Idee1° maggio, Festa dei lavoratori Scioperano i metalmeccanici, i dipendenti universitari, i trasportatori. In Veneto e in Italia da mesi, molte categorie hanno incrociato le braccia. Il motivo? La metà dei contratti nazionali sono scaduti da tempo. La sicurezza salariale rilancerebbe l’economia anche interna. Sguardo positivo dal Veneto dove negli anni si sono create relazioni mature tra datori e sindacati
Sono scesi in strada il 9 aprile i lavoratori della Modine Cis di Torreglia, subito dopo aver saputo che l’azienda per la quale lavorano ha deciso di sospendere la produzione nel sito padovano e che chiuderà il 31 dicembre. A fine anno saranno senza lavoro in 34. A Marghera, il 16 aprile, lavoratrici e lavoratori del petrolchimico hanno scioperato per ricordare a Eni Versalis, la società che per il gruppo Eni segue il ramo della chimica, e alle istituzioni che «esiste anche Marghera». Un grande polo industriale in crisi e non avviato alla riconversione promessa. In stato di agitazione sono i metalmeccanici con un contratto scaduto a giugno 2024, molti settori del lavoro pubblico, il comparto dei trasporti. Il 12 maggio saranno in sciopero ricercatori e i tecnici delle università contro una riforma che, secondo i promotori delle manifestazioni aumenta, la precarietà e riduce le prospettive e le tutele. Sarà l’occasione per richiamare ancora una volta l’importanza del lavoro e del lavoro dignitoso la Festa 1° maggio di quest’anno, in un Paese nel quale oltre la metà dei contratti collettivi nazionali sono da rinnovare: «La priorità in Italia è l’emergenza salariale visto che da 30 anni i salari reali non crescono e che la fiammata inflattiva da profitti è stata scaricata sui redditi da lavoro e sulle pensioni – specifica Christian Ferrari, padovano, della Segreteria nazionale della Cgil – Negli ultimi dieci anni i redditi reali sono scesi dell’8,7 per cento riducendo il potere d’acquisto e rendendo poco utile la crescita anemica di cui parla il Governo. La guerra commerciale di queste settimane non aiuterà a rilanciare la domanda interna».
Centrale, secondo Ferrari, rinnovare i tanti contratti collettivi nazionali che sono fermi: «Non solo per ragioni sociali, ma anche perché il rilancio dei salari contribuisce a rilanciare l’economia favorendo la domanda interna». Tanti i tavoli ai quali parti sociali, istituzioni e imprese dovrebbero confrontarsi per rinnovare i contratti scaduti. «Fermo è il contratto dei metalmeccanici, incerta la situazione di molte posizioni nel settore terziario, difficile una prospettiva per il rinnovo del contratto dei lavoratori pubblici, circa tre milioni di lavoratrici e lavoratori a cui il governo riconosce un aumento di solo un terzo dell’inflazione accumulata, il 6 per cento a fronte di un aumento dei prezzi del 17 per cento. Si tratta di rischiare di impoverire in modo strutturale milioni di famiglie. Tanto più che per molti settori, penso in particolare al comparto scuola, università e ricerca, i salari italiani sono già molto più bassi di quelli di altri Paesi europei. Si parla sempre più di lavoro povero, di un problema che da retributivo diventa esistenziale, perché si scarica sui giovani che cercano una dignità che oggi il mondo del lavoro non garantisce».
A questo tema il delegato della Cgil lega anche quello dell’emigrazione che priva l’Italia di migliaia di giovani formati e preparati che “regaliamo allo sviluppo di altri paesi”: «Dobbiamo riaffermare la regola del contratto stabile a tempo indeterminato, mentre oggi su centro contratti 80 non sono standard ma ricadono in diverse tipologie. Inoltre va introdotto per legge il salario minimo contrattuale». Se preoccupa la situazione generale, Christian Ferrari sottolinea la forza del sistema Veneto, che ha saputo affrontare meglio di altri le difficoltà anche recenti. «In Veneto si sono costruite da tempo, anche nelle piccole imprese artigianali, relazioni mature tra datori di lavoro e rappresentanze sindacali e ci sono tutti gli strumenti per anticipare e reagire alle difficoltà, come abbiamo visto in epoca Covid. Problemi li pone piuttosto il “lavoro nero”, sommerso e illegale con forme di sfruttamento e caporalato, in particolare nell’agricoltura, che sono presenti anche nella nostra regione».
Un’attenzione particolare al mondo dei contratti somministrati (tipologia contrattuale introdotta nel 2003 e disciplinata dal 2015 per sostituire il lavoro interinale) l’ha maturata in Veneto la Felsa Cisl (Federazione lavoratori somministrati autonomi atipici), che proprio per il loro non essere inquadrati con contratto stabile presso un’impresa rischiano di essere anello debole: «Sono lavoratori più soggetti alle fluttuazioni di mercato in quanto non sono dipendenti direttamente di un’azienda», sottolinea Andrea Padoan segretario generale aggiunto Felsa Cisl Veneto. Se nel 2023 in Italia sono stati oltre un milione i lavoratori che hanno attivato contratti di somministrazione, preoccupa per Padoan l’incidenza della percentuale di giovani coinvolti: «Oggi la somministrazione coinvolge per il 32,4 per cento giovani tra i 25 e i 34 anni, e 20,9 per cento quelli tra i 15 e i 24. La componente femminile, nel 2024, ha raggiunto la soglia del 41,4 per cento sul totale dei somministrati. Se il contratto somministrato può rappresentare un canale di accesso al lavoro, diventa un problema quando non si trasforma in qualcosa di più solido». I dati di Veneto Lavoro e Inps, elaborati dalla Fondazione Corazzin, rilevano che nella provincia di Padova i contratti di somministrazione sono scesi al 13,19 per cento delle assunzioni, la percentuale più bassa in Regione, meglio di Vicenza (19 per cento), Treviso (18 per cento) e Venezia (15 per cento). Il 46 per cento dei lavoratori è impegnato nei settori industria mentre il 53 per cento nei servizi e nella logistica. «In Veneto chi ha professionalità riconosciute non ha difficoltà a ricollocarsi, penso a saldatori e addetti alla carpenteria, anche dopo il fallimento di un’azienda. La stragrande maggioranza delle persone che ricorre a questi contratti sono addetti e addette alle produzioni in linea, con un’età matura, espulse da settori, come il tessile e quello della gomma-plastica». Quale quindi il ruolo del sindacato? «L’obiettivo deve essere la stabilizzazione. Spesso le aziende invece vedono solo l’estrema flessibilità dei contratti e tendono a sfruttare al massimo la possibilità di prolungare periodi di prova senza vincoli diretto con i lavoratori perché le controparti sono le agenzie».
“Il lavoro: un’alleanza sociale generatrice di speranza” è il titolo del messaggio dei vescovi per la Festa dei lavoratori di quest’anno. Un titolo che riprende il tema della speranza scelto come guida per l’anno giubilare e che vuole richiamare la responsabilità dell’intera comunità civile rispetto alla necessità di trovare nell’occupazione non solo un’entrata economica che sempre più spesso non è adeguata a costruire una prospettiva, ma anche la possibilità di costruire futuri possibili. «Se il dato statistico sulla disoccupazione, in forte calo, potrebbe spingere all’ottimismo – scrivono i vescovi – sappiamo invece che dietro persone formalmente occupate c’è un lavoro povero». Un richiamo poi i vescovi lo fanno alla sicurezza sul lavoro, «la cui mancanza fa ancora tante vittime». Molti dei temi suggeriti verranno ripresi nell’incontro promosso – il 6 maggio, alle 18.30, al Fenice Energy green park, lungargine Rovetta a Padova – dall’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Padova. «In quest’anno giubilare proponiamo un’esperienza formativa e spirituale per tutti, un cammino in quattro tappe rispetto alle quali il lavoro ha bisogno di essere “liberato”, per ritrovare la dimensione positiva che deve essere centrale nell’esperienza lavorativa. Ci soffermeremo come cercatori e costruttori di un lavoro che sia alleanza sociale capace di generare speranza», anticipa suor Francesca Fiorese, responsabile dell’Ufficio diocesano. Le quattro tappe saranno dedicate all’ambiente – che “paga” il nostro modello di sviluppo e che dopo anni di attenzioni viene subito dimenticato nei momenti di difficoltà – alle relazioni che generano benessere nelle aziende, come sarà ricordato da testimonianze di imprenditori, alla creatività per ricordare che l’innovazione è necessaria e può e deve aiutare a migliorare la vita dei lavoratori, e infine alla legalità, con una testimonianza di un sindacalista passato dall’esperienza del lavoro in strada come venditore ambulante, perché c’è ancora da lottare contro le ingiustizie e lo sfruttamento. L’intervento del vescovo di Padova mons. Claudio Cipolla sarà centrato sul tema della giustizia nel mondo del lavoro. Per chi desidera, l’evento si propone come esperienza formativa e spirituale a completamento delle azioni per ricevere la grazia giubilare (indulgenza) come riportato anche nella pagina del sito diocesano https://giubileo2025.diocesipadova.it/la-grazia-giubilare/ L’incontro, possibile grazie all’ospitalità dell’Interporto di Padova che ha messo a disposizione il parco Fenice, sarà chiuso alle 20.30 circa da un momento conviviale-informale offerto dalla generosità dei soci di Coldiretti-Campagna amica.
Il soffitto di cristallo persiste: le donne affrontano disparità di genere in ruoli apicali, retribuzioni e stereotipi che limitano l’accesso equo al lavoro. Per contrastare ciò, Fòrema, società di formazione e consulenza aziendale padovana, con il supporto di enti istituzionali, guida il progetto KPI4SIS, offrendo 130 corsi gratuiti alle Pmi venete per ottenere la certificazione sulla parità di genere. «Secondo i numeri che abbiamo raccolto, in Veneto i siti aziendali che si sono certificati sono oltre 2.500, nel 2023 erano 800 – spiega il responsabile Roberto Baldo – Nel Padovano le aziende sono circa 500; nel Vicentino oltre 300 come a Verona; nel Veneziano siamo quasi a 700». Il progetto mira a promuovere modelli organizzativi più inclusivi e sostenibili, con vantaggi concreti per le imprese. I corsi, online e in presenza, sono rivolti a figure chiave aziendali: i webinar formativi sono iniziati dal 16 aprile. Info su www.forema.it
Il mercato del lavoro veneto ha aperto il 2025 con un saldo positivo di più 21.300 nuove posizioni lavorative dipendenti, pur segnando un arretramento rispetto allo stesso periodo del 2024, quando il bilancio registrava più 28.700 unità. I dati sono stati diffusi dalla Bussola di Veneto Lavoro.
Oltre 69 milioni le ore di cassa integrazione autorizzate in un solo anno: lo rileva l’osservatorio veneto della Cgil, segnalando un incremento del 36 per cento rispetto ai 51 milioni del 2023. Nei dati presentati dal sindacato lo scorso mercoledì 16 aprile emerge che le province più colpite sono Rovigo, con un più 58 per cento, e Padova con un più 56 per cento. Particolarmente in crisi i settori moda e automotive, per i quali il sindacato sollecita interventi urgenti di rilancio da parte delle istituzioni. Anche il commercio subisce contraccolpi, con riduzione del reddito spesso inferiore ai 900 euro mensili. A oggi sono 221 le imprese venete che hanno presentato istanza per la composizione negoziata della crisi, strumento che permette di evitare la liquidazione giudiziale garantendo una maggiore tutela per i lavoratori. Tra i casi più rilevanti Coin e Progest.
«Nel 2017 facevamo 60-70 fermate al giorno, oggi la media è di 130- 150». È solo una delle testimonianze raccolte nella mattina di venerdì 18 aprile all’esterno del centro di smistamento e distribuzione Amazon di Vigonza, dove numerosi driver hanno incrociato le braccia per denunciare condizioni di lavoro sempre più dure a cui si aggiungono pressioni crescenti al minimo ritardo e sicurezza alla guida che viene meno dopo turni senza sosta. Lo sciopero ha coinvolto circa 500 corrieri dipendenti da sei diverse società in appalto con il colosso americano dell’e-commerce e i lavoratori consegnano pacchi ogni giorno nelle province di Padova, Vicenza e Treviso. La nota di Amazon: «Lavoriamo a stretto contatto con i nostri fornitori per definire insieme obiettivi realistici, che non mettano pressione su di loro o sui loro dipendenti».
