti diventano delle piccole aule dove i ragazzi si aiutano tra di loro. Poi il pranzo tutti insieme e il pomeriggio un po’ di svago in giardino se il tempo lo permette.

«Questo periodo di isolamento – racconta mamma Monica – ci sta regalando lo stare insieme: dai momenti in cui si mangia tutti intorno a un unico tavolo, a quando abbiamo preparato il cartellone con l’arcobaleno e la scritta “andrà tutto bene”, fino alle pulizie insieme e all’organizzazione del pranzo con l’avventura della preparazione degli gnocchi e della pasta fatta in casa. Abbiamo recuperato un grande cruciverba di più di cinquemila voci che occupa un intero tavolo. Lo teniamo lì e chi ha dieci minuti liberi si ferma e prova a completarlo».

In una prima fase non è stata immediata la scelta di rimanere in casa perché, soprattutto i ragazzi più grandi, avevano il bisogno di fare delle passeggiate sull’argine, vedere gli amici e sentire che tutto andava bene. Poi, via via che la situazione si è delineata e le stesse istituzioni hanno invitato all’isolamento sociale per sconfiggere il virus, non è stato necessario spiegare nulla ai ragazzi che hanno compreso e scelto da soli di rimanere a casa.

«Le due bimbe piccole – prosegue Monica – sono molto serene pur avendo interrotto anche la fisioterapia. Ho l’impressione che avendo tutti noi intorno siano cresciute rapidamente in questi giorni. Le ragazze di 10 anni, se pur autonome ormai da un bel po’, in questi giorni sembrano apprezzare anche i momenti in cui si fanno le faccende domestiche insieme. Questa modalità diversa di stare insieme ha profuso serenità in ognuno di noi».

La sera anche tra i ragazzi più grandi si sono attivate nuove dinamiche. Sospese le uscite con gli amici o la ragazza e le partite di pallone, ora dopo cena si sta tutti insieme a guardare un film o a suonare uno strumento musicale oppure ancora a fare una partita a carte. «Il virus – scherza Andrea – ci ha ridato lo stare insieme».

Non manca ovviamente il contatto con l’esterno grazie alla tecnologia. «I grandi – conclude mamma Monica – hanno tutti il cellulare per parlare con gli amici, sono in contatto con la scuola e si confrontano su quanto avviene fuori. Il Coronavirus nei nostri discorsi c’è spesso, ma nessuno manifesta esplicitamente le sue paure. Quello che mi colpisce, in questi giorni, sono i silenzi durante i momenti di preghiera. Quando chiediamo se qualcuno ha voglia di esprimere un’intenzione la risposta ora è spesso un silenzio carico di domande non espresse».

«Preghiamo per chi è più in difficoltà»

Prima di pranzo e di cena la famiglia si ferma per un momento di preghiera. «In questi giorni – spiega Monica Maggiolo – sono soprattutto i ragazzi più grandi che ci chiedono di pregare. Invece le bimbe più piccole vogliono leggere insieme il libretto della Quaresima».

Una preghiera silenziosa, che rivolge un pensiero alle persone più fragili che in questo momento potrebbero essere in difficoltà: «I ragazzi – prosegue mamma Monica – mi fanno notare che il nostro essere in tanti è un conforto che aiuta a vivere l’attuale condizione. Loro sentono la Grazia che viviamo e per questo pregano per le persone che stanno affrontando in solitudine questo momento».

«La domenica – racconta papà Andrea – abbiamo proposto ai ragazzi di vestirsi in modo diverso dalla solita tuta e di seguire tutti insieme la messa del vescovo Claudio delle 10».
Nella casa, inoltre, in una piccola cappella è custodito il Santissimo: «Un grande dono – spiega Andrea – che su richiesta della comunità papa Giovanni XXIII il vescovo Claudio ci ha concesso quando abbiamo formato la nostra casa famiglia. Una volta al mese la comunità parrocchiale di Saccolongo veniva qui a seguire messa. Ora che non possiamo accoglierla, veniamo in cappella per pregare ancora più riconoscenti per questo dono ricevuto». 

Il vescovo Claudio ha scritto ai genitori

«Questo “tempo costretto” che stiamo vivendo, in cui ci è impossibile ritrovarci, sollecita a esercitare direttamente il mandato missionario affidato dal Signore a tutti i cristiani: siete missionari e padri e madri nella fede». Queste l'invito che il vescovo Claudio rivolge a tutti i genitori in in questo tempo di «invadenza inattesa del Coronavirus».

A casa e...

Uno strumento piccolo senza pretese. Questo vuole essere l’iniziativa #iorestoacasaepenso, promossa dalla Chiesa di Padova attraverso i diversi mezzi di comunicazione diocesani. Una domanda al giorno e una risposta al giorno fino a sabato 4 aprile. Un viaggio interiore che prende da ciò che succede fuori per portarlo in noi.

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Caritas Padova lancia la campagna #ciaocomestai? «In questo momento – ricorda don Luca Facco, direttore di Caritas Padova – ognuno di noi con una chiamata può far giungere parole di vicinanza e speranza a chi vive solo».

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