Natale del Signore - Messa della Notte *Domenica 25 dicembre 2019

Luca 2, 1-14

Dal libro del profeta Isaia

Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce;
su coloro che abitavano in terra tenebrosa
una luce rifulse.
Hai moltiplicato la gioia, 
hai aumentato la letizia.
Gioiscono davanti a te
come si gioisce quando si miete
e come si esulta quando si divide la preda.
Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva,
la sbarra sulle sue spalle,
e il bastone del suo aguzzino,
come nel giorno di Madian.
Perché ogni calzatura di soldato 
che marciava rimbombando
e ogni mantello intriso di sangue
saranno bruciati, dati in pasto al fuoco.
Perché un bambino è nato per noi,
ci è stato dato un figlio.
Sulle sue spalle è il potere
e il suo nome sarà:
Consigliere mirabile, Dio potente,
Padre per sempre, Principe della pace.
Grande sarà il suo potere
e la pace non avrà fine 
sul trono di Davide e sul suo regno,
che egli viene a consolidare e rafforzare
con il diritto e la giustizia, ora e per sempre.Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.

Con l’andare degli anni ho capito che le profezie non ci sono state donate con la finalità di vederle poi realizzate una volta per tutte, ma perché la loro forza producesse di tempo in tempo, di persona in persona, di popolo in popolo quegli effetti in grado di tracciare il cammino che porta alla pace.
Anche quest’anno ci sarà data la buona possibilità di fermarci e contemplare il dono del Natale. E lì, proprio nell’oscurità e nel freddo della notte, ascolteremo parole che scaldano il cuore e illuminano anche in questo tempo i passi del vivere.

Non so se capita anche a chi legge queste righe, ma quando alcune difficoltà continuano a ripresentarsi, quando il mio impegno non coincide con i risultati e pur dandomi da fare permangono le pesantezze, e quello che dico, faccio, propongo non sembra dare risultati buoni e durevoli, allora dentro ai pensieri e al cuore si fa spazio la sensazione di aver sbagliato o addirittura di essere io stesso sbagliato, di non essere all’altezza, incapace. Il bisogno di far arrivare a buona destinazione il proprio impegno di vita, il proprio amare, l’essere madre e padre, il proprio lavoro, i propri desideri non sempre trovano realizzazione, o almeno così sembra, e si ha così l’impressione di stare al buio, di abitare in terra tenebrosa. Il bisogno di raccogliere quello che si è seminato e di raggiungere ciò che si è inseguito non sempre viene concretizzato e la sensazione di quella fame non saziata, o di attuare qualcosa che non dona forza ci accompagna.

A queste sensazioni spesso si reagisce in modo che purtroppo sembra essere diventato prassi quotidiana: il parlare si è fatto “abbaiante”, il guardare sospettoso e indagatore, il pensare troppo veloce e superficiale, il fare accattivante, ma assai poco
autentico… Modalità che traducono il “rimbombare” dei passi del soldato – come scrive il profeta Isaia – nella lamentela, nella critica, nella chiusura, nella sfiducia, nel cinismo, nel rimpianto di qualcosa, nel dar la colpa a qualcuno… 
Pare a me che tante persone nelle famiglie, nelle comunità cristiane, anche tra noi preti, nella nostra società siano scivolate dentro questa modalità: per risolvere i disagi, le fatiche, i limiti del vivere si pensa che ci sia bisogno di un “forte”, di alzare la voce, di fare i muscoli, di correre ancora più veloce, di vincere, di qualcuno che si metta davanti, decida per tutti e guidi da solo il cammino… Se uno ascolta, con onestà, la propria esperienza riconosce che non è questo il modo che risolve e guida, che illumina e sazia. 

Nella notte di Natale sentiamo ancora una volta l’annuncio di un Dio che sceglie un altro modo per dare luce ai passi e saziare il bisogno di vita, un modo di cui tutti proviamo nostalgia, ma che temiamo di scegliere perché pensiamo ci faccia apparire deboli, perché apparentemente poco efficace, poco immediato, poco risolutivo. Dio rivela che i giorni si ravvivano nel gusto e hanno vigore quando si ritorna a prendersi cura di quel che inizia, di quel che nasce, di quel che è piccolo, di ciò che ha bisogno di presenza e accudimento, di sguardi, di sorrisi, di pazienza e di veglia, di abbracci e di affetto senza condizioni e senza termine. 

«Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio…».
Per non far sì che l’anima rinsecchisca nella rivendicazione, dobbiamo quotidianamente tornare e ancora ritornare ogni mattino a vivere la libertà del donare senza pretesa di efficacia e senza desiderio di successo, così come ciascuno di noi con i propri limiti riesce a fare.  Piuttosto che pensare al futuro come “il peggio che verrà”, è meglio tornare ogni mattino a sperare, prendendosi cura del presente, qui e ora, come ci si prende cura di un bambino, la cui nascita porta la novità di cui abbiamo bisogno. 

Credo che Dio sia benevolo con coloro che incominciano, perché gli somigliano. Dio sorride a coloro che continuano senza stancarsi, perché testimoniano la bontà della vita. Dio incoraggia quanti custodiscono ciò che è piccolo e quasi insignificante, e che, come un seme, ha il potere di far fiorire la vita. Natale: un buon giorno per imparare da Dio a guarire la vita, stando in questo presente che aspetta salvezza, prendendoci cura di far crescere ciò che fa bene, guarisce e fa felici. Così come ha fatto Gesù.

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