Chiesa | DiocesiL’esperienza rimarrà impressa nella loro mente. La scelta è stata presa appena dopo la morte di Francesco in accordo con i genitori dei teenager
25 aprile 2025. Ore 23 e 30. Nel sottopassaggio di via di Porta Cavalleggeri, tra piazza del Santo Uffizio e via delle Fornaci, gli educatori di Piove di Sacco distribuiscono a una ventina di teenager le coperte termiche comprate da un genitore. Nella vigilia dei funerali di papa Francesco, il piano di questi ragazzi, venuti a Roma per il Giubileo degli adolescenti, non è poi così fuori dal mondo: passare la notte all’addiaccio per evitare il caos dei trasporti la mattina dalla fiera di Roma fino in Vaticano. Don Giuliano Piovan, vicario dell’unità pastorale di Piove di Sacco, racconta: «Appresa la notizia della morte di papa Francesco è venuta dai ragazzi questa idea. Abbiamo chiesto loro cosa ne pensassero e tutti e 22 hanno votato “sì” all’unanimità. Ci siamo poi rimessi ai genitori: se anche uno solo avesse detto di no, non l’avremmo fatto. Con nostra sorpresa hanno tutti detto di sì». Mentre i ragazzi accampati ricevono le attenzioni di un nugolo di giornalisti da tutto il mondo, si scopre presto di non essere soli: una famiglia di pellegrini delle Mauritius ha avuto la stessa idea. Poco distante, una coppia di clochard si prepara per la notte: per loro non è la prima notte, né sarà l’ultima. Matteo Durello, 15enne di Piove, riflette: «Per me la fede è tifo: non hai la certezza che qualcosa esista, ma ti fidi comunque di un futuro dopo la morte, seguendo così i propri principi e la speranza». Ci si mette a dormire, ma presto il freddo, la durezza del terreno, i rumori della strada ma soprattutto l’avere scoperto dagli agenti della protezione civile che il vicino ingresso a piazza San Pietro resterà chiuso, alle due ci si alza per trovare un locale aperto nel quale rifugiarsi. Google maps restituisce gli indirizzi di qualche night club, «meglio evitare», commenta don Giuliano, ma infine spunta fuori il McDonald’s di piazza Navona, aperto 24 ore su 24. Ci si incammina. All’altezza di Castel Sant’Angelo, dove inizia via della Conciliazione, i ragazzi scorgono centinaia di sacchi a pelo e pellegrini assiepati. Nessuno dorme, tutti cantano gli inni delle vecchie Gmg. Al McDonald’s di Piazza Navona il manager si intenerisce e apre il primo piano ai ragazzi di Piove. I più voraci ordinano hamburger e patatine, i più assonnati vanno di caffè. Si sonnecchia. Qualcuno gioca con il touchscreen del tavolino. Alle quattro ci si rialza e ci si incammina verso Castel Sant’Angelo. Dicono che apriranno i varchi alle cinque, ma si attende tutti in fila in piedi fino alle 6 e un quarto. Arriva l’alba romana, ed è foriera di una luce abbagliante, che accende San Pietro e via della Conciliazione. Sembra quasi di aver preso un aereo in pieno inverno per atterrare in un paradiso tropicale. Ci si avvicina a Piazza San Pietro, ma si rimane un po’ fuori, dove ci si può sedere sui gradini e seguire meglio dal maxischermo. «Meglio di così non poteva andare – racconta l’educatore Davide – i nostri ragazzi ricorderanno questo evento per tutta la vita, non c’è dubbio, soprattutto per come l’hanno preparato e vissuto». «È stata una notte di avventura – aggiunge don Giuliano – lo spirito di gruppo ha avuto la meglio». La piazza si riempie. Inizia il rosario. Don Giuliano distribuisce il libretto dei funerali stampato in parrocchia e spiega nel dettaglio una liturgia di non facile comprensione. Da lontano si scorge la bara di legno di papa Francesco e mons. Diego Ravelli che vi posiziona sopra il libro del Vangelo. A poche centinaia di metri dai potenti del mondo, i giovani di Piove ascoltano l’omelia del cardinale decano Giambattista Re. Verso la fine, quando tratteggia l’attenzione del papa verso i giovani, i poveri, i migranti e la pace, scrosciano gli applausi. «Papa Francesco ci ha sempre chiesto di pregare per lui – osserva Vittoria Longo – Il cardinale ha detto che ora è lui che dal cielo può pregare per noi». Mentre il feretro lascia piazza San Pietro la luce è accecante: la speranza non sembra un’esortazione distante e irreale, ma la strada più naturale per il futuro di questi ragazzi e della Chiesa.
