Idee | Lettera.D5 dicembre. Giornata internazionale del volontariato, un volontariato che deve ritrovare la sua specifica identità, distinguendosi all’interno del Terzo settore
Mio padre ha 93 anni, ma nonostante la generosa età continua a sognare e a progettare il suo futuro. Questa cosa che potrebbe sorprenderci conferma che sognare e progettare un futuro migliore per sé e per gli altri non è un’avventura riservata solo a chi è più giovane. l’amore, il dono, la gratuità, insomma continuare ad avere cura di sé, degli altri e del proprio ambiente se vissuti con autenticità permettono di continuare a sognare e ci fanno guadagnare tempo. Da poco infatti ho scoperto che il volontariato fa anche guadagnare tempo. È scientificamente provato che chi è impegnato nel volontariato generalmente è più in salute di chi non lo è. Fare del volontariato fa bene agli altri e alla comunità ma fa bene anche a se stessi. Chi fa volontariato vive di più…. e tutto questo se vissuto con autenticità non solo fa sognare, permette di rallentare il tempo della propria vita. Permette di abitare al proprio tempo di ospitare cose di grande valore, di camminare a piedi in ascolto del mondo come fa un fotografo con la sua fotocamera. Per poi fermarsi vedendo cose che altri non vedono. In fondo il Buon Samaritano ha fatto proprio questo. È l’unico che si è fermato. Gli altri non hanno voluto vedere. Questo è il compito del volontariato. Un compito da riscoprire. Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un’ampia discussione sul Codice del Terzo Settore, sui decreti attuativi dello stesso, sull’apertura del Registro unico nazionale del Terzo settore (il cosiddetto Runts). Tutte questioni importanti… ma che hanno completamente bloccato anche nei più piccoli territori il dibattito sulla funzione del volontariato nella comunità. Pensiamo a tutto l’impegno e le attività dedicati alla revisione degli statuti in conseguenza dell’iscrizione al Runts.
Poi è successo di tutto. Nessuno si sarebbe aspettato l’inaspettabile. La pandemia, il lockdown. Ci siamo trovati spaesati, nel buio. «Ancora confusa tra le ombre del futuro – scriveva Marco Revelli in Oltre il Novecento, molti anni prima di quello che ci è capitato – fragile e incerta, ancora rarefatta e debole si affaccia la figura del volontario. Figura aurorale, dal profilo sfumato, certamente diversa da quella – scolpita nella pietra e nel metallo – del militante novecentesco che l’ha preceduta, anzi, si potrebbe dire, a quella opposta per il suo carattere integralmente “civile”». E a vent’anni dall’inizio del nuovo millennio abbiamo purtroppo scoperto qualcosa di nuovo. E tutti questi sforzi e questo tempo pensato e utilizzato alla ricerca di uno status giuridico del volontariato divenuto inevitabilmente qualcosa di già vecchio.
Senza il volontariato non si sarebbe potuto far fronte al Covid. È un dato di realtà. Perché esattamente un passo dietro al personale medico e infermieristico vi sono stati, vi sono, vi saranno i volontari. I volontari che guidano le ambulanze, i volontari che portano da mangiare a poveri e indigenti, i volontari che si recano nelle abitazioni e aiutano fattivamente chi è solo o in difficoltà; i volontari che creano dal nulla strutture ospedaliere o che generano centri di accoglienza per i senza tetto. Così in Italia, così in Europa. Il volontariato si è confermato il motore più vero e autentico della società italiana. Ma ora questo volontariato, che ci fa stare meglio e che ci dona tempo da dedicare alle cose importanti, ora deve riprendere un cammino e riprovare ad assumersi un ruolo politico che in questi ultimi anni è sembrato messo in disparte. Un volontariato che deve re-imparare a rileggere il mutato contesto, e ad ascoltare l’altro senza secondi fini. Che vuol dire riassunzione di soggettività politica. Che non vuol dire essere portatore di propri interessi, ma degli interessi degli altri e della comunità. E qui sta la differenza con altri soggetti oggi impegnati nel terzo settore. Ma è una distinzione che deve trovare forti collaborazioni con tutti i soggetti perché la separazione sarebbe una follia fuori dalla storia. Distinguersi non vuol dire separarsi, vuol dire non confondersi. Perché le confusioni non fanno bene a nessuno.
Il dono fa esplodere in tutta la sua potenza la gratuità e quindi il “disinteresse”, che è la vera rivoluzione gentile da perseguire. Forse l’unico vero antidoto all’odio di questi anni. Siamo allora destinati nei prossimi mesi a occupare nuovi spazi, scelte coraggiose dove la gratuità, il dono, la fraternità possano diventare veramente la base per costruire un futuro nuovo, non più differibile. Un volontariato che diviene quella forza di civilizzazione che possa riscrivere la nostra convivenza. È questo il sogno realizzabile che dobbiamo chiedere al volontariato e a tutti quelli che vorranno fare un pezzetto di strada insieme a noi. Un’attenzione che non può limitarsi al solo 5 dicembre, Giornata internazionale del volontariato. Per questi motivi abbiamo chiesto ancora una volta al Presidente Draghi di dedicare il 2022 a livello nazionale al volontariato. Un anno dedicato al volontariato che non comporterà costi per le casse dello Stato ma al contrario farà guadagnare fiducia e conoscenza da parte degli italiani rispetto a un bene pubblico prezioso qual è il volontariato. Perché un solo giorno nel calendario è troppo poco per così tanto.
