Domenica di Pentecoste *Domenica 23 maggio 2021

Giovedì 15, 26-27; 16, 12-15

Dal Vangelo di Giovanni 

Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio. Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

Lo Spirito di Dio non si stanca mai

Lo so di non essere più giovane, ma mi sembra di avere sempre trent’anni. Poi ascolto il mio corpo, mi guardo allo specchio, guardo i giovani e sorrido di questa illusione. Pochi anni fa stavo con un gruppo di giovani scout in una route sulle Dolomiti; al termine di una lunga giornata piovosa mi sentivo proprio come un ferro mezzo arrugginito, ginocchia e caviglie supplicavano urgente e prolungato riposo. Arrivati al luogo dove ci saremmo fermati per la notte, e dopo aver sistemato la tenda, noto come uno di questi giovani scout si divertisse a saltellare su alcuni tronchi accatastati lì vicino. Una volta giunto alla sommità, allargando le braccia per cercare equilibrio, si piegava sorridendo, stando ritto su un piede solo. «Dai don... anche tu!». Pian piano sono salito anch’io, ma solo per sedermi con tranquillità su qualche tronco. Ancora sorrido a questo simpatico ricordo.
Con l’andar degli anni le articolazioni si arrugginiscono e si arrugginiscono pure le idee e le convinzioni. Si fatica a riconoscere negli accadimenti la possibile presenza di una buona novità e, quasi senza accorgersene, ci si inchioda nei modi che si sono imparati e sperimentati, e pur constatando la loro poca efficienza ci si ostina a proporli come unici.
Nessuna generazione ha in sé l’inesauribile capacità di comprendere ogni cosa che viene e di starci dentro, di guidarla verso ciò che è meglio. Tutti, prima o poi, prendiamo ruggine.
Ricordo una battuta, un po’ sbarazzina, che dice così: «Le idee sono come le mutande, bisogna cambiarle spesso». È vero che chi cambia idea troppo spesso è una persona poco affidabile, ma è altrettanto vero che chi non cambia mai idea diventa una persona malata di integralismo e credendo di aver sempre e solo ragione produce molta sofferenza.

Gesù, nel Vangelo, ha detto tutto quello che serve per conoscere la fede, ha mostrato come si deve vivere la vita per trovare e portare la forza della gioia. 
È vero, ne sono convinto, ma io non ho ancora accolto, capito, sperimentato, provato, vissuto con pienezza di autenticità e coerenza tutto quello che Gesù ha detto e fatto.
Ho ancora molta strada da fare per imparare che la vita e la fede non sono una sola ripetizione di quel che si è imparato, ma un declinare continuo e nuovo la loro essenza così che il modo di vedere, di valutare, di agire porti bontà.
A questo proposito, c’è da ricordare che l’azione creatrice di Dio non è chiusa, stabilita una volta per sempre, esaurita, ma è sempre viva, operante, nuova, diversa; proprio per questo Dio può chiedermi cose nuove, nuovi modi di capire ciò che si vive. Non c’è da aver paura del nuovo, ma dobbiamo imparare la disponibilità nel lasciarci interrogare da ciò che non ci aspettavamo accadesse. Anche attraverso questo tempo, 
Dio può portarci dove non potevamo immaginare… magari – chissà – può utilizzare anche di una catasta di tronchi bagnati da un giorno di pioggia, per farci capire qualcosa e suggerirci modi di fare che non avremmo scelto.

Non è così facile imparare questo modo di stare e di fare, non è così facile lasciarsi interrogare (a partire da ciò che si prova dentro se stessi) da quel che viene, mettersi a dialogare tra noi, con chi non la pensa come me, confrontarsi con la Parola di Dio per cercare di capire dove sta ciò che è davvero buono e giusto.  È più facile trovare persone, credenti convinti di aver già ragione, piuttosto che trovare persone allenate al dialogo. È più facile trovare un giovane che per l’intensità delle emozioni che vive o per un certo orgoglio intellettuale, non si lascia interrogare da nessuna alternativa, credendo di vederci meglio di tutti dentro alle cose della vita.
Siamo in un tempo in cui ci sentiamo come maestri e in cui nessuno vuole imparare; questo porta a confondere la propria idea con la verità. Eppure, se guardiamo con onestà alla nostra storia personale riconosciamo come non sempre abbiamo avuto ragione, ci accorgiamo che la vita è una progressione continua anche grazie a ciò che le esperienze insegnano, che pian piano porta a capire dove sta la Verità e la Bontà.
Questa ricerca non è solo frutto di intelligenza o di onestà interiore, ma è dono da chiedere. Gesù dice che è lo Spirito di Dio a guidare alla Verità, non la nostra intelligenza o lungimiranza o la nostra intuizione. Tutte cose utili, anzi, necessarie, ma non sufficienti. Non sto pensando solo alle cose in grande, ai progetti pastorali, al lasciarsi interrogare dalle intuizioni della cultura, all’ascoltare le domande di chi non è credente o di chi 
è contrario alla fede… penso anche alle cose quotidiane, a quelle davanti alle quali non sappiamo bene cosa fare, cosa dire, come agire, a quelle della vita quotidianamente ci pone. Che presenza hanno le nostre comunità nel tessuto sociale? Che cosa dicono alla vita le nostre celebrazioni e le nostre predicazioni? I cammini di fede proposti, come educano i ragazzi alla fede, alla partecipazione alla comunità? E i genitori? Cosa viene proposto di significativo agli adulti che non hanno figli? Il nostro modo di vivere il Vangelo, di raccontarlo e trasmetterlo è significativo per i giovani? La vita che fanno i preti e i religiosi è davvero e ancora significativa per i giovani? E del mondo del lavoro, del modo in cui vengono trattati in questi anni i lavoratori, abbiamo niente da proporre? E così al mondo della politica…
Non si tratta di ritenersi detentori della verità, ma di cercare ciò che la Verità ci suggerisce per stare – come “differenza” – in questo tempo.

Prima di lasciarsi prendere dalla smania di decidere cosa fare, cosa proporre, cosa indicare è necessario lasciarsi interrogare dalla realtà, perché Dio è all’opera anche in essa: cosa è bene per questa persona? Cosa posso consigliargli per aiutarlo a trovare verità?
Che cosa è bene ora nel mio matrimonio? Che cosa è bene ora con questo figlio?
Che cosa è bene per la mia comunità? Cosa chiede questo tempo alla Chiesa? Come annunciare ora, alle persone di questo tempo la bontà del Vangelo?
Che cosa devo fare? E quello che mi pare di poter fare è in armonia con lo spirito del Vangelo?E poi ancora, prima di suggerire delle prassi o di rispondere è necessario stare in un sosta prolungata davanti a Dio in silenzio; chiedere allo Spirito il dono di saper intuire dove sta la verità e rincorrerla, ricordandosi che la Verità – che è Dio stesso – abita sempre in un luogo non ancora raggiunto e che non è proprietà di nessuno. Lo Spirito è all’opera in me, prima di me, oltre me, nessuno ne ha esclusiva proprietà, per questo è necessario confrontare anche con altri le proprie ispirazioni.
Lo Spirito di Dio non si stanca mai di sospingere la storia e le persone a cercare la Verità, tutta intera, sciogliendo ogni assolutismo di opinioni e di esperienze, ispirando il nostro operare al Vangelo così che le cose future siano buone e la vita possa esprimere in continuazione, in molteplici forme e modi, il dono che è.

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