Pentecoste *Domenica 5 giugno 2022

Giovanni 14, 15-16.23b-26

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre. Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».

Lo Spirito soffia brezza vitale su ogni cosa

Se la vita fosse solo una continua e mera ripetizione di quelle poche cose che si sono imparate, forse staremmo ancora nelle caverne ad aspettare che qualcuno inventi la ruota. Se il sapere fosse la sola ripetizione o ricapitolazione di quel che si sa, non sarebbe davvero “sapere”, perché ogni sapere è tale nella misura in cui tenta di raggiungere quel che non sa.
La vita, la comprensione, la competenza professionale, il voler bene, l’amare sono buone e vere se continuano a far sempre un passo in avanti, se progrediscono. 
È importante ricordarsi che il meglio non è quel che è stato, ma quello che ancora può venire o che si può imparare.
Quando si è giovani si pensa di sapere tutto, poi con il tempo l’esperienza suggerisce (tutti lo capiscono?) che per diventare uomini e donne bisogna imparare a coltivare con perseveranza la ricerca della verità, cercando tra i propri desideri e sogni la possibile via per raggiungerla e viverla pienamente.

Non tutti capiscono l’importanza di questo modo di stare nella vita: molti ci rinunciano e più che imparare, continuano solamente a ripetere. Sono le persone che non progrediscono e non cercano di migliorare se stesse, ripetono in continuazione ciò che hanno sempre fatto, pensato, imparato. Non tolgono non aggiungono non cambiano nulla di essenziale: il loro passaggio in questa vita rimane, sì, corretto, ma del tutto anonimo. Vivono da perfetti esecutori, ripetitori, ma nulla di più. Sono persone con le quali è difficile, a volte impossibile, confrontarsi. Non cambiano mai idea, giudizio, posizione e, non avendo opinioni personali su nulla, non essendosi mai scostati dal proprio modo di essere e di fare, invecchiano incaponendosi nel farsi amici di quel dà loro ragione, senza mai cambiare nemmeno di una virgola su nulla. Sono persone magari anche informatissime su cose del tutto inutili, bevute davanti a ore e ore di televisione, che prestano molta cura al proprio corpo, alla cucina, al riordino maniacale della casa, ma non dedicano nemmeno cinque minuti al giorno alla propria interiorità. Non pensano, non si confrontano, non cercano, non imparano a distinguere ciò che riempie da ciò che nutre e corrono il rischio di vivere una felicità che è senza gioia e che non dà forza.

Lo stesso rischio riguarda anche il modo di vivere la fede. Vivere la fede non è continua e ritrita ripetizione dei modi che la tradizione ci ha consegnato, non è nemmeno una continua ricapitolazione di quel che si è più o meno imparato a catechismo.
Ogni generazione riceve in dono una progressiva, continua e nuova possibilità di conoscenza di Dio, il cui modo di rivelarsi non si esaurisce mai, ed è chiamata a riconoscere, interpretare, annunziare e vivere l’esperienza della conoscenza di Dio, proprio lì, nel tempo e nel posto in cui vive.
Compito dello Spirito, da quel che dice Gesù, è “ricordare” e “insegnare”.
Anche per quel che riguarda le cose della fede c’è bisogno sì di ricordare quel che si è imparato, ma c’è ancor più bisogno di chiedere allo Spirito di insegnarci la via da percorrere per vivere senza sciupare il dono della vita, per non perdersi nella pigrizia e sedersi nella rassegnazione e per non identificare la gioia solamente con quello che ci piace o che ci accontenta.
C’è sempre da ricordarci che compito dello Spirito è insegnare e che, quindi, ogni nostra convinzione o modalità non è dogma intoccabile, che ogni pensiero per essere autentico deve rimanere sempre incompleto, che ogni conoscenza, per quanto profonda e sincera, è parziale.
Il protagonismo da riconoscere e invocare è quello dello Spirito: colui che “crea la diversità dei carismi”, che non fa distinzione di persona, che soffia una brezza vitale su ogni cosa, su ogni persona, anche su quelle che sono del tutto diverse o che credono e vivono  in modo contrario da quel che penso e credo io.

La Pentecoste è la festa di chi vive la vita senza mettersi dalla parte di chi crede di sapere o di chi crede di credere, ma di chi, invocando lo Spirito e confrontando la propria vita con la parola di Gesù, cerca sempre il miglior modo di stare nella vita.
È la festa di chi non cerca di aver ragione, ma di chi impara da quel che vive ciò che somiglia a Dio e, vivendolo, progredisce.
È la festa di chi, lasciandosi guidare dallo Spirito che insegna, re-impara la propria fede e sta vicino e dentro a ciò che vivono, cercano, patiscono le persone del proprio tempo, diventando presenza del Signore, che mai abbandona il suo popolo.

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