XXV Domenica del Tempo Ordinario *Domenica 23 settembre 2018

Marco 9, 30-37

In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafarnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».

Primi e ultimi

Continuiamo a seguire Gesù negli spostamenti che ha compiuto in Galilea prima di raggiungere Gerusalemme, partendo esattamente da dove si era interrotta la scena della settimana scorsa. Gesù seguita ad avere un occhio di riguardo nei confronti dei suoi discepoli, ad avere un occhio di riguardo nei confronti di tutti quanti noi. Ci tiene d’occhio. Ma nel senso buono. Si preoccupa per noi! Nel Vangelo si preoccupa di insegnare, ma con la coda dell’occhio vede che i suoi non sono convinti, nota che c’è qualcosa che non va. E vede però anche che nessuno si fa avanti, nessuno dei suoi si decide a mostrargli le loro perplessità. D’altronde un pochino mi immagino che fossero intimiditi. La settimana scorsa, quando Pietro dice la sua dimostrando di non aver capito niente di quello che aveva detto Gesù, si era preso parole pesantissime. Gesù non era stato per nulla tenero. Gli aveva dato del demonio. Logico che gli altri fossero titubanti.

Ma Gesù non demorde. Fa esattamente come aveva fatto la settimana scorsa. «Loro non vogliono esprimersi? Non c’è problema. Li scuoto io!». E inizia a interrogarli. Ancora una volta, con calma e pazienza, si mette lì davanti a loro e fa le giuste domande, quelle che scuotono, quelle che fanno riflettere. Quelle che ti mettono a nudo, dalle quali non riesci a scappare. E chiede: «Di che stavate parlando lungo la via?». E nessuno risponde! Perché? Perché avevano sì ascoltato Gesù che parlava di violenza, di morte e di resurrezione, ma non avevano capito assolutamente nulla! D’altronde non doveva essere facile entrare dentro la prospettiva di cui stava parlando Gesù. Aveva appena ammesso di essere lui il tanto atteso messia, colui che gli ebrei attendevano da secoli, e ora parlava di morte? Di persecuzione? Di sofferenza? Tutto questo cozzava contro quanto loro erano abituati a pregare, sperare, invocare… e allora riportano il discorso a quello che conoscono.

Se Gesù è il Messia, si dicono, allora finalmente verrà restaurato e ristabilito il Regno di Dio. E noi che ora siamo i suoi collaboratori allora saremo i suoi ministri. Ma chi tra di noi deve occupare i posti più prestigiosi? Come dividerci le posizioni in modo che i più grandi siano giustamente riconosciuti? Gesù è costernato. Passi per Pietro, ma dopo averlo rimproverato sperava di essere stato chiaro. Tanto che aveva subito aggiunto che ognuno che voleva seguirlo avrebbe dovuto prendere la sua croce. Tutti dovevano prepararsi a dei sacrifici, a delle prove, a delle difficoltà. E loro che fanno? Litigano per primeggiare gli uni sugli altri. Ancora una volta Gesù si rende conto che noi uomini abbiamo dei meccanismi che non ci permettono di svilupparci sempre per il meglio.

Perché vogliamo essere i primi? Perché vogliamo essere i più grandi? Perché vogliamo imporci? Perché vogliamo apparire? Perché, nella maggior parte dei casi, ci riteniamo insignificanti e senza valore. Non ci sentiamo adeguatamente amati, e quindi non riusciamo ad accettarci, né tantomeno riusciamo ad accettare gli altri. Per questo, in continuazione, cerchiamo di essere diversi in qualcosa, cerchiamo un qualcosa che ci metta più in alto di noi e degli altri, così da risultare passabili, a noi stessi e agli altri. Questo è quello che aveva spinto gli apostoli, e questo è quello che si intrufola anche dentro alle nostre teste ogni tanto. Ma Gesù guardando i suoi capisce che cosa c’è dietro. Gesù si rende conto che ciascuno di noi vuole e deve realizzarsi. Se uno vi rinunciasse sbaglierebbe. E per questo Gesù ci tiene a dare i suoi giusti criteri.
Perché non è possibile costruire niente sulla rivalsa continua. Basta pensare a quello che normalmente succede dentro di noi ogni volta che non riusciamo a primeggiare: siamo pronti a prenderci delle rivalse su tutto e tutti. Siamo pronti a squalificare tutto e tutti. Gli altri sono sempre i più fortunati. «Quello aveva più possibilità di me», «io avrei avuto senz’altro più meriti», «Al mio posto nessuno sarebbe riuscito a fare quello che ho fatto io», «Anch’io ci sarei riuscito se…» e avanti di questo passo. Gesù dice: «Continuate pure a parlarvi addosso, ma state attenti: non andate da nessuna parte! Così facendo non costruite voi stessi. Ma questa dovrebbe essere la vostra preoccupazione primaria. È per questo che dovreste smettere di preoccuparvi di primeggiare, di avere, di potere, di apparire…non vi serve! Volete iniziare a costruire qualcosa di grande? Iniziate a servire, iniziate ad accogliere i piccoli».

E con un’intuizione meravigliosa Gesù prende un bambino presente in quella casa, lo mette in mezzo alla stanza dove erano radunati, lo abbraccia e dice: «Accogliete lui! Allora sarete grandi. Accogliete quelli che nessuno considera. Provate a fare questo e finalmente capirete quelle parole che vi sembrano così oscure, così difficili. Guardate questo bambino: ha bisogno di tutto, non è in grado di badare a se stesso. Quello che dobbiamo fare è prenderci cura di loro e dargli tutto quello che serve per affrontare la vita al meglio». È il segreto e la grandezza di Dio. Essendo lui amore, non afferma se stesso a spese dell’altro, ma lo promuove a sue spese; non si serve dell’altro, ma lo serve; non lo spoglia di ciò che ha, ma si spoglia lui a suo favore di tutto. Non è difficile, sembra suggerire Gesù. Basta provare ad accogliere.

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