Pasticceria Giotto. Dolce profumo di libertà. Verso la visita del 9 giugno

Da quando è nata nel 2005, la pasticceria Giotto, gestita dalla coop Work crossing tra le mura del carcere Due Palazzi, dona dignità e riscatto sociale con il lavoro, onesto e retribuito a una quarantina di detenuti assunti con contratto regolare.

Pasticceria Giotto. Dolce profumo di libertà. Verso la visita del 9 giugno

Le mani impastano farina, lievito, uova, cioccolato, canditi e il profumo pervade il corpo, avvolge l’anima. È un profumo che contiene tutto l’aroma intenso e inebriante della libertà, quella che proviene dal lavoro vero, conquistato con impegno e fatica, sebbene intorno ci siano sbarre, muri, porte blindate, guardie, celle. Sta tutto qui il senso del cuore dell’articolo 27 della nostra Costituzione: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato».

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I profumi della pasticceria Giotto iniziano a diffondersi dentro al Due Palazzi ogni giorno fin dalle 4 del mattino per la produzione di cornetti e brioche che entro le 6 devono essere pronti per arrivare in tempo per le colazioni di bar, alberghi, ristorazioni. A gestire la pasticceria è la Work crossing, cooperativa di tipo B nata nel 1992 per la produzione di lavoro a favore di categorie svantaggiate (attualmente gli assunti sono una cinquantina di detenuti e circa 15 persone con uno svantaggio fisico) che fin dagli inizi si è specializzata nella ristorazione collettiva, in centri cottura, mense scolastiche e universitarie, come quelle dei collegi Murialdo e Forcellini in città, alberghi, servizi di banqueting…

Dal 2005 si è aggiunta la pasticceria Giotto all’interno del Due Palazzi, oggi conosciuta in tutto il mondo per la bontà e la qualità dei suoi prodotti, dai classici panettoni alle colombe pasquali, dai dolci freschi alla cioccolateria fino al gelato. Tutto rigorosamente prodotti artigianalmente, a mano dal primo all’ultimo passaggio, sebbene le produzioni di dolci confezionati superino di gran lungo le decine di migliaia, in crescita ogni anno. «Non passando all’automazione del processo – spiega il presidente della cooperativa Matteo Marchetto – possiamo impiegare un maggior numero di detenuti. Oggi in carcere sono 40 gli assunti con contratti part time in piena regola».

Lavorare con i detenuti non è un gioco da dilettanti. «Tu torni a casa quando smetti di lavorare – racconta Roberto Fabbris, responsabile della pasticceria – loro non staccano mai, restano sempre dentro. La cosa più difficile, ogni mattina, è riuscire a capire sguardi, risposte più o meno brusche, toni di voce, tutti condizionati da una telefonata ricevuta il giorno prima da casa, da un colloquio andato bene o male con l’avvocato». Ma se dal 2005 Roberto Fabbris, che da 41 anni lavora nel mondo della cooperazione, non si è ancora stancato di entrare ogni giorno lì dentro, un motivo valido deve esserci: «È la soddisfazione di mettere sempre al centro la persona, quando riesci a entrare in relazione con lei, instaurando un rapporto leale fin da subito; solo dopo questo puoi iniziare a parlare di professionalità».

Le stime parlano chiaro: nei casi in cui si sia intrapreso un percorso lavorativo di rieducazione all’interno del carcere, una volta usciti la recidiva si riduce al 5 per cento; nel caso contrario, secondo le fonti ministeriali, il rischio di delinquere ancora è intorno al 75 per cento. Il lavoro, dunque, non fa bene soltanto a chi riesce ad averlo in carcere, ma anche ai conti della giustizia italiana: «Un detenuto costa allo Stato circa 250 euro al giorno – spiega Marchetto – e se lo moltiplichiamo per una popolazione carceraria di 56 mila persone, il totale è presto fatto: sono più di 5 miliardi di spesa pubblica in un anno. Con il lavoro si produce un forte abbattimento dei costi non solo per la giustizia, ma per l’intera società». E un altro aspetto da non sottovalutare è la crescita dell’autostima: «Un giorno un detenuto pasticcere – riprende Marchetto – mi ha raccontato tutto l’orgoglio quando ha saputo che nella stanza di suo figlio, accanto al poster di Ronaldo, era appesa la prima busta paga guadagnata da suo padre in carcere. Per queste persone, che hanno arrecato sofferenze, perdite, danni morali alle proprie famiglie, sapere di essere d’aiuto in qualche modo e riuscire a contribuire al sostegno economico dei loro cari con un lavoro vero, onesto, è la forma di riscatto sociale più alta che possa esistere». 

Ma perché i dolci di Giotto piacciono così tanto? «La scelta di fare un prodotto di qualità ci ha ispirato fin dall’inizio. Dimostrare che un detenuto fosse in grado di realizzare un dolce straordinario, premiato e che da dieci anni scala la classifica della top 10 del Gambero rosso, era una sfida, allora come oggi, fuori da ogni logica».

Vendita online e in 250 negozi in tutta Italia

I dolci di Giotto non si fanno comprare solo perché fanno del bene, ma perché sono curati in ogni minimo dettaglio: dalla qualità dell’impasto fino all’elegante confezione finale. L’immagine è inconfondibile, la fedeltà al marchio ormai è consolidata e non ci si può sbagliare entrando in uno dei 250 negozi in Italia che ospitano i prodotti del carcere di Padova oppure ordinandoli direttamente online.
Non sono solo privati cittadini a sceglierli; numerose aziende, infatti, ogni anno decidono di regalare, soprattutto in occasione del Natale, il panettone di Giotto. Solo a titolo di esempio: Vodafone Italia, Autostrade per l’Italia, Louis Vitton Italia. I raffinati dolci del carcere sono stati scelti nel tempo anche da papa Benedetto XVI e da papa Francesco.
A Padova i dolci di Giotto, la cioccolateria e il gelato artigianali sono disponibili direttamente nei punti vendita di via Eremitano in centro e di via Forcellini, all’interno del ristorante Fresco sempre gestito dalla Work crossing. Per saperne di più: www.idolcidigiotto.it

“A pranzo in carcere”, ancora pochi posti disponibili 

Sarà la cooperativa Work crossing a preparare il buffet dell’iniziativa “A pranzo in carcere” promossa dalla nostra associazione La Difesa s’incontra e dalla parrocchia del carcere Due Palazzi. L’appuntamento aperto a tutti è per domenica 9 giugno, ma le iscrizioni sono già molte e ci sono ancora solo pochi posti disponibili: basta inviare una mail ad associazione@difesapopolo.it  

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