Ascensione del Signore *Domenica 29 maggio 2022

Luca 14, 23-29

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Conversione, “tratto” di chi vive la fede

 

Il lungo tempo pasquale sta per raggiungere la sua pienezza: Gesù ascende al cielo, ma non ci lascia soli. Per continuare e completare la sua opera, è venuto, viene, verrà lo Spirito, Colui che “ricorda e insegna” quanto Gesù ha vissuto e detto.  

Come ogni buon educatore, Gesù  si ritira e lascia che le persone trovino  da se stesse il modo di far proprio quello che ha testimoniato e insegnato: il modo in cui rendere la vita buona, il modo in cui raggiungere la propria pienezza, la giusta dimensione e la verità di sé. Gesù ci ha mostrato come si fa e, andandosene, è come se ci dicesse: «Ora provate anche voi. Vivendo quel che ho vissuto darete testimonianza di me al mondo». 

Il Vangelo, molto concretamente, indica due valori che distinguono l’autenticità della testimonianza degli apostoli: «Nel suo nome (di Gesù) saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni».
Stare al mondo con rinnovata consapevolezza, senza scivolare in ciò che è facile o istintivo, ripetitivo o accomodante. Stare al mondo scegliendo, età dopo età, anno dopo anno, di fare sempre verità sulla propria vita. Sempre. Ecco la prima cosa che il Vangelo presenta come incarico e segno distintivo di chi annuncia il vangelo, di chi vive la fede: conversione!
Conversione: non consiste in una serie di noiose rinunce fine a se stesse, ma in un modo di essere che aiuta trovare e a custodire il bene che ciascuno ha in sé. 
Convertirsi, è come se Gesù mi dicesse:  «Non fermarti a quello che hai imparato e non pensare sia il meglio di quel che puoi raggiungere. Sta’ attento a non confondere quello che fai con la verità e la bontà. La tua felicità sta nel lasciare quello che in te non è vero e non è buono, e nel fare sempre un passo in avanti verso la verità di te. Guarda a quel che ho fatto io e cerca anche tu, inventati e prova modi di stare nella vita che portino luce in te e fuori di te».
Ecco il compito degli apostoli, dei credenti di ogni tempo: vivere e annunciare, se serve anche con le parole, che la conversione è tutto ciò che aiuta a far verità di su di sé e a vivere senza sprecare il dono che la nostra vita ha in sé. 

 E poi il brano parla di predicare il «perdono dei peccati». Gesù ci ha rivelato che Dio non è Colui che identifica le persone solamente con gli sbagli che hanno scelto o che hanno inconsapevolmente compiuto. Il Dio di Gesù Cristo è colui che rivela la sua santità e la sua potenza nell’essere  sempre disposto a rialzare chi chiede aiuto per rimettersi in cammino e ricominciare. Gesù ci ha rivelato Dio, colui che non si poteva nemmeno nominare, è come un Padre che perdona perché ama. 
Gesù ha vissuto in questa misericordia, l’ha manifestata, donata, ma questa rivelazione è parsa così distante, opposta alla concezione che i suoi contemporanei avevano su Dio, da ritenerla una bestemmia da punire con la morte. 
Gesù ha scelto e vissuto la misericordia, perché è il perdono a rinnovare il modo di considerarsi e di considerare gli altri; è il perdono che dona verità alla relazione, all’amicizia, all’amore della coppia, al vivere in famiglia, al modo di stare nel lavoro; è il perdono che toglie alla spietatezza la maschera di giustizia; è il perdono che rende la vita possibile. 
Per questo Gesù è stato ucciso, ma proprio per questo è tornato in vita, perché alla fine, a vincere non è la furia della rabbia o il veleno del rancore, della violenza, ma l’umile e ostinata ricerca di quel che è bene. 
È così difficile convincersi che perdonare, chiedere perdono, lasciarsi perdonare sia davvero un valore; nella stragrande maggioranza scegliamo altri modi di comportamento. Anche nelle comunità cristiane, nei gruppi, tra preti, nei conventi spesso l’opacità della testimonianza è una conseguenza della mancanza di misericordia realmente vissuta. 
Eppure, così Gesù dice ai suoi: «Nel suo nome sarà predicato il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme». 

«Cominciando da Gerusalemme…», dalla famiglia, con i parenti, con le persone che frequento, nell’ambiente di lavoro, nella comunità che si frequenta.
«Cominciando da Gerusalemme…»: evangelizzare, prima che organizzare e far catechismo, proporre incontri, pensare nuovi piani pastorali; è cominciare, sempre per primi, a non cedere alla freddezza dei modi, al distacco, al rancore, alle parole vendicative, alle battute velenose, ma scegliere di reagire anche solo con un atto di gentilezza per tentare di aprire la porta delle relazioni arrugginite e far entrare la speranza di una possibile riconciliazione. La realizzazione del Vangelo è molto più concreta e quotidiana di quel che pensiamo.  

Come ho già scritto sopra, non sempre, anzi quasi mai, il perdono è cosa spontanea: il cuore si lascia ferire facilmente e molto spesso reagisce alle ferite ferendo a sua volta e diventando prigioniero di un risentimento che si calcifica. Per questo credo che perdonare sia un dono da chiedere, anzi, da invocare e per questo propongo questo esercizio spirituale: mi raccolgo in preghiera, in silenzio, penso di essere davanti a Gesù e prendo coscienza di una difficoltà di rapporto che sto vivendo; penso al viso della persona con cui sono arrabbiato, che mi ha ferito o che ho ferito a mia volta. 
Che cosa sto provando? Che cosa mi sento di dire, a questo proposito, al Signore? Con che parole posso condividere con lui quel che sento in me? 
Provo… così come sono capace, come mi sento di parlargli. E provo, infine, a pregare con queste parole:

Signore, io da solo non riesco.. guarisci tu, in me, ogni rancore e ogni risentimento. 

Aiutami a non scegliere parole e giudizi di condanna 

e a non rodermi nel desiderio di vendicarmi. 

Aiutami a riconoscere che anch’io ho sbagliato molte volte. 

Aiutami a trovare la via della pace e della misericordia.

Nel tuo nome, Signore, fa’ che si aprano le porte del mio cuore e che io diventi una persona buona, 

che io scelga la bontà e la gentilezza, pur comunicando ciò che mi ha fatto soffrire,

che io impari a riconoscere ciò che ho sbagliato e provi a migliorare. 

Metti il tuo cuore nel mio cuore e nel cuore della persona di cui ti ho parlato 

e aiutaci, così che la nostra vita 

pian piano diventi libera dal rancore, 

dal giudizio, dal risentimento, dall’odio 

e testimoni che c’è sempre una nuova possibilità, 

quella che la tua misericordia 

ci donerà di capire e di vivere.

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