Nel dolore... il Signore. Il vescovo Claudio ha celebrato l'unzione dei malati nella visita pastorale a Rubano, Bosco, Villaguattera e Sarmeola

Venerdì 14 febbraio nella chiesa di Rubano il vescovo Claudio ha celebrato il sacramento dell'unzione degli infermi alla presenza di tanti fedeli accorsi anche dalle altre tre parrocchie del comune. Un'occasione per sentire vicino il Signore nella malattia.

Nel dolore... il Signore. Il vescovo Claudio ha celebrato l'unzione dei malati nella visita pastorale a Rubano, Bosco, Villaguattera e Sarmeola

In quella ritualità fatta di gesti semplici, immediati, si è potuta cogliere tutta la pregnanza del momento: i fedeli in processione hanno ricevuto uno a uno l’unzione degli infermi, in cui il vescovo Claudio e i sacerdoti hanno imposto le mani sul capo dei malati pregando per il dono dello Spirito Santo; poi li hanno unti con l’olio benedetto, sul palmo delle mani e sulla fronte, accompagnando questi segni con un’invocazione.

È stato sentitissimo il momento centrale della celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Claudio venerdì 14 febbraio nella chiesa di Santa Maria Assunta di Rubano, nell'ambito della visita pastorale, che ha visto la presenza di tanti fedeli e la collaborazione dei sacerdoti delle quattro parrocchie di Rubano, Bosco di Rubano, Sarmeola, Villaguattera.

Commentando il Vangelo di Luca (10, 1-9) letto nella celebrazione e il rito che di lì a poco si sarebbe celebrato, mons. Cipolla si è posto una domanda: «Il testo evangelico afferma “Quando entrerete in una città (…) curate i malati che vi si trovano e dite loro: Si è avvicinato a voi il Regno di Dio”; come però si può parlare della vicinanza di Dio, del suo Regno quando una persona è ammalata, quando è nella prova?».

Continuando la riflessione il presule ha affermato che il Regno di Dio si annuncia soprattutto con la vicinanza, con la prossimità, «per la persona sofferente la consolazione del Signore viene trasmessa non solo e primariamente con le parole ma con il cuore, con i gesti, con una storia costruita insieme: è così che si annuncia in modo efficace che il Signore è vicino, il suo Regno è vicino». È necessario quindi un cambio di prospettiva a livello ecclesiale, un «ripensare la nostra vita comunitaria proprio tenendo conto degli ammalati» per vivere concretamente la prossimità a queste persone. Ha proseguito sottolineando l’importanza della presenza nelle comunità cristiane dei ministri straordinari della comunione, chiamati a portare il corpo di Cristo soprattutto la domenica, occasione in cui «la comunità con i suoi incaricati si preoccupa di fare arrivare un segno della sua fraternità e della comunione con il Signore al quale tutti guardiamo, sia che ci troviamo in casa ammalati sia che ci raduniamo nella nostra parrocchia per celebrare l’eucarestia».

Il vescovo ha sottolineato che anche gli operatori della Caritas sono chiamati all’attenzione per chi è in difficoltà a causa della malattia o di altre situazioni debilitanti: «Un animatore della carità dovrebbe avere verso queste circostanze orecchie come antenne». Siamo chiamati a vivere l’essere comunità come una dimensione «dove ci si conosce, dove ci si vuole bene, dove sappiamo che se siamo in difficoltà ci sono altri che ci verranno incontro». 

Don Claudio, in riferimento alla condizione del malato nel passo evangelico sopra citato e al sacramento dell’unzione degli infermi – che prima del Concilio Vaticano II veniva chiamato “estrema unzione” – non ha nascosto la difficoltà oggi di viverlo da parte di molti fedeli.

Nella prassi ecclesiale esso vuole essere un sostegno, un aiuto spirituale per il malato, un segno che gli garantisce la vicinanza del Signore Gesù vincitore di ogni male, «allora capite che un cristiano in difficoltà, se si accosta a questo rito, si sente come irrobustito e riesce a continuare a guardare avanti sapendosi comunque nelle mani di Dio. Celebrando l’unzione degli infermi non facciamo nulla di straordinario: diciamo a chi è in condizioni di anzianità, di malattia, di insicurezza, di fragilità, anche emotiva che il Signore gli è vicino e lo sostiene, gli portiamo una carezza da parte della Chiesa a nome di Dio».

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