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Mappe IconMappe | Mappe 02 – Il territorio – novembre 2021

martedì 16 Novembre 2021

Consumo di suolo. Il cemento? È già troppo

Il consumo di suolo in Veneto procede con ritmo tre volte superiore alla media europea. Bisogna fermarsi e dare impulso alle leggi.

Luca Bortoli
Luca Bortoli
direttore

Cosa sarebbe Prato della Valle se una colata di cemento ne coprisse la metà? Sull’Isola Memmia niente più erba, alberi, statue e obelischi, ma case e condomini, piccoli e grandi capannoni, supermercati e strade, marciapiedi, parcheggi. L’effetto ributtante di questa visione è esattamente lo stesso che dovrebbe procurarci il dato che il 50 per cento del territorio cittadino di Padova è davvero impermeabilizzato dall’espansione delle attività umane. Lo certifica il rapporto Ispra 2021 ponendo la nostra città sul gradino più alto di un podio completato – in Veneto – da Spinea e Noventa Padovana, pari merito con il 43 per cento. Lo stesso rapporto certifica che durante il 2020, nonostante i diversi lockdown abbiamo consumato due metri quadrati di terreno al secondo e negli ultimi otto anni questa tendenza ci sta costando più di tre miliardi di euro all’anno: ogni decennio, per mitigare l’effetto della cementificazione, ci serve l’equivalente una corposa manovra finanziaria da 30 miliardi di euro. Dopo anni in testa alla classifica, il Veneto (682 ettari consumati l’anno scorso) cede la pole position alla Lombardia (765 ettari) e le città che più si sono date da fare sono state Vicenza (37 ettari), Roncade (29) e Sona (28). La nostra regione ha una superficie consumata per quasi il 12 per cento del suo territorio, esclusi fiumi, laghi e barene. Un dato che a occhi profani potrebbe sembrare basso, se non intervenisse il confronto con la realtà complessiva dell’Italia (7 per cento) e dell’Unione europea (4 per cento).

È il momento di fermarsi A parole, siamo tutti d’accordo: politica, imprenditoria, opinione pubblica. Il cemento rende fragile un territorio, quello Veneto, che presenta già caratteristiche morfologiche molto particolari: su 700 idrovore attive in Italia, 400 sono installate in Veneto. Questo significa che ampie porzioni di territorio non sono in grado di smaltire l’acqua in eccesso in caso di eventi straordinari. Eventi che oramai sono la norma. Ma quelli che un tempo erano campi (o paludi) oggi sono lottizzazioni, quartieri, zone artigianali o industriali.

Manca la consapevolezza Silvia Rizzotto e Paola Nugnes probabilmente non hanno nulla in comune, se non la passione politica. A capo del gruppo Zaia presidente in Consiglio regionale la prima. Senatrice già M5s e ora Sinistra italiana la seconda. Eppure un principio comune ce l’hanno. Nugnes: «Non credo si possa parlare ancora di consapevolezza diffusa. Purtroppo si ignora cosa è il suolo, l’importanza che il suolo ha nei cambiamenti climatici, per la cattura della Co2 , la conservazione delle acque, la tutela del territorio contro i dissesti, la produzione alimentare, la conservazione della biodiversità indispensabile contro i cambiamenti climatici». Rizzotto: «È la mentalità, in generale, che deve cambiare. Nelle amministrazioni comunali, ma soprattutto nei cittadini e nei professionisti. Alla politica il compito di mettere a disposizione degli strumenti, ma il compito di utilizzarli spetta ai singoli». La legge nazionale sul consumo di suolo giace da anni in qualche cassetto dimenticato del Senato: «Temo sia definitivamente arenata – ammette Paola Nugnes – Si trattava di una legge quadro di grandissima importanza che aveva tra le tante proposte anche quella del forum Salviamo il paesaggio elaborata da 72 esperti di importantissima levatura». Alla base di questo fallimento, per la senatrice «ci sono interessi dettati da una volontà speculativa sulle rendite fondiarie, storica sacca di interessi speculativi italici, e da una falsata idea di vecchia matrice culturale, figlia del dopo guerra, che affida all’edilizia la ripresa economica».

Veneto, una legge da riformare Silvia Rizzotto a dicembre presenterà un progetto di legge per mitigare le ampie deroghe concesse dalla norma regionale per lo stop al consumo di suolo, la legge 14 del 2017. «Era chiaro fin dall’approvazione di quella legge che le deroghe sarebbero state gradualmente rimosse – spiega Rizzotto – Iniziamo con il conteggiare come consumo di suolo le superfici eccedenti ai 1.500 metri quadrati per gli interventi previsti dai Suap: il 50 per cento sarà desunto dal volume di suolo utilizzabile da qui al 2050 da parte dei Comuni e il 50 per cento sarà in carico alla quota regionale. So che questa misura crea preoccupazioni sul territorio, ma la rotta verso lo stop al consumo di suolo è tracciata. I numeri dell’Ispra ci danno ragione: da quando la legge è entrata in vigore, quattro anni fa, siamo passati da 1.139 a 683 ettari consumati».

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