Chiesa | DiocesiPaola Bignardi Alla giornata formativa per i presbiteri, il 20 febbraio a Villa Immacolata, la pedagogista ha ragionato su “giovani e ricerca spirituale”
«Il mondo giovanile ha bisogno di una Chiesa in dialogo. Era il sogno del Concilio Vaticano II e di Giovanni XXIII: mettere in comunicazione la dottrina della fede con l’uomo contemporaneo». Ne è convinta Paola Bignardi, che il 20 febbraio è intervenuta a una giornata di formazione per i presbiteri della Diocesi – promossa dall’Istituto San Luca con gli uffici di Pastorale dei giovani e di Pastorale delle vocazioni – dal titolo “I giovani e la ricerca spirituale”. La pedagogista, già presidente nazionale dell’Azione cattolica, ha curato – per conto dell’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo – una ricerca qualitativa sul tema, pubblicata nel volume Cerco, dunque credo? I giovani e una nuova spiritualità (con Rita Bichi, edizioni Vita e pensiero). Perché vi siete allontanati dalla Chiesa? Questa la domanda della ricerca qualitativa per la quale, tra 2022 e 2023, sono stati intervistati cento giovani dai 18 al 29 anni un tempo impegnati nella Chiesa e che hanno abbandonato; allo stesso tempo sono stati realizzati dodici focus group (con 91 giovani, sempre dai 18 ai 29 anni) con chi è rimasto per indagarne le motivazioni. «Dall’indagine – spiega Bignardi – emerge una quasi uniformità di risposte tra i giovani che si sono allontanati e quelli che sono rimasti. Di fondo c’è un atteggiamento abbastanza critico nei confronti della Chiesa di oggi. L’esito è che una componente maggioritaria ha deciso di allontanarsi dalla Chiesa, perché non ne condivide l’impostazione, perché ritiene che i suoi linguaggi siano vecchi, perché non si sente interpretata nella propria sensibilità attuale dalla proposta della Chiesa. E poi ci sono giovani che, pur essendo critici, tuttavia restano nella Chiesa soprattutto in ragione di un senso di appartenenza alla comunità, con cui hanno anche un legame affettivo. Legame che è anche con un gruppo di persone con cui condividono gli stessi impegni, spesso anche operativi. Questi giovani restano in comunità, pur dissentendo su tutta una serie di questioni che non sono tali da vincere sul legame di appartenenza. L’esito è diverso, ma c’è comunque inquietudine. Eppure alla Chiesa non verrebbe chiesto niente di straordinario, se non – come ha detto Giovanni XXII nel discorso di apertura del Concilio – di far incontrare la dottrina di fede con gli uomini e le donne di oggi. Se non rendere contemporanea la propria proposta, aggiornarla, adattarla alla sensibilità delle persone di oggi. I giovani sono la componente che in maniera più esplicita esprime questa sensibilità nei confronti della Chiesa, perché ha più chiare le domande rispetto al futuro».
Non è un caso che al volume che raccoglie la ricerca dell’Osservatorio giovani sia stato dato questo titolo: Cerco, dunque credo? «Tutti i giovani sono cercatori! Lo sono rispetto alle grandi domande della vita e quindi sono cercatori rispetto al senso della vita, alla questione della morte – che è una delle domande più ricorrenti – al male, al futuro. È il tempo in cui vivranno e dunque si chiedono con forza: che cosa ne sarà di questo mondo? Chi sarò fra dieci anni? Riuscirò a trovare il mio posto nella vita? Dentro a queste domande, dentro a questa inquietudine… per alcuni di loro è possibile incontrare Dio. Non è scontato, certo! I giovani sono cercatori anche di Dio. A volte nemmeno lo sanno di cercarlo, ma se riescono a incontrare Dio, lo fanno nella proprietà interiorità, in quello che chiamano “un viaggio alla ricerca di se stessi”. Questa, per loro, è la definizione più ricorrente di spiritualità. È l’approdo per molti di loro che, non trovando una risposta soddisfacente nella religione istituzionale, la trova nella spiritualità».
Dall’ascolto dei giovani emerge una “nuova spiritualità”. «Le caratteristiche nuove sono date dall’oggetto: il corpo, la propria interiorità e il proprio io. È una ricerca di se stessi, della propria identità profonda. E anche una ricerca di silenzio e meditazione. Spesso, nei dialoghi avuti con i giovani, è emerso questo termine che è mutuato da altre esperienze religiose che noi pensiamo siano quelle che raccolgono il maggiore consenso tra i giovani, come il buddismo ad esempio. Ma non è così. C’è l’accostarsi a una sensibilità che può essere tipica delle religioni orientali, ma che non porta all’adesione a esse. È soprattutto ricerca di un’armonia interiore». Emerge, sempre dall’indagine svolta tra 2022 e 2023, che i giovani si trovano a disagio di fronte a un certo tipo di esperienza religiosa tutta codificata e dove sembra non ci sia spazio per la soggettività. «Sono in cerca di un mondo interiore più libero, dove c’è spazio per la spontaneità e la soggettività – evidenzia Bignardi – Al mondo spirituale “codificato”, che associano all’esperienza religiosa, non aderiscono. Una formazione cristiana attenta riuscirebbe a cogliere le connessioni che ci sono con questa sensibilità che emerge. Perché il credere, nel mondo giovanile, non sta scomparendo! È cambiato, sta cambiato… Tutto questo come provoca oggi la Chiesa? È chiaro che il mondo giovanile non ha il “verbo”, ma ha le provocazioni che possono aiutare la Chiesa ad aggiornarsi, a camminare insieme alle donne e agli uomini di questo tempo».
Dal 2013 l’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo realizza il Rapporto giovani – intervistandone un campione di tremila – nel quale viene dato spazio al rapporto con la spiritualità (rapportogiovani.it). Alla domanda “tu credi in qualche divinità o essere trascendente?” nel 2013 ha risposto «sì» il 56 per cento degli intervistati; nel 2023 la percentuale è scesa dal 32,7 per cento. Al Nord non è mai stato raggiunto il 50 per cento; a Nordest si è registrata la percentuale più bassa. Chi sta vivendo un allontanamento più massiccio e veloce dalla Chiesa solo le ragazze. Si rileva, inoltre, un allontanarsi precoce, già a 18-22 anni. Dall’indagine qualitativa emerge “traccia” di Dio, ma è quasi inesistente Gesù Cristo.
