Chiesa | DiocesiVescovo di Padova per 33 anni Giunto in Diocesi nel 1664, si è posto tre linee d’azione connesse: visite pastorali, formazione del clero, istruzione religiosa del popolo
Quel 16 ottobre di quattro secoli fa, era il 1625, mamma Lucrezia Lion e papà Gianfrancesco Barbarigo, del ramo di Santa Maria del Giglio, non pensavano certo di aver generato un santo, anzi neanche un prete. La Serenissima era invischiata nella Guerra dei Trent’anni tra Francia e Spagna e anche coi turchi le acque stavano tornando ad agitarsi; per i primogeniti delle antiche casate veneziane la strada era segnata: dovevano alimentare il prestigio familiare occupando le più alte cariche della repubblica. Per questo Gregorio Giovanni Gaspare, rimasto orfano di madre a cinque anni, riceve un’educazione di qualità che comprende latino e greco, filosofia e matematica, musica e scherma. Adolescente, è in grado di scrivere con chiarezza, sbrigare la corrispondenza commerciale e tradurre in dati contabili costi e ricavi dell’impresa familiare. Non che gli manchi l’educazione religiosa, anzi: il padre lo alleva nella pratica intensa della preghiera ma gli occhi del genitore sono puntati sulla carriera politico-diplomatica. Tant’è che nel 1643, appena diciottenne, viene spedito al seguito di Alvise Contarini a Munster, dove sarà sottoscritta la pace tra Spagna e Olanda. Il giovane Barbarigo deve impratichirsi negli equilibri internazionali e imparare le lingue viaggiando per le città europee. Ma proprio durante tale missione avvenne l’incontro chiave con il nunzio Fabio Chigi, futuro papa Alessandro VII, che diventa subito autorevole guida spirituale del Barbarigo spingendolo alla lettura e alla meditazione di scritti religiosi d’attualità, come quelli di Francesco di Sales. Al rientro a Venezia non riesce ad appassionarsi alla carriera politica e decide di chiedere consiglio al Chigi che gli suggerisce di laurearsi a Padova e intraprendere la carriera ecclesiastica, superando l’opposizione paterna. Una vocazione che procede subito spedita: nel 1655 riceve gli ordini minori, si laurea “in utroque”, viene ordinato sacerdote. I primi mesi dell’anno successivo è a Roma, dove il Chigi è ora papa, facendosi apprezzare come responsabile della sanità in un’epidemia di peste. Arriva quindi la nomina a vescovo di Bergamo, a cui si prepara studiando gli Acta ecclesiae mediolanensis di san Carlo Borromeo. Nel 1664 diventa vescovo di Padova, Diocesi dove resterà fino alla morte. Nei sei anni bergamaschi e nei 33 padovani il vescovo e poi cardinale Gregorio Barbarigo mette in atto il suo ideale pastorale fondato su tre linee d’azione fortemente connesse: visite pastorali, formazione del clero, istruzione religiosa del popolo. Per la Diocesi patavina la visita pastorale costituisce un tratto continuo, iniziato il 2 settembre 1664, due mesi dopo l’ingresso, e concluso l’11 giugno 1697, sette giorni prima della morte. Per tre volte il vescovo gira le sue trecento parrocchie, 75 delle quali nella vasta area montana e pedemontana, isolata dal resto della Diocesi (il corridoio di Cittadella verrà acquisito solo nell’Ottocento). «Molta parte della vita del santo cardinale fra noi – raccontava don Giuseppe Rocco sulla Difesa nello speciale dedicato alla canonizzazione del maggio 1960 – l’ha passata sulla strada». Migliaia di chilometri macinati al lento trotto della pariglia o sul dorso di mule e cavalli. Strade di campagna nella polvere, nel fango, strade di monte disastrose, ghiacciate a ridosso delle pareti o frananti nel fondovalle. Le visite permettono al vescovo di rendersi conto della situazione della Diocesi, geografica e pastorale. Da qui nasce il secondo impegno: la formazione del clero, che ha la sua chiave di volta nel Seminario, fondato ex novo a Santa Maria in Vanzo – e inaugurato il 4 novembre 1670 – con nuovi ordinamenti didattici e disciplinari, dotandolo di biblioteca, tipografia e perfino di una specola. Con questi sacerdoti “fatti a modo suo” il Barbarigo organizza l’istruzione religiosa del popolo, con scuole di dottrina cristiana in ogni parrocchia, una congregazione per gli adulti e perfino un corso di “filosofia cristiana” in Cattedrale. Un’impronta che resterà alla Diocesi, per secoli.
La cronistoria dei vescovi padovani propone altre due date centenarie: nel 1125, nove secoli fa, muore Sinibaldo, nominato vescovo nel 1106 in sostituzione dello scismatico Pietro. Siamo ai tempi del concordato di Worms (1122), che segna la fine della subordinazione ecclesiale al potere regio. Sinibaldo fu, come scriveva lo storico Sante Bortolami, «saldo pilota della nave della Chiesa padovana verso i lidi dell’ortodossia e della fedeltà a Roma». Sfogliando mezzo millennio di storia si giunge alla scomparsa nel 1625 del vescovo Marco II Corner. Con il proposito di applicare le direttive tridentine s’impegnò a istituire scuole per l’istruzione religiosa dei fanciulli e nel 1602, in preparazione della visita pastorale sull’Altopiano di Asiago, fece tradurre e stampare in cimbro la Dottrina cristiana base del Bellarmino, che divenne Christlike unt korze Dottrina.
