Ripensare la morale sessuale per ripensare il matrimonio

Riaffermare l’immutabilità della dottrina, rifarsi al Concilio per affrontare i problemi ancora aperti, ripensare in modo sistematico la morale sessuale: sono le tre opzioni di fronte ai padri sinodali. Ognuna ha i suoi rischi, ma non tutte sembrano capaci di rilanciare l’evangelizzazione del matrimonio e della famiglia.Iscriviti gratuitamente al sito per leggere il servizio.

Redazione

Il prossimo sinodo della chiesa convocato per ottobre, ha davanti a sé tre strade per rilanciare l’evangelizzazione del matrimonio e della famiglia che il papa auspica e promuoveLa prima: cedere alla tentazione di arroccarsi alla tradizione e riaffermare l’immutabilità della dottrina ignorando la nuova concezione di matrimonio e famiglia che a partire dal concilio Vaticano II ha modificato mentalità e comportamenti dei cattolici. La seconda: riprendere la nuova concezione del matrimonio e della famiglia fatta propria dal concilio e affrontare sul piano pratico, pastorale, il problema dei divorziati risposati e l’ipotesi di una loro eventuale ammissione alla comunione eucaristica. La terza: ripartire dal vangelo e ripensare in modo più radicale e sistematico la dottrina morale della chiesa in materia di sessualità per una vita cristiana più serena, libera e responsabile.

Ogni scelta ha le sue controindicazioni e i suoi rischi. La prima delle tre sarebbe però sarebbe di gran lunga la peggioreDarebbe infatti il senso di una chiesa che guarda al passato e non è in grado di accogliere e rielaborare la sua stessa dottrina solennemente sancita da un concilio. È risaputo infatti che i padri conciliari hanno modificato sostanzialmente la dottrina tradizionale del matrimonio e della famiglia in riferimento ai due fini unitivo e procreativo che – ancora nell’enciclica Casti connubii (1931) – venivano posti su piani diversi, subordinando il fine unitivo (interpretato per altro molto riduttivamente come rimedio alla concupiscenza) al fine procreativo. È vero che parificando i due fini del matrimonio il concilio ha rivalutato la sessualità, e conseguentemente anche la procreazione dei figli, in senso personale e relazionale. Ma è anche vero che successivamente l’enciclica Humanae vitae (1968), nell’intento di aiutare i coniugi e offrire loro un criterio di discernimento per una procreazione più responsabile, ha alquanto complicato le cose: condannando i metodi “artificiali” di regolazione delle nascite e dichiarando leciti solo quelli “naturali” (in senso biologico) ha finito per oscurare la natura personale e relazionale della sessualità e conseguentemente del matrimonio e della famiglia.

Anche la seconda opzione non sarebbe il massimo della desiderabilità. Non dobbiamo però dimenticare da dove veniamo e dove siamoVeniamo, in quanto cattolici, da una situazione di pesante colpevolizzazione della sessualità, vissuta e dichiarata lecita unicamente all’interno del matrimonio e in funzione primariamente procreativa. E ci troviamo attualmente, sempre in quanto cattolici, in una situazione di notevole confusione e conflittualità, al punto che qualcuno in riferimento alla divaricazione sempre più ampia e profonda tra dottrina della chiesa in materia di sessualità e comportamenti personali ha parlato di scisma sommerso. Assistiamo in effetti al moltiplicarsi di una serie di esperienze e pratiche sessuali da cui emerge urgentemente l’esigenza di nuove riflessioni e nuovi criteri di valutazione, non solo in riferimento al problema dei divorziati risposati ma a tutta una serie di altri problemi pratici e quotidiani che vanno dall’autoerotismo ai rapporti prematrimoniali, dalle convivenze ai matrimoni civili, dalle amicizie alle relazioni coniugali ed extraconiugali. Ciò implica un ripensamento radicale e sistematico della morale sessuale, oltre che matrimoniale e familiare, della chiesa. Sotto questo profilo un’eventuale intesa pratica, pastorale, sul problema dei divorziati risposati – senza ripensare teologicamente la dottrina morale della chiesa in materia di sessualità – penso non abbia molto futuro. Affidare d’altra parte la soluzione di problemi personali e relazionali tanto delicati e complessi come quelli citati solo al discernimento interiore e individuale, senza il coinvolgimento di una comunità che lo supporti, è sovraccaricare le coscienze di responsabilità troppo pesanti.

Al sinodo non resta quindi che imboccare la terza strada, per quanto lunga e faticosa: ripensare il valore in sé e non solo strumentale della sessualità e riformulare alla luce del vangelo e dei segni dei tempi nuovi criteri di valutazione e discernimento che siano più attenti agli ideali, ai valori, ai fini, in una parola al criterio del bene e alle cosiddette norme di atteggiamento, ma senza ignorare la necessità di formulare nuove norme di comportamento, di tracciare strade e percorsi più articolati e rispondenti al bene concreto e possibile delle persone e della società in cui viviamo. Non è stata forse questa la grande lezione profetica e sapienziale di Gesù, il quale nell’incontrare le persone ha sì richiamato profeticamente l’ideale delle origini, ma ha anche estratto dal suo tesoro di sapienza cose antiche e nuove quando si trattava di affrontare e risolvere concretamente problemi e dilemmi delle persone che incontrava sulla sua strada?

Link copiato negli appunti

Chiesa | Il Sinodo sulla famiglia

Ripensare la morale sessuale per ripensare il matrimonio

Ultimi articoli della categoria

Amoris laetitia, tre mesi dopo. Un’iniezione di speranza e responsabilità. Insieme

Amoris laetitia nelle diocesi. Don Gentili (Cei): il nuovo volto della pastorale familiare

Amoris laetitia, la difficile sfida di un discernimento illuminato in confessionale