Domenica delle Palme *Domenica 10 aprile. 2022

Luca 22, 14-23, 56

Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione.
Quando venne l’ora, [Gesù] prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio». E, ricevuto un calice, rese grazie e disse: «Prendetelo e fatelo passare tra voi, perché io vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non verrà il regno di Dio».
Fate questo in memoria di me.
Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me». E, dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi».
Guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito.
«Ma ecco, la mano di colui che mi tradisce è con me, sulla tavola. Il Figlio dell’uomo se ne va, secondo quanto è stabilito, ma guai a quell’uomo dal quale egli viene tradito!». Allora essi cominciarono a domandarsi l’un l’altro chi di loro avrebbe fatto questo. (continua)

Scegliamo di essere come chi dona

Ecco davanti a noi i giorni della Settimana Santa. Il Vangelo di Luca narra del lungo viaggio che Gesù compie verso Gerusalemme: luogo della sua ultima Pasqua, quella di morte e risurrezione. Durante il viaggio, Gesù, in modo instancabile, incontra persone, chiama i Dodici, parla con tutti, insegna, ascolta, guarisce dal male, vive e rivela il valore della preghiera, svela il compito vero del Messia, fa conoscere e testimonia l’autentico e vero volto di Dio. Fin da subito la sua vita compie la profezia che il santo Simeone aveva annunciato: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori». Così ha vissuto la sua vita fino ai suoi ultimi giorni, e così è anche oggi, Gesù rimane colui che «svela i pensieri di molti cuori».

Ascoltando il racconto della Passione, possiamo rivedere in filigrana i nostri modi di stare nella vita e, confrontandoli con quelli di Gesù, possiamo capire meglio, agire diversamente, rinnovare la fede e la nostra intelligenza. 
Suggerisco e condivido solo qualche pensiero.
A noi succede di iniziare a vivere le cose della vita, le scelte importanti con chiarezza di intenti, con un sincero sorriso nel volto, con buona volontà e forte entusiasmo; ma poi, molto spesso, ci dimentichiamo di aver cura di ravvivare il fuoco della motivazione e pian piano ci si ritrova ad accontentarsi di stare accanto al freddo fuoco della nostalgia, al pensiero di quel che è stato o nel rimpianto di quel che non abbiamo avuto il coraggio di essere. Gesù invece no. Proprio verso la fine della sua vita, Luca ci ricorda che «camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme». Ecco una prima cosa da non perdere di vista: aver cura di tener vivo quello che si è iniziato, di portare a compimento ciò che si è scelto, che si è promesso e farlo soprattutto quando la strada si fa in salita, anche se l’unica cosa che riusciamo a vedere oltre la salita è fatica e oscurità.
Non si tratta di forza di volontà o di orgogliosa disciplina, ma di imparare con l’esperienza che il senso dell’amare consiste nel non scappare. Di continuare anche quando ciò che sembrava essere buono e luminoso si fa ambiguo e oscuro, quando si ha l’impressione di essere rimasti soli a credere alla bontà delle scelte fatte, quando il frutto di quel che si è fatto non viene e tutto sembra essere andato sprecato.

Quando viene l’ora della stanchezza interiore e della delusione, quando l’unica reazione a ciò che si prova sembra essere lo sconforto, la rinuncia e la chiusura in sé, Gesù vive e suggerisce un altro modo: «Quando venne l’ora, Gesù prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse loro: "Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, perché io vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio"». È l’inizio del racconto dell’ultima cena. Gesù mostra che per continuare a tenere acceso il fuoco della motivazione, perché il risentimento o la delusione non siano le ultime parole della vita, perché si abbia forza di continuare a compiere il bene che si è scelto, bisogna scegliere di essere come chi dona e non come chi pretende, come chi è presenza viva e non come chi si siede nella passività.
«Fate così anche voi in memoria di me»: questa la sua consegna.

Il segno che rivela se le nostre vite e le nostre comunità sono animate dalla presenza di Gesù, sta nel vedere come si riesce a gestire le rigogliose volontà di dominio che esprimiamo nei pensieri, nelle parole e nei gesti. Come si reagisce davanti alle pretese di contare, di essere qualcuno, di essere efficaci, di lasciare il segno, di avere l’ultima parola?
«Chi tra voi è più grande diventi come il più giovane, e chi governa come colui che serve. (…) Io sto in mezzo a voi come colui che serve».

Credo che anche Gesù abbia vissuto l’abisso delle tenebre e della disperazione, quando perfino il Cielo si chiude e la consolazione della fede si è del tutto inaridita. È la muta disperazione che si prova quando si vive la sensazione di aver sbagliato vita; quando ci si rende consapevoli che davanti al dolore non si è che soli; quando le persone su cui si contava non si curano di quel che si sta vivendo: hanno promesso ma sono scomparse, sono presenti ma dormono, si lasciano vincere dalla paura e scappano, si negano, tradiscono.
Come fare quando viviamo anche noi queste ore buie e devastanti? Come reagire?
Gesù continua a credere alla bontà di quel che ha scelto, di quel che è stato, che ha detto e fatto; non per testardaggine, ma perché crede, sceglie di credere, che il male, pur essendo devastante e distruttivo, alla fine non ha consistenza, non vince, non rimane.
Ci crede, anche se rimane da solo a crederci, anche se rinnegato, anche se il Cielo tace, anche se la tentazione fa vedere suggerisce il buio come unica risposta al desiderio di luce.
Così, pur nella fatica, pur da solo, pur provando tristezza e angoscia, Gesù cerca forza nella sua vita interiore e nell’abbandonarsi nella mani di Colui che lo ha mandato, di Colui che ha vissuto, annunciato, testimoniato, e prega: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà». E a noi sussurra: «Pregate, per non entrare in tentazione».

A modo di esercizio spirituale propongo per i giorni della Settimana santa di scegliere del tempo in cui leggere con calma il testo della Passione. È un modo per contemplare l’amore del Signore, la grandezza del suo cuore, la statura della sua persona, ma è anche un modo di leggere la nostra vita alla luce della Parola e di farne verità.
Prima di leggere sto qualche minuto in silenzio e chiedo al Signore Gesù stesso di guidarmi nella lettura. Leggo e sottolineo le sue parole, i gesti che compie, quel che prova, i suoi modi di reagire… Che cosa mi rivelano di lui? Mi metto accanto a Pietro, a Giuda, ai capi del popolo, a Pilato, alla folla… Queste persone, cosa dicono di me, della mia personalità, della mia fede? Cosa dicono della fede delle nostre comunità?

È interessante notare, poi, che nelle ore della Passione raccontata da Luca, sono due pagani e un ladro le persone che in qualche modo e con diversa intensità, intuiscono la verità di Gesù e a riconoscere la bontà della sua vita: Pilato, che ai capi dei sacerdoti e alla folla dice «non trovo in quest’uomo alcun motivo di condanna»;
il ladro che a Gesù chiede «ricordati di me quando entrerai nel tuo regno»; il centurione che davanti alla sua morte dice: «Veramente quest’uomo era giusto».
Mentre tutti i suoi conoscenti, e le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, stavano da lontano a guardare tutto questo».
E così mi chiedo: in quale gruppo mi pongo?

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