Una nascita al tempo del Coronavirus, da mamma positiva: storia di Jenni, Samuele e Alessandro

Jenni e Samuele sono diventati genitori “attraversando” la sofferenza: il Covid19 ha segnato questo momento, ma non si sono mai sentiti soli. «Attendiamo con fiducia di abbracciare Alessandro»

Una nascita al tempo del Coronavirus, da mamma positiva: storia di Jenni, Samuele e Alessandro

«È tutto suo papà. Me n’ero accorta, anche se può sembrare strano, già dall’ultima ecografia. Quando è nato ne ho avuto conferma. Spero diventi come Samuele: buono e tenace. Una roccia...». Jenni Beghin parla del loro piccolo Alessandro, nato il 15 marzo all’ospedale di Padova. Dove si trova ancora oggi, nel reparto di terapia intensiva neonatale. «Ho messo nel telefono un conto alla rovescia: mi ricorda quanti giorni mancano al 25 giugno, quando saranno passate le settimane per la piena maturazione. È nato di sei mesi, pesava 800 grammi... Quando lo porteremo a casa, a Villa del Conte, lo festeggeremo come se fosse nato di nuovo».

Mentre Jenni parla, Samuele Caon – con cui è sposata dal 6 settembre scorso – “vigila” su di lei. L’ultimo mese non è stato facile, anzi. Jenni ha dovuto affrontare parecchie prove. Il 3 marzo si è accorta che qualcosa non andava: «Vista la mia condizione delicata, mi ero limitata negli spostamenti, ma... l’indolenzimento, la febbre alta, i primi colpi di tosse, le forze che scarseggiavano non ci lasciavano tranquilli. Il 9 ho fatto una serie di esami, esito: bronchite. Alle 7 del giorno dopo è arrivata la notizia: ero positiva al Covid19. Giovedì 12, verso sera, la febbre è salita a 40 e non scendeva. Così abbiamo chiamato il 118».
Dopo una prima tappa a Cittadella, Jenni viene trasferita a Padova, reparto malattie infettive. «La febbre è presto scesa e l’ossigeno costante mi faceva sentire autosufficiente nella respirazione. Non percepivo tutta la gravità della situazione. A un certo punto, però, i medici si sono accorti che Alessandro creava una compressione tale ai miei polmoni per cui sarebbe stato rischioso per entrambi ostinarci a rimanere insieme».
Jenni viene spostata in terapia intensiva e le dicono che è necessario il parto cesareo d’urgenza. «Ho cercato la voce di Samuele... Insieme abbiamo deciso di fidarci dei medici. Durante il parto saturavo troppo poco per cui mi hanno intubato. Ricordo, tornata in terapia intensiva, solo un senso di sconforto profondo e di grande paura».

Quella sera anche per Samuele non è stata facile: «La preoccupazione era tanta, ma forse di più il senso di impotenza. Fino alle 3 del mattino ho aspettato una telefonata dall’ospedale, ma non arrivava... Poi ho chiamato e richiamato fino a quando mi hanno riferito che il piccolo era nato e che Jenni si sarebbe ripresa. Eravamo diventati mamma e papà... Anche se non come lo avevamo sempre immaginato, era pur sempre il nostro sogno diventato realtà».

Jenni è rimasta in terapia intensiva tre giorni e poi, dopo altri quattro – tornata in reparto – i suoi problemi respiratori si sono quasi risolti. Nel frattempo, il 19 marzo, ha compiuto 29 anni, la stessa età di Samuele. Che per l’occasione le ha fatto una sorpresa inaspettata. Alle 19 la neomamma ha visto arrivare sul suo telefono un link. Ha cliccato e... si è trovata davanti parenti e amici che le facevano gli auguri: «Sono stati una vera boccata d’ossigeno».

Dal 20 marzo Jenni è a casa e attende con trepidazione il primo incontro col suo bimbo: avverrà in questi giorni, tamponi negativi permettendo. «Una volta a fianco di Alessandro potrò finalmente sentirmi in pieno la sua mamma».

Mentre racconta ciò che ha vissuto, sono continui i «grazie» a Samuele, alle rispettive famiglie, agli amici, ai colleghi… ma anche ai volontari dell’ambulanza; all’infermiera di Cittadella che – saputo della nascita di Alessandro – ha appeso un fiocco azzurro in reparto; alla dottoressa che al momento del cesareo le ha accarezzato la testa, e «mi è sembrata la carezza di una mamma»; alla sua compagna di stanza, ai medici, agli infermieri e a tutto il personale.
Mamma Jenni, papà Samuele… che Pasqua è, per voi, quella di quest’anno? «Nonostante la sofferenza, non vogliamo dimenticare ciò che abbiamo vissuto: ci aiuta a crescere in consapevolezza e fiducia. Gli “angeli” della terapia intensiva neonatale ci hanno detto che dobbiamo tutti imparare a dimenticare il tempo e a coltivare la pazienza. Per essere, nel nostro caso, finalmente uniti».

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