Ecco che un vostro fratello, un amico, un compagno di strada dei tempi passati o dei tempi che verranno, è diventato vescovo della Chiesa di Dio che vive e compie la sua missione nel territorio della Diocesi di Vittorio Veneto. In questo momento non ringrazio il Signore per quello che sono diventato. Non lo faccio perché non so bene cosa mi aspetta da qui in avanti. Lo so in teoria, per quello che ho visto negli altri o per quel che ho letto: cosa voglia dire effettivamente essere vescovo, lo imparerò cammin facendo. Ora ringrazio Dio per avermi creato, fatto cristiano, chiamato a servire la Chiesa come prete; per avermi conservato, custodito e sostenuto fin qui attraverso la bontà e la pazienza di tante persone, molte delle quali sono qui presenti, a cominciare dalla mia famiglia e dagli amici. Spero di avere buoni motivi per ringraziarlo di avermi affidato il ministero di vescovo a Vittorio Veneto quando, alla fine di questa vita terrena, mi troverò di fronte a lui.
So che il compito principale del vescovo, in quanto inviato da Gesù Cristo, è annunciare il Vangelo, celebrarlo e viverlo nella e con la Chiesa che gli è affidata e alla quale, allo stesso tempo, è stato affidato. Per annunciare, celebrare e vivere il Vangelo bisogna conoscerlo. Conoscere il Vangelo significa incontrarlo, perché il Vangelo, la “buona notizia”, è in definitiva la persona di Gesù Cristo. Io, come ogni cristiano, ho incontrato e incontro questo Vangelo ascoltando le parole della Bibbia, celebrando la messa, pregando. Come ogni cristiano, l’ho incontrato e lo incontro nei volti delle persone con le quali condivido il fatto di essere a questo mondo, cosa spesso affascinante, tante volte (troppe volte) accompagnata da sofferenze difficili da sopportare e persino da descrivere. Ho incontrato il Vangelo e lo incontro nei vostri volti, nelle vostre storie: nelle vostre attese, nella generosità di quanti sono venuti qui da Padova, da Roma, da altri luoghi più o meno lontani. Incontro il Vangelo nella vostra gioiosa e paziente partecipazione a questo momento. Lo incontro in chi soffre, in chi è messo ai margini, in chi vede non riconosciuta la dignità che gli è propria in quanto essere umano. In chi non si stanca di sperare e di donare speranza. Lo incontro – spero di incontrarlo – anche nelle persone che hanno responsabilità nella vita sociale, nel governo e nell’amministrazione della cosa pubblica: le saluto e le ringrazio di essere qui. Incontro il Vangelo anche nella perplessità di qualcuno che, conoscendomi, si starà chiedendo: «Sarà in grado, Riccardo, di rispondere con i fatti, non solo a parole, alle nove domande che gli sono state fatte prima dell’imposizione delle mani?». Suppongo che anche i miei genitori, Gino e Renata, lassù si stiano chiedendo la stessa cosa. Pregate, in ogni caso, perché sia fedele al «sì lo voglio» con il quale ho risposto a quelle nove domande. Immagino che, sempre lassù, anche i miei genitori, i nonni e gli zii, assieme a don Martino Bassani, a don Pierluigi Barzon e a don Gilberto Ferrara, stiano pregando con la medesima intenzione, associandosi alla preghiera materna della Madre di Dio, la Beata Vergine Maria.
A tutti voi dico grazie per il Vangelo che siete e che mi donate. Lo accolgo con senso di responsabilità, pronto a farlo circolare tra le persone con le quali e per le quali ora sono chiamato a vivere e a svolgere il ministero episcopale. So che dentro e fuori di noi c’è anche qualcosa che si oppone al Vangelo: ci sono paure e chiusure antievangeliche. Ma il Vangelo, la buona notizia che è Gesù, è più forte di ogni “anti-vangelo”. (…)
Saluto e ringrazio tutti voi… perdonatemi se non faccio lunghi elenchi, ma ci sono alcune eccezioni. La prima è per papa Francesco di felice memoria: confidando nella sua intercessione, ora che ha raggiunto la meta, lo ringrazio per la fiducia che ha riposto in me e, allo stesso tempo, confermo l’obbedienza che ho espresso poco fa all’attuale vescovo di Roma, a papa Leone XIV, il successore dell’apostolo Pietro. La seconda è per la Chiesa di Padova, il vescovo Claudio e il vescovo Antonio, il Seminario con la sua Biblioteca, la Facoltà Teologica, i miei compagni di ordinazione, tutto il presbiterio, la parrocchia di Fellette e il suo parroco, don Teresio, le parrocchie che mi hanno accolto nel corso degli anni. La terza eccezione è per un grande grazie alla comunità con la quale ho vissuto, gioito – in qualche occasione patito (penso al Covid e non solo) – dall’ottobre 2019 a oggi. La quarta eccezione è per l’Associazione teologica italiana, una comunità di persone che è stata ed è tanto importante nell’aiutarmi a pensare e a vivere la fede. La quinta per un saluto pieno di gratitudine al vescovo Corrado che dal Brasile, dove vive ora la sua missione, si unisce alla nostra preghiera. Infine – sesta e ultima eccezione – un grande grazie a tutti coloro che, assieme a mons. Martino Zagonel, tanto hanno fatto nei mesi scorsi anche per accompagnare nel migliore dei modi la Diocesi all’accoglienza del nuovo vescovo (…). Non ho altro da dire, per ora, se non ricordarvi che per quanto la vita possa essere complicata, e spesso lo è, abbiamo un punto di riferimento per non sentirci disorientati. È Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio: è lui la nostra pace, la nostra speranza.
«Vi ringrazio perché siete qui non solo per simpatia o amicizia ma come segno della comunione tra le Chiese, tra le diverse Diocesi dalle quali venite – a detto il vescovo Riccardo ai fedeli presenti a Vittorio Veneto – L’ordinazione di un vescovo è, fin dall’antichità, uno dei momenti in cui si esprime con maggior evidenza la comunione, l’unità delle Chiese locali nella fede e nell’amore. Segno di questa comunione sono in particolare i vescovi presenti. Fra loro, un grazie particolare va al patriarca Francesco che ha avuto la bontà di ordinarmi proprio nel giorno del suo compleanno. Alla Chiesa di Dio che è in Vittorio Veneto (…) ai religiosi e alle religiose, ai giovani, alle famiglie, agli anziani, il mio grazie per la fiduciosa simpatia con la quale mi avete atteso e accolto».
«Vescovo e Chiesa: l’uno non esiste senza l’altra e viceversa, perché vescovo e Chiesa costituiscono un’unione sponsale»: così, mons, Francesco Moraglia, nell’omelia dell’ordinazione di mons. Battocchio. «Caro vescovo Riccardo, il vescovo è là dov’è la Chiesa; cara Chiesa di Vittorio Veneto, la Chiesa è là dov’è il vescovo. (…) Oggi la Chiesa – in un contesto crescente di secolarizzazione – ha bisogno di pastori che abitino la carità di Cristo, cioè che preghino, che guardino ai poveri, agli umili, a quelli che hanno smarrito il senso della vita. Carità materiale e spirituale ma, anche, carità della verità. La Chiesa oggi ha bisogno di testimoni che, con la loro vita, dicano la bellezza della fede. Anche questo è un modo di trasmetterla, poiché fede non vuol dire uniformità ma neanche fermarsi a generiche, facili e scontate affermazioni antropologiche a prescindere dalle promesse battesimali».