Quarta domenica di Avvento *Domenica 19 dicembre

Luca 1, 39-45

In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».

Ogni incontro è autentico quando...

Negli anni del seminario, uno dei nostri educatori ogni tanto proponeva questo consiglio: «Eh sì! Bisogna stare attenti a non cadere nella trappola delle emozioni…». 
Sono passati un po’ di anni e le cose ora si valutano diversamente: le neuroscienze hanno aiutato a capire le cose del vivere anche da altre angolazioni e hanno più volte rivelato l’importanza delle emozioni. Il loro linguaggio, quello delle emozioni, definito preverbale, abbozzerebbe una sincera valutazione di quel che si sta vivendo e indicherebbe anche il cammino da trovare e percorrere per arrivare a una maggior felicità di vita.
Concordo pienamente.
Le emozioni possono davvero essere occasioni per fare verità e per stimolare un maggior protagonismo nell’impegno del vivere responsabilmente la propria vita. Tuttavia, guardando all’esperienza, riconosco che non sempre all’intensità del sentire interiore corrisponde poi un adeguato impegno.

Spesso mi è capitato di sentirmi dire da parte di giovani cui ho benedetto le nozze o da genitori che hanno condiviso la preparazione ai sacramenti dei figli frasi del genere: «Grazie, grazie per averci fatto vivere con tanta intensità queste forti emozioni!». Bello, certo… peccato che poi la stragrande maggioranza di queste persone scompaia dalla vita comunitaria delle parrocchie. È vero che vivere la fede non coincide con il partecipare alla vita comunitaria, però…
Ci sono emozioni che commuovono, altre che fanno diventare nostalgici, addirittura malinconici e altre ancora che incoraggiano all’azione. Le prime, a mio avviso, servono a poco, mentre le seconde aiutano con efficacia. Anche nel vivere la fede oggi si va in cerca di occasioni e luoghi che suscitino intense risonanze emotive: le parrocchie stancano e sanno di stantio, le prediche addormentano, le celebrazioni sanno di banalità… e così si va in cerca del predicatore dal linguaggio particolare, si prediligono musiche o canti che commuovano, si apprezzano segni che sappiano toccare parti della nostra interiorità bisognose di guarigione, e così via. Si esce poi dalla chiesa, dal corso che si frequenta, dall’incontro di preghiera con gli occhi lucidi, si sospira… per andare poi a prendersi un buon caffè in qualche bar prima di tornare alla vita di prima senza mai individuare e scegliere nessun impegno, nessun modo che apre  la via a un possibile cambiamento di vita.
Per riconoscere se un'intuizione è buona, se una emozione può avere efficacia, se una scelta che si pensa di compiere viene da Dio o se è solo espressione di pigrizia o, peggio ancora, se è suggestione del male, bisogna guardare a cosa produce nella vita.

Per essere concreto guardo al Vangelo e mi confronto con l’esperienza di Maria, che «in quei giorni si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda». Ecco un buon criterio: se quanto proviamo ci “rimette in piedi”, se ci sospinge a uscire da noi stessi, se dona forza per farci attraversare le varie “regioni montuose” della vita, se non ci fa fermare davanti a ciò che è difficile, allora la probabilità che si tratti di una cosa buona è reale.
Maria accoglie quanto Gabriele le ha annunciato e mostra che il modo migliore per verificare la presenza di Dio nella propria vita non sta solo nel commuoversi, nel compiacersi di quel che si prova, nel diventare esperti di suggerimenti e programmi di vita, nello scrivere libri… ma nell’alzarsi, nel muoversi, nel diventare capaci di incontro.
Maria verifica la sua scelta e inizia a compiere la Parola rispondendo ai bisogni di una persona, Elisabetta, lì, proprio nella situazione in cui si trova, e lo compie con semplicità ed efficacia, senza attirare su di sé l’attenzione.
Sì, da Maria imparo che l’autenticità delle intuizioni, delle nostre emozioni, delle scelte, delle esperienze religiose, delle proposte parrocchiali, di quanto propongono i vari movimenti si misura anche sulla capacità di domandarsi di cosa abbia bisogno questo tempo, di cosa abbiano bisogno le persone che frequentiamo, i luoghi in cui viviamo e nel rispondere con concretezza, coraggio, intelligenza, cuore e semplicità, senza giustificare la propria indolenza perché altri non fanno.
Maria, si alza, esce, incontra, non si lascia fermare dalle difficoltà: inizia. E dove la porterà questo cominciare? Dove la porterà questo primo passo? Forse non lo sa neppure lei.  Vivere il Vangelo è cominciare, e cominciare è sempre una benedizione. Il portare a compimento, poi, è mestiere di Dio.

Dalle parole con cui Elisabetta saluta Maria, infine, capisco che ogni incontro è autentico quando permette di capire chi siamo e chi abbiamo davanti.
Propongo, a riguardo, un semplice esercizio spirituale: penso a una persona che conosco e con cui vivo. Se dovessi descrivere alcuni tratti della sua personalità, della sua vita, cosa direi?
Confronto poi il modo con cui ho descritto la persona con quello con cui Elisabetta descrive Maria.  
Che differenze trovo? I tre modi con cui Elisabetta definisce Maria, sono solo espressione di gentilezza o di tipica intuizione femminile? Luca dice che «Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce…». Ecco: perché gli incontri siano autentici ed efficaci, perché la conoscenza sia reale e serena, perché lo siano i dialoghi all’interno delle coppie e delle famiglie, perché i confronti tra persone di opinioni diverse o tra credenti di diverse fedi portino frutto, perché i giudizi si tramutino in buoni cambiamenti, c’è sempre da invocare la presenza dello Spirito del Signore, prima, durante e dopo.

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