Idee
Volontariato. La reciprocità non è aiuto, ma scambio
Con la reciprocità, il volontariato supera i limiti individuali: ogni gesto è così un’esperienza di crescita comune.
IdeeCon la reciprocità, il volontariato supera i limiti individuali: ogni gesto è così un’esperienza di crescita comune.
Reciprocità: una parola ricca, che esprime soprattutto uguaglianza a partire dal rapporto dinamico di parità che collega nella stessa forma o nella stessa misura i rapporti esistenti fra due soggetti. In filosofia la reciprocità viene definita come il rapporto fra due entità, in quanto ciascuna di esse agisce sull’altra. Nel diritto internazionale, invece, consiste nella politica di reciprocità, quella che subordina eventuali agevolazioni ad altri Stati ad analoghe concessioni da parte degli Stati stessi. In fisica: teoremi di reciprocità (o principi di reciprocità), enunciati che stabiliscono corrispondenze tra coppie di grandezze o tra fenomeni.
È un valore fondativo, assoluto, rivoluzionario, quello della parola reciprocità, una parola che sta alla base del volontariato. «Crediamo nella generazione di un benessere collettivo che scardini le gerarchie: tra chi aiuta e chi è aiutato, tra chi può e chi non può, tra chi ha bisogno e chi risponde al bisogno. Le relazioni positive tra le persone costruiscono comunità solidali» afferma la presidente di CsvNet, Chiara Tommasini, spiegazione che trova riscontro nell’analisi del teologo Massimo Naro: «Reciprocità è solidarietà, prossimità, vicinanza, incontro, dialogo, oltre che cifra del rapporto tra uomo e donna. È la grammatica dell’esistenza umana, la regola aurea della vita in relazione con gli altri. Le sue metafore sono il cammino e l’abbraccio». Volontariato e reciprocità, infatti, sono nello stesso contesto e ben lo spiega Marinella Mantovani, vice presidente del Centro servizio volontariato di Padova e Rovigo: «Fare volontariato significa comprendere il valore della reciprocità. È una gioia che nasce da dentro, è l’essere parte integrante di un progetto condiviso più grande. Il volontariato fa bene a chi lo riceve ma anche a chi lo fa, nasce da una necessità individuale, quella di essere utili, e si sviluppa soprattutto all’interno delle relazioni. Lì sta il suo valore. Viviamo in un mondo in cui siamo soggetti liberi ma soffriamo l’assenza di legami, di relazioni – lo vediamo tutti i giorni noi che facciamo volontariato – ma le persone hanno bisogno di stare insieme e di relazionarsi. La reciprocità si sviluppa all’interno delle relazioni e non contempla un atteggiamento gerarchico, ma un rapporto paritario. Quello del volontariato è un impegno libero, gratuito, fatto con il cuore e necessita di un rapporto paritario: non è un dare, ma uno scambio continuo; è una relazione che arricchisce tutti, è nell’azione del volontario che si realizza la reciprocità». Che sia l’azione, il mettersi in gioco come volontari lo sottolinea la presidente dell’associazione Anziani a casa propria, Meri Scarso: «La reciprocità è una grande ricchezza. Noi entriamo in casa delle persone e si apre un mondo di ricordi, di racconti, che diventano condivisioni. È questa l’esperienza di reciprocità che vivo io oggi e che mi dà l’entusiasmo per continuare a fare questo tipo di volontariato che sta dentro alle relazioni, ai rapporti, e crea relazioni alla pari nate dall’ascolto. È una ricchezza che ricevo in una relazione di scambio reciproco e anche una grande opportunità. Ricordo il caso di una ragazza ipovedente che stava vivendo un periodo difficile e siamo stati contattati dalla sua terapista per trovare insieme come aiutarla. Tra i nostri volontari c’è un ipovedente, un uomo attivo, entusiasta, aperto al mondo: si sono incontrati e da un anno lui è l’affidatario. Una storia importante che ci dice come non è il bisogno che identifica una persona, ma è la relazione, la capacità di fare del proprio deficit un’opportunità, un’occasione per aiutare l’altro, di generare una risposta. Noi viviamo questa dimensione della reciprocità e anche nel limite c’è una possibilità, anche nel vivere le stesse difficoltà. Non è il limite che impedisce la reciprocità, se vai oltre il bisogno e ti metti in gioco diversamente riesci a creare una relazione alla pari. Siamo tutti esseri umani con la nostra storia e se siamo coraggiosi ci mettiamo in gioco».
La reciprocità è un equilibrio tra dare e ricevere, sostiene Giorgio Silvestrin, presidente dell’associazione Gioca con il cuore: «Un equilibrio silenzioso. Noi offriamo il nostro tempo, la nostra energia, la nostra gioia e riceviamo sorrisi, gesti di affetto, momenti di spensieratezza, risate. Il nostro compito è quello di regalare momenti di spensieratezza ai bambini ricoverati e alle famiglie che seguono i bambini, perché dietro a un bambino malato ci sono sempre due persone che sono malate di una malattia incurabile che è la paura. Seguendo i bambini nel fine vita affrontiamo una situazione difficile però nello stesso momento in cui diamo, ci consegnano un insegnamento inestimabile sulla forza dell’animo umano, sulla resilienza che abbiamo imparato a conoscere, sul valore della vita. La reciprocità non è necessariamente tangibile, ci arricchisce di animo; noi come clown doniamo risate, ma spesso siamo noi che veniamo trasformati dal coraggio di questi bambini. Viviamo quotidianamente connessioni umane, legami che vanno oltre le parole, fatti di sguardi, di rispetto profondo. Il grazie di una madre che perde il figlio riempie l’anima e ci gratifica per ciò che facciamo anche quando il sorriso ci costa molta fatica e portiamo a casa moltissimo peso soprattutto quando un bambino ci lascia». E infatti la reciprocità, come sottolinea Mantovani, «è un filo che tiene uniti tutti i volontari in un rapporto in cui ciascuno dà ciò che riesce a dare e questa reciprocità non si misura nei numeri ma nella gratitudine che si riceve nel dare, nel condividere le esperienze; ognuno mette a disposizione ciò che ha e lì diventa un rapporto alla pari nell’azione quotidiana. Il volontario crede in una comunità solidale ed è quello che lo muove: il credere in un progetto più grande per cui portare il proprio contributo».
Pittura, fotografia, scultura, street art, arte digitale, disegno, musica, performance, installazioni, videoarte. È attraverso questa molteplicità di forme ed espressioni che si esprime la reciprocità nell’arte contemporanea. Le opere prodotte con tecniche e linguaggi interdipendenti creano un clima di reciprocità tra autore e fruitore che consente un rapporto alla pari. Banksy, uno dei maggiori esponenti della street art che mantiene l’anonimato, crea un’arte per tutti e denigra ogni sua mercificazione. Le sue opere si trovano sui muri di mezzo mondo offerte agli sguardi di tutti con l’obiettivo di interagire, creare pensiero, in una relazione di reciprocità. Basti pensare alla sua colomba con giubbotto antiproiettile e ramo d’ulivo nel becco, «emblema di un’arte che lotta contro la violenza con immagini potenti, ironiche e immediate» simbolo della mostra “Peace on earth” (pace sulla terra) visibile ad Assisi fino al 2 novembre in un dialogo ideale che restituisce all’arte il suo valore collettivo, depurato dal superfluo.