C’era una volta una città d’acque con le sue riviere, i suoi ponti e i suoi mulini; poi arrivarono la modernità, le auto e l’asfalto, e il Naviglio interno scomparve. Ma non del tutto. Pietro Casetta, geografo e giornalista, ma soprattutto autore appassionato di storia urbana di Padova, ne racconta la parabola nel libro Il Naviglio sepolto di Padova (Tracciati editore, 2025), una guida artistica e architettonica che è anche un’indagine storica e civile. Presentato il 10 giugno a Palazzo Moroni, il volume è insieme memoria e mappa, denuncia e proposta. Perché quel corso d’acqua rimosso in nome del progresso urbano è ancora in qualche modo parte di noi, con le sue tracce e qualche promessa di rinascita. «Padova ha barattato la sua natura di città d’acqua con l’ebbrezza della velocità, che poi si è rivelata una mera illusione» spiega Pietro Casetta.
In effetti, il tombinamento del Naviglio interno, deliberato per la prima volta nel 1955 dal Consiglio comunale all’unanimità, fu giustificato in nome dell’igiene e del traffico. Ma anche – come svela il libro – per interessi speculativi e pigrizia progettuale. Le riviere, allora maleodoranti per la mancanza di fognature, vennero viste come relitti malsani da sacrificare. Molti non approvarono ma tacquero: solo in pochi si opposero, come l’Università e Il Gazzettino. Il libro è diviso in due parti. La prima ripercorre con rigore documentario la storia del Naviglio e della sua scomparsa, dalle origini medievali al Novecento delle promesse mancate e delle speculazioni edilizie. Casetta, già autore di studi e libri sulla storia e l’architettura cittadine, indaga con passione il fallimento di un’idea di città, quella di fare di Padova “la Milano del Nordest”, con un tono a tratti amaro ma sempre lucido: «Il Naviglio oggi non c’è più; a nessuno piace ma va accettato». La seconda parte del libro traccia un itinerario urbano tra le riviere sepolte, con descrizioni puntuali di edifici, palazzi, lapidi, resti di mura e dettagli artistici spesso invisibili persino per il passante più esperto.
Si cammina lungo la corrente perduta seguendo le tracce architettoniche lasciate ai margini della storia, ed è qui che la guida si fa mappa emozionale: Casetta non si limita a indicare cosa guardare, ma invita a vedere ciò che è stato dimenticato, a leggere il tessuto urbano come stratificazione di ferite e resistenze. Ci sono scorci salvati (come la Conca delle Porte Contarine) ed esempi di recupero (il recente “stombinamento” in via 58° Fanteria), ma anche segni d’arte contemporanea che cercano un dialogo col passato: come Il Fendente di Alberto Biasi, scultura in acciaio che sembra tagliare il tempo come un solco nel cemento, e l’Aps Secret Garden Park, l’ex Garage Europa divenuto nel 2023 una vera e propria galleria d’arte con le opere permanenti di importanti street artist. Il Naviglio sepolto di Padova è più di una guida: mette a nudo una città non solo nei suoi monumenti, ma anche nelle sue brutture e nelle sue assenze. Non a caso Casetta dedica ampio spazio alle contraddizioni: edifici “moderni” che soffocano palazzi storici, stemmi murati su condomini speculativi, lapidi che parlano di un passato glorioso perennemente minacciato dall’oblio. Quella raccontata dal volume è la storia di un lutto mai davvero elaborato, ma anche di una memoria che può ancora essere generativa. Con il Naviglio che diventa metafora della Padova che non c’è più, ma anche di quella che può ancora scoprirsi generativa. A riaprire il dialogo con l’acqua non saranno solo gli stombinamenti – come quello citato del canale Alicorno, la cui inaugurazione è annunciata proprio per i prossimi giorni – ma la capacità di guardare con occhi diversi l’ambiente che abitiamo.
Una guida non guida di Padova, un viaggio attraverso la città per riscoprire storie dimenticate ma straordinarie, trame e segreti della Padova d’un tempo: questo è Padova fantastica la guida in italiano e inglese edita dalla casa editrice Peacock, con testi di Grazia Guarnierie e illustrazioni di Giulia Lazzaron che trasformano la città in un mondo fantastico.