Idee
Dedalo è un personaggio tra i più affascinanti della mitologia greca. Era un inventore, architetto e scultore originario di Atene ed è celebre soprattutto per aver costruito il Labirinto di Creta, dove venne rinchiuso il Minotauro e dove fu imprigionato lui stesso, con il figlio Icaro. Per fuggire, costruì delle ali di cera e piume. Quelle ali che poi furono fatali a Icaro: questi, avvicinandosi troppo al sole, fece sciogliere la cera e cadde nel mare.
Dedalo è il nome di un progetto, un osservatorio permanente promosso dalla Fondazione GiGroup in collaborazione con l’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, ZeroNeet di Fondazione Cariplo e la Fondazione Compagnia di San Paolo. Lo scopo del progetto è quello di monitorare il fenomeno dei Neet (l’acronimo sta per “Not in Education, Employment or Training” e indica quelle persone, giovani – la fascia di età + quella tra i 15 e 34 anni –, che non studiano, non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione) offrendo dati, analisi e buone pratiche utili a sviluppare strategie efficaci di intervento. Esiste una piattaforma dedicata che raccoglie informazioni utili per istituzioni, ricercatori e operatori sociali interessati al tema.
Dei Neet si parla ogni tanto, forse troppo poco se si considera che in Italia si tratta di oltre 2 milioni di persone e il dato è tra i più alti in Europa (l’Italia è seconda solo alla Romania). Per gli esperti il fenomeno rappresenta una situazione esplosiva, capace di generare ricadute negative su tutta la società.
Il problema sembra quello di investire sui giovani, di dare loro – ecco Dedalo – delle ali per prendere il volo. Secondo Alessandro Rosina, demografo e docente all’Università Cattolica di Milano non investire nei giovani crea un senso di abbandono e sfiducia nelle istituzioni, alimentando le disuguaglianze e compromettendo il futuro del Paese. Il fenomeno, tra l’altro, non è solo economico, ma coinvolge anche aspetti sociali e culturali.
Studiare i Neet è il primo passo per comprendere il fenomeno e cercare qualche soluzione. Così Dedalo parte dalle analisi e – spiega Rossella Riccò, responsabile Centro Studi Fondazione Gi Group – la prima cosa da considerare riguarda l’eterogeneità dei giovani coinvolti. Alcuni sono segnati da malattia o disabilità, altri si trovano nella condizione di dover sopportare pesi familiari, alcuni sono “in transizione”, cioè prossimi ad uscire dalla loro condizione, mentre una buona percentuale (l’osservatorio parla dell’11,8% degli oltre 2 milioni censiti nel 2024) è da considerare “scoraggiati”, cioè convinti di non trovare un lavoro adeguato o di non trovarlo affatto e quindi non lo cercano più.
Dedalo ha già raccolto molte informazioni, anche sulle differenze maschi-femmine e soprattutto sulle cause del fenomeno che – spiega Rosina – vanno dall’abbandono scolastico a motivi economici, familiari e sociali, ma che hanno tra i nodi principali il problema dell’orientamento che non aiuta giovani studenti a scegliere la propria strada, così come lo scollegamento tra scuola e lavoro.
Sono temi ben noti, e difficili da affrontare efficacemente. Anche questo è uno degli obiettivi di Dedalo: trovare soluzioni. A partire dal rafforzamento del rapporto scuola-mondo del lavoro; dal legame tra obbligo scolastico e titolo di studio riconosciuto; dal potenziamento dell’istruzione terziaria e dalla lotta alla dispersione scolastica.
L’obiettivo dell’Ue per il 2030 è arrivare al 9% di Neet (oggi la media è l’11%). L’Italia ha parecchio da fare.