26 anni di cammino per diventare una vera comunità

Rileggere un quarto di secolo di vita della chiesa padovana in cammino col suo vescovo Antonio, consente di cogliere l’unitarietà di un percorso che ha sempre posto al centro della riflessione la comunità dei credenti, vero soggetto di tutti i piani pastorali che si sono man mano succeduti fino a diventare il segno e la cifra più evidente della chiesa di Padova a cavallo tra i due millenni.Per leggere il servizio iscriviti gratuitamente al sito.

Redazione

26 anni di episcopato di Antonio Mattiazzo; 26 anni di cammino pastorale della chiesa santa di Dio che vive oggi nel territorio della città e della diocesi di PadovaStorie che si intrecciano, si illuminano, si danno senso reciprocamente, si mettono in discussione. Possiamo oggi, a conclusione del ministero episcopale del vescovo Antonio, fare una “lettura sapienziale” della storia vissuta; cioè una lettura che scopre i segni reali della presenza e dell’opera dello Spirito che costruisce storia di salvezza, scrivendo dritto anche sulle righe storte di noi povere creature e povere comunità.

L’orizzonte di questi 26 anni è idealmente tracciato dai due convegni ecclesiali regionali di Aquileia: 1990, “Comunità cristiane e futuro delle Venezie” (poi chiamato Aquileia 1) e 2012, “Testimoni di Cristo, in ascolto” (Aquileia 2). L’orizzonte è costituito dal progetto pastorale di una “nuova evangelizzazione” in un territorio, come quello triveneto, di antica tradizione cristiana, ma ora profondamente modificato: qualcuno parlava, già allora di “crisi”.

C’è una parola che emerge con forza, guardando in modo panoramico questo tratto di stradaÈ la parola “comunità”, con tutte le declinazioni che conosciamo: sinodalità, comunione, collaborazione, partecipazione, comunicazione; ma anche ascolto, accoglienza, sinergia, pluralità, confronto, dialogo; e ancora parrocchia, vicariato, unità pastorale, consiglio e coordinamento, orientamenti pastorali… In realtà Aquileia ha fatto emergere, parlando di chiesa, di pastorale, di presenza nella società, di futuro, il primato della comunità, come soggetto unitario e comunionale dell’esperienza di fede e di pastoralità.

La comunità infatti non è un contenitore di tanti soggetti, di tante iniziative, di relazioni pubbliche, ma come un “soggetto teologale”, realtà cioè che rende presente, visibile e operante la presenza di Dio “in mezzo alle case dei suoi figli” per la salvezza. La comunità che è – come aveva insegnato il Concilio – popolo santo di Dio, sacramento di salvezza per il bene di tutti. Tutta la realtà della chiesa – o meglio delle singole chiese – tutta la pastorale e la missione della chiesa prende forma attraverso l’essere e l’operare della comunità dei credenti in Gesù Cristo. Provvidenzialmente gli inizi del ministero pastorale del vescovo Antonio – era arrivato in diocesi il 17 settembre 1989, chiamato dal papa Giovanni Paolo II dal servizio di nunziatura in Africa – coincidevano con l’ultima fase di preparazione e poi con la celebrazione del convengo di Aquilea 1.

Uscendo dalla basilica di Aquileia, la sera conclusiva del convegno, il vescovo Antonio diceva: «Ora dobbiamo pensare a una Aquileia diocesana», accennando a qualcosa di analogo a un convegno o a un sinodo (come avevano programmato molte altre diocesi). In realtà la nostra diocesi non ha mai voluto celebrare un sinodo; era maturata piuttosto la consapevolezza che fosse necessario scoprire, evidenziare, rendere feconda la “dimensione sinodale” della chiesa, della pastorale, dei soggetti e di tutte le realtà che fanno una chiesa che vuole “camminare insieme” per il bene degli uomini e delle donne del proprio tempo. È partita così, per la nostra diocesi, attorno al soggetto teologale che è la comunità dei credenti, una dinamica che si è poi sviluppata e articolata di anno in anno proponendo, attraverso gli orientamenti pastorali, attuazioni particolari, prospettive e dinamiche nuove: quasi un germe seminato che cresce, si sviluppa, si arricchisce, diventando il filo conduttore di un percorso personale e comunitario, spirituale e operativo, ecclesiale e civile, spirituale e strutturale.

Un percorso che, alla fine, traccia la fisonomia della nostra chiesa diocesana e, in essa, delle singole parrocchie, degli enti e delle strutture ecclesialiUn percorso che il vescovo Antonio ha intravisto da subito, ha condiviso con la sua comunità e coi suoi collaboratori e che, insieme, ha percorso con fedeltà e con impegno. Oggi possiamo individuare e segnalare lo sviluppo di questo filo conduttore, attraverso alcune parole tipiche, come emergono scorrendo gli orientamenti pastorali diocesani.

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