Valdobbiadene, la memoria e il futuro della fede

Nel Quartiere del Piave la prima tappa per il vescovo Claudio. Dal 2 novembre incontra parrocchie vicine ma diverse, che chiedono formazione e si interrogano sul ruolo dei preti e dei laici. Importante l'apporto dei giovani.

Valdobbiadene, la memoria e il futuro della fede

L’albero della fede, dalle radici alle foglie.

Le sette comunità cristiane di Valdobbiadene accolgono il vescovo Claudio proprio nel giorno dei defunti, il 2 novembre, per la prima tappa della sua prima visita pastorale alla diocesi.

Il lungo viaggio – che porterà mons. Cipolla in tutte le 459 parrocchie della chiesa di Padova – si apre così con la messa nel cimitero di una delle aree più lontane del cuore della diocesi.

Gli elementi simbolici non mancano.

Siamo alle radici della fede in Cristo ricordando chi l’ha trasmessa nei secoli fino a oggi, tessendo lo stretto legame che unisce Valdobbiadene e la Città del Santo.

Ma otto giorni dopo (il 10 novembre), a Bigolino, il vescovo lascerà il Quartier del Piave circondato dai giovani: quelle nuove generazioni a cui viene affidato il mandato di non disperdere un patrimonio di spiritualità e di tradizione che da sempre è parte integrante delle culture e delle società che compongono la nostra chiesa.

Dalle radici alle foglie della vite evangelica, la pianta simbolo di queste zone, per entrare in otto giorni nel vissuto quotidiano di sette parrocchie in cammino verso il futuro, facendo i conti con le sfide tutt’altro che semplici del presente.

«Sì, ai confini settentrionali c’è attesa – condivide Luca Dall’Armi, vicepresidente del consiglio pastorale di Santa Maria Assunta, la parrocchia del Duomo – Appuntamenti come questo si attendono con felicità e contentezza. Anche perché la distanza si sente...».

Il peso della distanza 

Ed ecco qui il primo grande tema emerso nelle scorse settimane, quando la visita è stata preparata tracce di confronto alla mano.

Una distanza non tanto dei chilometri da fare per raggiungere Padova (65), ma della vicinanza mentale dell’ogni giorno.

A pesare un po’ sembra quasi l’essere al crocevia tra tre diocesi (Treviso e Vittorio Veneto, oltre alla nostra). Da qui l’esigenza di tutte le comunità, per quanto diverse l’una dall’altra, di sentirsi cercate, riconosciute da parte del vescovo.

«Da lui ci attendiamo aiuto nel rileggere la nostra situazione», continua Dall’Armi, dopo che, per la prima volta, prepararsi alla visita ha significato per tutti i gruppi potersi raccontare in verità e franchezza, nei punti di forza e nelle debolezze.

Si avverte forte la necessità di vivere la comunione all’interno delle singole parrocchie e quindi di riscoprire la grandezza della missione a cui si è chiamati, contro il pericolo di abbandonarsi alla routine.

Missione è la seconda grande parola-chiave.

Preoccupa infatti la partecipazione, non solo numerica ma anche di intensità e profondità alla vita di fede e alla sua trasmissione da parte degli adulti.

«Ci sono però piccoli segni di ripresa da parte dei giovani – commentano don Francesco Santinon, parroco del Duomo, e don Remo Zambon, parroco di Bigolino – Giovani per certi versi “eroici” che animano le proposte estive e dei gruppi ispirati all’Acr e testimoniano la fede in un contesto non sempre ricettivo».

E poi c’è l’iniziazione cristiana, un «orgoglio» da otto anni a Santa Maria Assunta, e anche un “gancio” efficace per gli adulti nell’unità pastorale di San Pietro di Barbozza, guidata da don Romeo Penon, che è anche vicario foraneo: «L’ic è certamente il cuore della nostra proposta, quello che ha “preso” maggiormente i genitori di tutte le borgate. Prima la presenza adulta era pressoché assente, o legata alle feste del Ringraziamento che quest’anno ci saranno l’11 novembre a Santo Stefano e il 18 a Guia e a San Pietro».

Coniugare identità e comunione

Emerge anche la necessità di una relazione più stretta tra parrocchie che vivono fortemente una dinamica identitaria forte, coltivata attorno alla piccola piazza della frazione, e alimentata dalla storia incredibile delle singole borgate di Valdobbiadene.

A facilitare questo, potrebbe arrivare presto un gruppo giovani interparrocchiale, il primo nucleo di pastorale giovanile, che offra formazione a chi già non si è allontanato per motivi di studio o di lavoro, o, nel caso delle giovani famiglie, per il prezzo consistente delle abitazioni in un territorio di pregio come questo.

I preti, collante prezioso. Ma gli impegni...

Ampio spazio nel dibattito ha rivestito il ruolo dei presbiteri: la loro presenza è sentita come un coagulante da parte delle comunità, ma spesso i singoli preti sono oberati di incombenze che rischiano di tagliarli fuori dalle relazioni e dalla cura spirituale.

Si affaccia quindi la prospettiva dei ministeri affidati ai laici, anche se a Valdobbiadene il laicato sente di aver bisogno di crescere: servono persone preparate, autorevoli, riconosciute dagli altri.

«Siamo affamati di formazione – sottolinea Luca Dall’Armi – ma da questo punto di vista sentiamo di avere estremo bisogno di essere supportati». In un territorio di relativo benessere economico, sembra essere semmai l’individualismo la povertà più grande. Anche per questo è la formazione la vera necessità: a cui le parrocchie rispondono anche attraverso le scuole dell’infanzia e la primaria gestita dalla parrocchia del Duomo. 

«Ci presentiamo al vescovo con il cuore in mano», ha sintetizzato una signora in questi giorni prima della visita pastorale.

E sarà il cuore e il confronto con il vescovo a rilanciare il cammino verso il futuro e verso nuove gemme.

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