III Domenica di Quaresima *Domenica 15 marzo 2020

Giovanni 4, 5-12

Dal vangelo secondo Giovanni (forma breve)

Gesù giunse a una città della Sa-marìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affati-cato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una don-na samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samarita-na?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: Dammi da bere!, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un sec-chio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi fi-gli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna – dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad at-tingere acqua. Vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalem-me il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conoscia-mo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». Molti Samaritani di quella città credettero in lui. E quando giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappia-mo che questi è veramente il salvatore del mondo».

Deponiamo il nostro vissuto ai suoi piedi 

Una giovane donna è al lavoro e in certi momenti della giornata le succede di provare desiderio di mangiare qualcosa di dolce. Non ha proprio fame, è più un bisogno di appagamento… Tenta di trattenere questo impulso che la spinge ad alzarsi per andare alla macchinetta a prendersi qualcosa o ad aprire il cassetto dove ha dei cioccolatini; pian piano, questa voglia diventa quasi incontrollabile… apre il cassetto e prende un cioccolatino, poi un altro e, visto che c’è, se ne prende un terzo, un quarto…. 
Non ha fatto nulla di sconveniente, ma dentro sé non prova sazietà. Perché l’ha fatto?

Un uomo è sposato da un po’ di anni, i figli si sono fatti grandi; il rapporto con la sua donna è pian piano scivolato nel silenzio e nella scontatezza. S’è un po’ impinguito, non solo nel corpo ma anche nel cuore e si sente scontento. Anche se non ha il coraggio di dirlo nemmeno a se stesso prova un non preciso senso di delusione della vita, di sé e non sa darsene spiegazione. Gli sembra che altri amici o altre persone abbiano avuto una vita più facile e pensa che le loro opportunità siano state migliori delle sue, e così succede che un giorno, entrando in edicola per prendere il giornale, butti l’occhio sulla parete velenosa dei vari
“gratta e vinci”. Mette le mani nelle tasche e inizia a comprare qualche moneta di inutili biglietti, con la speranza di vincere quello che non ha. Perché l’ha fatto? Dopo anni di fidanzamento una coppia di ragazzi decide di dare concretezza
al loro amore e decidono di sposarsi e così, quasi per scherzo, pubblicano su qualche social la loro scelta. Si avvicina la data e in quegli ultimi mesi a uno dei due succede di essere contattato, proprio via social, da una persona con cui negli anni passati c’era stata un po’ di simpatia, manifestata, condivisa e non realizzata: «Dai che ci vediamo così ci salutiamo…» E così, saluto dopo saluto, sorriso dopo sorriso, confidenza dopo confidenza, leggerezza dopo leggerezza, messaggio dopo messaggio succede quello che, una volta passata la sbornia, fa vergognare di sé. Perché l’ha fatto? Di cose vissute in modo simile ne abbiamo tutti, credenti e non credenti, preti e suore, anche frati e monaci, giovani e vecchi, ignoranti ed eruditi. Chi pensa di non averne si guardi un po’ meglio, oppure aspetti ancora un po’ e si ritroverà, nel corso degli anni a viverle. Perché succedono queste cose?
Perché non basta mai quel che si ha? Perché quel che si è sembra sempre poco, insipido, inadatto e non sazia mai? Perché si va in cerca di altri posti oltre a quello in cui viviamo?
Perché si vuole un altro vestito anche se si ha l’armadio pieno?
Perché quando si è ragazzi si vorrebbe essere grandi e quando si è grandi si vorrebbe essere ragazzi?
Perché si vivono cinque relazioni e poi ci si butta nelle braccia di un sesto uomo che non ha nemmeno coraggio
di diventare marito?
Perché non si impara mai e alla fine si prova quasi vergogna di sé?
Che cosa manca all’inquieto e irrequieto cuore nostro?

Non lo so.

Dalla mia esperienza posso dire che questa sete del cuore può essere benedizione o maledizione. Può portare fino alle porte dell’inferno e oltre, o a quelle del paradiso e oltre: dipende da come scelgo di darle compimento. Come dice la Scrittura? «Davanti agli uomini stanno la vita e la morte; a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà». Sì, dipende da me. Posso passare da un marito all’altro oppure imparare ad amare.
Posso spendere tutti i soldi nel gioco oppure imparare a godere di quel che sono ed essere felice di quel che ho. Posso continuare a mangiare mille cioccolatini oppure capire di che cosa ho davvero fame.
Posso cambiare tanti posti e non sentirmi mai a casa oppure posso imparare a guardare e toccare quel che c’è con occhi e mani che scelgono di fermarsi e stupirsi. Il dono di Dio di cui parla Gesù nel Vangelo può rivelarsi per alcuni in un miracolo. Per tutti gli altri il dono di
Dio – così è nel vangelo di oggi – si rivela quando non si scappa davanti alle domande, quelle che affiorano proprio quando si è stanchi, nell’ora più calda del giorno, nella fatica e nella solitudine che si provano quando si è soli.
Il dono di Dio non è questione di sensazioni straordinarie, di commoventi emozioni, di soluzioni facili e miracolose… ma è coraggio di saper guardare dentro alle proprie fughe, alle proprie stanchezze e dar loro un nome. Perché desidero un altro uomo oltre a quello che ho?
Perché vado a cercare quella donna oltre a quella che ho?
Perché sento l’impulso di bere o di mangiare oltre misura?
Perché non riesco a smettere di curiosare su queste pagine di internet?
Perché parlo sempre male di questa persona?
Perché non sono mai contento?
Perché ripeto sempre gli stessi errori?Perché mi viene da fuggire davanti alle mie responsabilità?

Alla donna samaritana Gesù dice:
«Va’ a chiamare tuo marito». Tradurrei, così per dire, questa frase con: «Fammi conoscere ciò che ti aiuta…». E lei, la donna, cosa risponde?
Se Gesù dicesse anche a me: «Massimo, le cose che scegli nella tua vita, quelle che fai quando sei stanco e in difficoltà… ti aiutano? Quello di cui vai in cerca quando sei in confusione, quando fai fatica a essere prete, quando ti manca ciò a cui non sai dare un nome… sì, proprio quelle che tu sai… ti aiutano? Che dici? Ti fanno contento? Ti mettono in piedi?». E io, che cosa rispondo alle domande di Gesù? Chi vuole, provi a fare questo esercizio: ripeta e traduca nella propria situazione le domande che ho scritto nelle righe sopra, e tenti una risposta.

Il dono di Dio è andare in cerca di qualcuno, di qualche esperienza, di quello che ci aiuta a non aver paura di farci queste domande e che, al contempo, ci aiuta a dare strada alle risposte – anche quelle imbarazzate o vergognose – che portano alla luce, alla verità.
La guarigione della donna Samaritana venne quando, ascoltando, rispondendo e parlando, non si sentì giudicata ma accolta e amata da quell’uomo che per guarirla non si vergognò di mostrarle la sua stanchezza e la sua sete.
Adorare, dare culto a Dio, vivere il dono della fede e la sostanza della religione non è più osservare con rubricistica precisione un insieme di norme, riti, tradizioni che soddisfano una certa nostra idea di Dio e di sacro, ma cercare la verità a partire dal proprio vissuto e deporla, come l’anfora della donna Samaritana, ai piedi di Gesù.
Ogni pensiero, ogni scelta, ogni modo di vivere che porta a essere più sinceri, autentici, veri è un sentiero che pian piano conduce alla Verità, è un atto di culto a Dio, che è Verità.

Non finirò mai di commuovermi davanti a chi accoglie senza condannare, a chi ascolta senza giudicare, a chi non identifica le persone con il loro passato o con quanto han sentito dire su chi stanno incontrando. Credo che Dio ami queste persone perché vivendo e guardando e stando nella vita come Gesù cambiano la vita di chi incontrano dando pace al cuore, anche di chi ha avuto sei mariti...

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