Chiesa | DiocesiLa seconda Assemblea sinodale della Chiese in Italia, a cui ha partecipato anche una delegazione padovana, dopo un confronto vivace sulle proposte concrete per essere sempre più missionaria, ha scelto di rimandarne l’approvazione. Perché possano maturare
«È stata definita da alcuni “ribelle”, ma è stata piuttosto viva: critica, leale, appassionata per la Chiesa e la sua missione». Queste parole si riferiscono alla seconda Assemblea sinodale delle Chiese in Italia, che si è svolta dal 31 marzo al 3 aprile in Vaticano. A pronunciarle – di fronte ai 1.008 partecipanti, di cui 530 laici (277 donne e 253 uomini), 168 vescovi, 7 cardinali, 252 sacerdoti, 34 religiosi, 17 diaconi – è stato mons. Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale. Assemblea “ribelle” che, con una mozione, ha rimandato al 25 ottobre l’approvazione del testo conclusivo: «In queste giornate assembleari sono emerse sottolineature, esperienze, criticità e risorse che segnano la vita e la vitalità delle Chiese in Italia, con uno sguardo partecipe e responsabile. Cogliendo la ricchezza della condivisione, questa Assemblea stabilisce che il testo (…) venga affidato alla Presidenza del Comitato nazionale del Cammino sinodale perché, con il supporto del Comitato e dei facilitatori dei gruppi di studio, provveda alla redazione finale accogliendo emendamenti, priorità e contributi emersi».
Proposte concrete sì, ma… «La seconda Assemblea sinodale delle Chiese in Italia – spiega don Leopoldo Voltan, che ha partecipato insieme al vescovo Claudio e ad altri delegati della Diocesi di Padova – aveva l’obiettivo di arrivare a votare un testo, frutto del cammino sinodale degli ultimi quattro anni, e le Proposizioni (cioè proposte concrete) in esso contenute. I vescovi, poi, nell’Assemblea di maggio (ora rimandata a novembre, ndr) avrebbero ripreso e confermato queste indicazioni. Le Proposizioni erano una sorta di indice ragionato delle questioni maggiormente emerse nelle Diocesi e di scelte su cui impegnarsi nei prossimi anni. In questa Assemblea, cosa non trascurabile, le Proposizioni sono state riviste, sistemate e arricchite dai 28 gruppi di lavoro». I partecipanti si sono confrontati su tre “gruppi” di Proposizioni/proposte concrete: la prima, il rinnovamento sinodale e missionario della mentalità e delle prassi ecclesiali; la seconda, la formazione missionaria e sinodale dei battezzati; la terza, la corresponsabilità nella missione e nella guida della comunità. «Forse c’era bisogno, come dichiarato anche dalla presidenza del Comitato nazionale del Cammino sinodale, di elaborare con più tempo e precisione le Proposizioni. Credo che l’Assemblea ne abbia richiesto una maggiore maturazione, perché possano diventare delle vere leve di cambiamento».
Qualcosa non ha funzionato… L’ha detto, nel suo intervento in Assemblea, mons. Erio Castellucci. E ha elencato, una per una, le criticità. «Gli va riconosciuta una grande franchezza, oltre che autoironia, nell’aver comunicato i limiti del testo delle Proposizioni. Poi, lo dico dalla mia esperienza del Sinodo diocesano, risulta facile segnalare gli errori del lavoro altrui: coordinare il Sinodo italiano e le due Assemblee è stato sicuramente molto complesso e quanto vissuto ha senz’altro grande valore. Adesso possiamo essere tutti contenti dello scatto in avanti, che ha portato a rivedere le tappe del percorso. È un ulteriore elemento molto buono, che dice anche la verità del processo». Ancora don Voltan: «Personalmente ho respirato un clima di grande interesse e partecipazione all’Assemblea. Come sempre è interessante cogliere i punti di vista delle delegazioni delle oltre 220 Diocesi italiane; incrociarsi nei gruppi di lavoro con rappresentanze differenti (laiche, laici, consacrati, consacrate, presbiteri, vescovi); pregare insieme e dialogare nei momenti più informali. Il confronto in plenaria del martedì mattina è stato libero e schietto. Come pure la restituzione del giovedì mattina. Forse questo è il Sinodo: il potere di parola offerto a tutti; il bisogno di imparare da tutti; il desiderio di rivedere i passi da fare. Ogni volta che gli incontri e le riflessioni di altri modificano lo schema di partenza è sempre incoraggiante: vuol dire che cambiare è possibile, che la vita ci precede sempre, che la fede non è statica, che la Chiesa è più dinamica di quello che si pensa».
Ricadute su Padova?Come si colloca ciò che stiamo vivendo in Diocesi rispetto a questo “scatto in avanti” dell’Assemblea delle Chiese in Italia? «Alcuni temi delle Proposizioni sono anche i nostri: il percorso dell’iniziazione cristiana, la corresponsabilità e la ministerialità dei laici, la cura per la Parola di Dio. La nostra Diocesi ha portato un contributo relativo alla formazione, riprendendo alcuni aspetti della lettera post-sinodale Ripartiamo da Cana. Che la formazione sia unitaria (laici, preti e consacrati), integrale (culturale, sociale, intellettuale, esperienziale e spirituale) e permanente. Quindi abbiamo lavorato più su uno stile che, con le parole del nostro Sinodo, diremo generativo».
«Quello che si è vissuto il 3 aprile – sottolinea Massimiliano Padula, sociologo – non è un sintomo patologico e distruttivo, ma una delle tante storie di salvezza che la comunità cristiana ha vissuto e che continuerà a vivere. Mi piace definirla, citando Gaudium et spes, una “crisi di crescenza”, che recherà non poche difficoltà, ma resta un seme rinnovato dell’unione di Dio con la famiglia umana».
I media, appena data la notizia del rinvio, hanno evidenziato alcuni fronti caldi. «Gli interventi in Assemblea – sottolinea don Voltan – hanno toccato vari punti e non ho colto una concentrazione su quelli citati dai giornali: diritti delle persone Lgbt+, ruolo delle donne nella Chiesa e trasparenza. Vari interventi hanno richiamato alcuni salti di qualità necessari nelle Diocesi: la formazione, l’iniziazione cristiana, l’ecumenismo. Altri la necessità di una cultura di pace, i cambiamenti climatici, la qualità e la dignità del lavoro, l’impegno educativo. Il campo di confronto è stato ampio e per nulla polarizzato».
