Pelle dura, cuore d'oro. Il vescovo Claudio in visita pastorale ad Arsiè, Fonzaso e Arten

Visita pastorale. Il vescovo Claudio dal 7 al 16 giugno arriva nel Bellunese e incontra l'unità pastorale di Arsiè e le parrocchie di Fonzaso e Arten. La montagna rende riservata la mentalità, ma sa spalancare il cuore. La fede è radicata, ma l'apprensione non manca, ogni volta che un giovane parte. Serve unirsi per guardare avanti

Pelle dura, cuore d'oro. Il vescovo Claudio in visita pastorale ad Arsiè, Fonzaso e Arten

“Benvenuto don Claudio!”. Da oltre dieci giorni le comunità feltrine della diocesi di Padova hanno affisso gli striscioni che accolgono il loro pastore per la visita pastorale dal 7 al 16 giugno. Li ha visti chi va in chiesa ogni domenica e chi ci va solo ogni tanto. Persino la carovana rosa del Giro d’Italia ci è passata sotto più volte nei due tapponi dolomitici che hanno incoronato l’ecuatoriano Carapaz alla testa della classifica generale.

L’attesa per l’arrivo del vescovo insomma non è mancata, anzi. E come spesso accade nei piccoli paesi di montagna, la sua presenza rappresenta un evento per tutti: di fronte alle cose che contano la popolazione esce di casa e si unisce, il confine tra civile e religioso sfuma. La vera linea di demarcazione semmai è temporale: chi è nato dopo la metà degli anni Novanta (per non parlare dei millennials) guarda il mondo, vive con la valigia pronta; terre di emigrazione storica hanno ripreso a vedere i giovani partire oggi in maniera pressoché totale. Qui, dove basta passare un crinale per sentir cambiare la parlata e cogliere sfumature diverse nel carattere delle persone, non è facile leggere il futuro con speranza. A precisa domanda, per lo più sui volti si accendono punti interrogativi.

Ad Arsiè, il vescovo Claudio, in questi giorni sarà in ogni singola parrocchia e contrada, compresa la piccola Incino, sopra la diga del lago del Corlo, e la vicentina Primolano, a Valle. Toccherà con mano come le identità siano rimaste intatte, anche se Arsiè è il centro pastorale di tutta la conca. Ma identità non significa autosufficienza: «La pastorale è unitaria – conferma il parroco, don Alberto Peron – È stata l’esiguità dei numeri a imporci questa scelta, con sette parrocchie per 2.600 abitanti, ma ogni comunità si ritrova nell’eucaristia: ci sono nove messe tra sabato e domenica più una feriale per ogni chiesa. I ministeri laicali? Ci sono nei fatti, in chi si occupa delle liturgie e delle chiese e poi nella catechesi e nella carità. Nei mesi scorsi ci siamo regalati un percorso formativo proprio su questo a livello vicariale e abbiamo compreso come, più che di mandati e riconoscimenti, abbiamo bisogno di una comunione affettiva ed effettiva tra persone di paesi e ambiti diversi che sappiano essere fermento di comunione tra le varie realtà».
Questo non è il posto delle grandi proposte, ma della testimonianza luminosa dei singoli, capaci di farsi in quattro per gli altri. Di giovedì pomeriggio la canonica si anima delle operatrici Caritas, che aprono lo sportello bellunese del Centro di ascolto del vicariato di Valstagna-Fonzaso. «A differenza che in valle qui siamo tutte donne – sorride Giuseppina Pilotto, la referente – e accogliamo quasi totalmente italiani, gli stranieri praticamente non ci sono perché manca il lavoro. La nostra mentalità è riservata, ma la nostra gente non manca mai di dimostrare la generosità, anche grazie alla raccolta che due volte l’anno facciamo nei due supermercati del paese. Come creare educazione prima che assistenzialismo? Nei periodi forti dell’anno portiamo la nostra testimonianza ai ragazzi dell’iniziazione cristiana e poi interagiamo molto con la valle: confrontiamo i casi, ci sosteniamo a vicenda, sono nate belle amicizie».

L'Ic anche qui si conferma un’ottima esperienza. I ragazzi di quarta e quinta elementare, seguiti da Liala Taverna, hanno capito una cosa importante: «Si sono ribattezzati la “Squadra dei colori” perché hanno capito che da soli, nella vita come nella fede, è difficile farcela, come un filo di lana che si spezza. Mentre uniti, come dei fili insieme in un tessuto o in una corda, si è molto più forti». E i genitori? «Chi partecipa è contento – riprende don Alberto – Riscopre una fede latente, si vivono momenti molto intensi, casomai manca l’educazione a una fede quotidiana e feriale».

Guardando avanti, anche in consiglio pastorale, occorre combattere una sensazione di perdita, data anche dai numeri: una decina di battesimi l’anno, a fronte di 50 funerali. Ma ci sono momenti forti, come la Summer fest di metà giugno o la Sagra delle anime della terza di ottobre. O anche il triduo condiviso, con la processione del venerdì santo che ha unito Rocca e Arsiè: «Grazie all’up oggi siamo più forti, anzi è stato un passaggio vitale, senza saremmo morti – commenta Bruno Maddalozzo, di Rocca – Con il vescovo vogliamo stare nell’ordinarietà, proprio come ha indicato lui, sperando che ci dia delle indicazioni concrete per il nostro cammino».

Fonzaso viene da un passato commerciale glorioso di snodo importantissimo per il legname trentino all’ingresso della Serenissima, come testimoniano le numerose ville patrizie. Oggi invece la voce che passa sulle bocche di tutti è che il 31 maggio ha chiuso anche l’unico giornalaio di un comune che conta tremila abitanti, Arten compreso.

Don Alberto Vallotto, il parroco, è il prete più anziano della diocesi in piena attività, con i suoi 86 anni. Da 58 anni è qui, ormai è uno di famiglia per tutti e ha visto il paese cambiare profondamente. «Oggi la catechesi ci permette di incontrare ragazzi e genitori molto collaborativi – spiega – Ci prepariamo ai sacramenti con due anni di cammino e in estate per i più ragazzi facciamo un grest con oltre 120 ragazzi. Gli animatori sono molto giovani, perché a 19 anni qui tutti sono fuori casa. A caratterizzarci è la sintonia con i Canossiani, in particolare con padre Diego che segue la pastorale».

Fiore all’occhiello è la casa di riposo intitolata a sant’Antonio, che accoglie 120 anziani e offre 92 posti di lavoro. La ministerialità dei laici è concreta: «Fin dal 1977 abbiamo i ministri della comunione: è grazie alla vitalità dei laici che siamo una parrocchia attiva, e io prete – continua il parroco – ho potuto dedicarmi alla preghiera e ai sacramenti, in particolare all’eucaristia che è il cuore di tutto». Cosa riserverà il futuro se lo chiede anche Dorino Trevisan, membro del consiglio per la gestione economica: «La velocità con cui cambia il modo di intendere la vita nelle nuove generazioni ci dice che c’è bisogno di una revisione globale dal punto di vista ecclesiale. Non sappiamo se saremo chiamati a fare un gruppo di parrocchie con i vicini, di certo non sarà semplice, le mentalità sono diverse. Perdere il parroco residente? Sarebbe come perdere uno di famiglia».
«Speranza per il futuro» è invece la maggiore attesa dei laici della vicina Arten nei confronti del vescovo Claudio. Anche qui si toccano con mano i primi frutti del cammino di iniziazione cristiana e ora si vedrà come andrà il tempo della fraternità. «La visita pastorale era attesa da tutti qui – spiega il parroco, don Arnaldo Visentin – Questa è terra di vocazioni e di attaccamento alla chiesa che si vede anche nelle feste decennali. Eppure non ci prepariamo a nulla di straordinario, siamo contenti di accogliere il nostro vescovo nell’ordinarietà dei giorni, verrà a confermarci nella fede. Fede che in questo periodo abbiamo la fortuna di condividere con Janvier, un giovane del Burkina Faso che ha iniziato qui da noi il cammino verso il battesimo: un dono grande».

Il programma di una visita attesa con entusiasmo

Al suo arrivo, alle 16 di venerdì 7 giugno, il vescovo trova tutti i preti di questo gruppo di parrocchie ad attenderlo a Fonzaso, per un dialogo comune, seguito dall'incontro con il consiglio pastorale e della gestione economica. Sabato 8 e domenica 9 sono dedicati alle parrocchie dell'unità pastorale e culminano con l'incontro con i giovani di domenica 9 alle 17 ad Arsiè.

Nella mattinata del 12 giugno, ci sarà la visita ad alcuni anziani e malati di Arten, prima dell'incontro con gli operatori della catechesi, della liturgia e della carità di tutte le parrocchie, previsto per il pomeriggio di sabato 16. «L'entusiasmo per l'arrivo del vescovo si sente – spiega don Arnaldo, parroco di Arten – Ragazzi e genitori sono pronti a vivere al meglio questi giorni, sappiamo di essere un piccolo gregge, ma tutti si sentono parte e nessuno si tira indietro».

Ecco perché da 1.102 anni qui è diocesi di Padova

Con la mente proiettata al futuro, i cristiani di Arsiè, Fonzaso e Arten da tempo hanno assimilato la loro natura di bellunesi-padovani. Chiedersi come mai questi paesi siano parte della Chiesa patavina appare più che altro un divertissement da foresti. Eppure, ancora una volta, la memoria torna alla donazione feudale del re Berengario al vescovo di Padova Sibicone.

Secondo l'ipotesi più accreditata è nel 917 (o 915) che queste terre, con il pedemonte vicentino e trevigiano, passano al vescovo di Padova. Il re aveva bisogno di un feudatario stabile, il vescovo dimostrava, grazie alla pieve di Santa Giustina di Solagna, che l'agro padovano un tempo arrivava fino a lì, e così la diocesi. Dopo le mutilazioni portate dai Longobardi nel 602, ecco la ricompensa del futuro imperatore alla Padova che tre secoli dopo era riuscita a rialzare la testa.

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