Debutta ad agosto con le prime tappe venete – il 13 a Lusiana Conco, il 28 a San Donà di Piave e il 30 a Padova – il nuovo spettacolo Nell’aria alta che porta sullo stesso palcoscenico l’attore e scrittore Vasco Mirandola e il musicista Sergio Marchesini. Trasposizione scenica dell’omonimo album pubblicato lo scorso giugno con Caligola Records, il lavoro teatrale è il più recente tassello di una collaborazione tra i due artisti padovani iniziata nel 2010 con lo spettacolo omaggio ad Alda Merini, una collaborazione sempre orientata alla ricerca del dialogo tra poesia e musica, operazione diventata proprio la cifra caratterizzante delle loro realizzazioni. Con il nuovo concerto poetico – così definito proprio per la combinazione di versi e melodie – Mirandola e Marchesini desiderano affrontare e condurre il pubblico nelle storture del mondo d’oggi attraverso la relazione in questo caso anche con gli oggetti realizzati dallo scenografo veneziano Marcello Chiarenza.
Lo spettacolo e l’album nascono anche dalla volontà di entrambi di dare vita ad una traccia del vostro sodalizio, attraverso la quale mostrare il caleidoscopio di tinte del contemporaneo.
Mirandola: «Collaborando con la cantautrice Erica Boschiero abbiamo già trattato in passato il tema dei cambiamenti climatici ma pensiamo sempre a come raccontare il nostro momento storico, pur riconoscendo la difficoltà a trovare le parole. Le poesie presenti nel nuovo spettacolo sono prevalentemente tratte dal mio libro C’è urgenza d’azzurro che inizia proprio con la visione grigia di una nube tossica che ci sta sconvolgendo e dalla quale sentiamo il desiderio di uscire. Nello spettacolo c’è tutto il fermento che ci invade, dall’impossibilità di rimanere inerti davanti all’angoscia e alla tristezza pervadenti fino alla ricerca – grazie alla poesia che colora lo sguardo – del lato umano, laddove rimasto, per scoprire così dove poterci dare ancora delle possibilità». Marchesini: «L’album nasce dalle poesie di Vasco, dalle quali volevamo poi inventare dei paesaggi sonori con delle musiche a sostegno del testo. Anche nello spettacolo ogni brano è un quadretto a sé, che viene poi raggruppato coerentemente per sezioni così da parlare prima del buio e poi della luce; dopo la parte anche musicalmente scura incentrata sulla ferita del moderno – rappresentata dalla guerra, dalla crisi climatica e dalla coscienza collettiva che sembra smarrita – si riemerge con un filone più giocoso. Attraverso l’elettronica, inoltre, richiamiamo sul palco la sezione presente nell’album ispirata al mondo arabo, nata dalla mia collaborazione in un progetto in Iraq con dei musicisti, alcuni dei quali hanno registrato lì delle parti. È un pezzo che ci piace e contiene un brano molto forte».
La contaminazione tra la poesia e musica – centro della vostra ricerca congiunta – trova linfa anche dalle esperienze condotte nei rispettivi percorsi lavorativi, scrittore e attore (Mirandola ha recitato, ad esempio, nel film Mediterraneo di Gabriele Salvatores ndr.) e compositore di colonne sonore (Marchesini ha lavorato con il regista Andrea Segre ndr.).
Mirandola: «Il teatro offre la possibilità di rendere spettacolo anche ciò che potrebbe non esserlo come la poesia, la cui richiesta negli ultimi anni è aumentata nel pubblico diventando, grazie alle nuove forme datele dai giovani, anche più concertabile. È un linguaggio che probabilmente riesce nel suo non dire a comunicare quel qualcosa che altrimenti non riusciamo a definire, lasciando uno spazio a chi l’ascolta dove mettere le proprie emozioni. Come la musica, la poesia certamente non serve a cambiare il mondo ma ci aiuta a vederlo in un altro modo, per tenere presente insomma il nostro lato umano. Se riusciamo con essa a muovere delle emozioni, certamente è ancora utile. Come suggeritomi dalla coreografa Silvia Bugno con cui ho collaborato per questo spettacolo, la poesia ci dà una nuova angolazione di visione sul mondo per provare a decifrare qualcosa e a capirlo meglio: ecco il significato del titolo Nell’aria alta». marchesini: «Nelle mie esperienze lavorative, ho affrontato spesso il tema del rapporto tra vari linguaggi e la musica, che deve imparare a non pensare di dire tutto in modo da scoprire di poter aggiungere diversi livelli di significati. La musica, dunque, può diventare un sottotesto o un esaltatore di un messaggio portato da altri, magari andandogli in contrasto. Questo è un lavoro sempre richiestomi dai registi con cui ho collaborato vista la loro ricerca, a differenza della generazione precedente, di una musica che interagisca in maniera meno invadente con ciò che succede rispetto alle composizioni di Morricone, ad esempio, da sole in grado di comunicare al pubblico i sentimenti da provare. È una lezione che ho portato anche in questo album, anche se non mancano momenti più musicali e strumentali».
Con questo bagaglio di esperienze siete dunque pronti a intraprendere questa nuova avventura teatrale, tra la consapevolezza dell’importanza dell’arte e i desideri di lasciare un messaggio importante agli spettatori.
Mirandola: «Penso che l’arte abbia proprio il compito di sensibilizzare sul contemporaneo offrendo riflessioni e domande, non solo delle risposte come fanno altri linguaggi. Anche nel nostro settore vedo però poco presente il desiderio di parlare di quello che sta succedendo, dal momento che gli artisti spesso si trovano dentro un loro vortice personale poco fruibile dall’esterno. Non bisogna però dimenticarsi di trovarci in una precisa epoca con determinate condizioni». marchesini: «Ci dimentichiamo spesso dei grandi effetti che ha la poesia e di come questa possa trasformarci; se questo aspetto rimanesse un po’ nel pubblico al termine dello spettacolo io sarei felice. Speriamo arrivi loro un po’ di quello che sentiamo noi quando quest’arte ci tocca».
La giuria del concorso per le opere prime ha assegnato il premio Ermanno Olmi per il miglior film a Gloria! di Margherita Vicario, mentre il premio per la miglior regia è andato a Sara Petraglia che con L’albero racconta la storia di alcune giovani vite privilegiate ma segnate dalla tristezza e dalle dipendenze. A Tecla Insolia, protagonista assieme a Carlotta Gamba, è stato assegnato il premio per la migliore attrice. Anche il gran premio della giuria Emidio Greco, è tutto al femminile: assegnato infatti a Il canto di Alina di Ilaria Braccialini e Federica Oriente. Menzione speciale per Maternal di Maura Delpero. Premio del pubblico e della Giuria dei giovani a Giovanni Esposito con Nero; Tommaso Santambrogio vince per la migliore sceneggiatura. La programmazione prosegue fino a domenica 3 agosto con le pellicole internazionali. Info: www.galliofilmfestival.it