IV Domenica del Tempo ordinario *Domenica 29 gennaio 2023

Matteo 5,1-12

IV Domenica del Tempo ordinario *Domenica 29 gennaio 2023

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.

Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

Beati i perseguitati per la giustizia, quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Se c’è una cosa certa al mondo, da cui vogliamo tutti fuggire, è la povertà. La sentiamo noi e ce la gettano addosso gli altri, nelle maniere più smaccate e più subdole. Una condanna a vivere reietti, senza alcuna possibilità di ricupero. Un capestro codificato anche dalle istituzioni, a verdetto assoluto. Quelli del Tempio, poi, colgono nella povertà il segno più evidente di una vita sbagliata. 

Guardatevi in faccia! «Considerate la vostra chiamata, fratelli – afferma Paolo – non ci sono fra voi molti sapienti dal punto di vista umano, né molti potenti, né molti nobili» (1Cor 1,26). Lo dice alla comunità di Corinto che, dopo avergli voltato le spalle, cerca in predicatori di passaggio nuove strategie di proselitismo. Dai, guardatevi in faccia! Siamo gente bastonata a dritta e a manca, smarrita dentro e fuori, a ragione e a torto. Eppure, siamo qua! – insiste Paolo – ci sarà un perché! Sì – assicura prontamente il salmo – siamo qua perché non noi abbiamo scelto di essere qua, ma perché ci ha chiamati quel Dio che «dà il pane agli affamati… libera i prigionieri… ridona la vista ai ciechi… rialza chi è caduto» (Sal 145,7-8)

Noi lo possiamo dire nella verità più evidente. Per Dio e per noi la nostra povertà non è assolutamente una maledizione. Anzi, è stato e continua a essere un appuntamento di verità. Da sempre! «Cercate il Signore voi tutti, poveri della terra» – suggerisce, infatti, Sofonia (2,3) – Voi, popolo umile e povero, il resto d’Israele, cercate la giustizia, cercate l’umiltà, forse potrete trovarvi al riparo nel giorno dell’ira del Signore» (3,12-13). Cos’è? Un modo patetico di consolare chi è senza speranza? Prospettargli inutili occasioni di rivalsa? O è l’incidente che, a dispetto del dolore, richiama finalmente l’attenzione di Dio? 

No! È di più! Molto di più! «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi – interviene pronto Gesù – e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita» (Mt 11,28-29). Ecco di cosa è capace la nostra povertà! Di trasformare la giustizia di Dio in misericordia di pronto intervento, il deserto più disperato in un punto di ristorazione piena, dove si può incontrare Dio a mani nude, a cuore aperto e vedere trasformati i «gioghi», i comandamenti da capestro morale in abbracci sponsali. «Il mio giogo, infatti, è dolce e il mio peso leggero» (11,30).

È proprio dai poveri, infatti, che «Cristo Gesù, diventato sapienza, giustizia, santificazione e redenzione» (1,30,31) parte per costruire una montagna di beatitudine. «Beati i poveri in spirito – dice, infatti – perché di essi è il regno dei cieli» (Mt 5,3). Cosa vuol dire?

Semplice! Non avere una casa dà occhi lunghi: non ci sono pareti né tetto a limitare i sogni. Lo sguardo può spaziare intorno e soprattutto alzarsi al cielo per contemplare anche nella notte più fonda un manto di stelle. Occhieggiano luce, ammiccano intese segrete anche per le valli più solitarie. C’è da piangere di commozione. 

Appunto – continua Gesù - «beati quelli che sono nel pianto» (5,4). Piange bene, infatti, chi ha lacrime anche per chi per lavarsi il volto non dispone neppure di quelle. Piange bene colui a cui piange il cuore non riuscire a raccogliere gli oceani di lacrime, che come fiumi carsici irrorano di fecondità le viscere più nascoste della storia umana. Chi mai le salverà? 

Le raccoglieranno i miti! «Beati loro – ci ripete Gesù – perché avranno in eredità la terra» (5,5). Sono loro, infatti, le lenzuola di chi ha freddo, il pane di chi ha fame, le garze di contenimento materno di piaghe e ferite, il silenzio che ascolta chi non ha perso anche la voce a forza di gridare ai quattro venti la sua «fame e sete di giustizia» (5,6). Ce n’è una processione infinita. Sale dai confini del mondo, abita i quartieri più malfamati delle metropoli e si confonde con il vicino di casa, rimasto senza lavoro, perché non accetta di vendersi al violento di turno. Chi avrà pietà di lui? 

«I misericordiosi» assicura sempre Gesù. Beati loro, perché danno e «troveranno misericordia» (5,7). I loro occhi, infatti, non salgono subito alla testa: scendono direttamente al cuore. La testa, prima di agire, vuole vederci chiaro, ama giudicare, finisce per denunciare e condannare. Il cuore, invece, sa solo soffrire e offrirsi, commuoversi e soprattutto muovere… braccia e gambe e correre, correre là dove non si può non esserci. Questo sono «i puri di cuore: vedono Dio» ovunque, un dio crocifisso, abbandonato, solo. «Beati loro» (5,8), che, senza impedimenti di pagliuzze e tanto meno di travi, riescono a trovarlo riflesso nelle mille trasparenze di cui si veste la realtà. Un cielo che respira nei giochi d’acqua che tra ninfea e ninfea Monet ama dipingere nei suoi quadri senza orizzonte. I puri lo vedono e a loro basta e avanza… per stare in pace ed essere «chiamati figli di Dio» (5,9)

È il mondo capovolto di Gesù! Una beatitudine immensa! «Quello che è stolto per il mondo – ci spiega Paolo – Dio lo ha scelto per confondere i sapienti… quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono» (1Cor 1,27-29). Tanto che «quelli che sono» non riescono a sopportarne la beatitudine e li perseguitano in continuazione. Ma loro non mollano perché, perso per perso quello che hanno perso, non vogliono perdere quello che hanno trovato. «Beati voi. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli» (5,11-12). «Il mio giogo, infatti, è soave e il mio carico leggero» conferma Gesù!

È con gente così – assicura il salmo – che «il Signore regna per sempre, il tuo Dio, o Sion, di generazione in generazione» (Sal 145,9-10)

frate Silenzio

Sorella allodola

Non c’è ricchezza più grande
di una povertà amata e condivisa!

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