L’onda di energia pura che in questi giorni ha invaso Roma – le sue chiese, le sue piazze e i suoi mezzi di trasporto – è pronta a propagarsi come una marea dalla colorata e gioiosa spianata di Tor Vergata a tutto il mondo, in ogni angolo dal quale sono partiti e al quale ora ritornano ragazzi e ragazze – più di 1 milione – che hanno partecipato al Giubileo dei giovani.
A 25 anni da quel “Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!” scandito in questo stesso luogo da san Giovanni Paolo II in occasione della Giornata mondiale della gioventù del Grande Giubileo, questa generazione di giovani è chiamata ad essere protagonista, affidando a ciascuno la responsabilità di essere – come ha indicato Papa Leone XIV – “testimoni di giustizia e di pace” di cui necessita il mondo e “testimoni di speranza” di cui ha “bisogno il futuro”.
Mentre lasciano Tor Vergata ci consegnano i loro pensieri fatti di gratitudine, impegno, attesa.
“Questo Giubileo è stato come chiudere un cerchio della mia vita. Su alcuni temi avevo già riflettuto in altri incontri prima di arrivare a Roma… E gli stessi sono stati ripresi nelle catechesi e nelle omelie di questi giorni!”, racconta Marian Sallah, 20enne della diocesi di Ivrea originaria di Betlemme, per la quale “è con ‘coincidenze’ come queste che si comprende davvero che il tempo non è il nostro, ma il Suo”. “Sono questi i momenti, così belli e intensi, in cui il nostro cuore trova un po’ di pace e di speranza”, commenta Marian: “Mi porto a casa, quindi, questa luce,
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pronta per ricominciare con uno sguardo nuovo sulla vita, ricordandomi che insieme è meglio che da soli!”.
Maria Dotti, 21enne proveniente dalla diocesi di Reggio Emilia-Guastalla e appartenente al Movimento Familiaris Consortio, è stata “tanta la fatica, ma maggiore è la gioia”. “Sicuramente – osserva – le prove durante le giornate sono tante e lasciarsi guidare da esse risulta essere molto facile e anche comodo”. Commentando quanto vissuto in questi giorni, Maria sottolinea “il caldo, la confusione e le distrazioni, che sono tante. Ma dietro tutto questo c’è ciò che davvero è importante: la gioia di una fede condivisa”.
“Il Signore non ci lascia mai soli e vedere così tanti giovani riuniti per Lui ne è la prova: durante il pomeriggio di ieri è stato molto bello andare a parlare con ragazzi di diverse nazioni e vedere come il dialogo nasceva in modo estremamente spontaneo.
Di forte impatto – aggiunge – è stato sicuramente il silenzio che si è venuto a creare appena iniziata la veglia, cosa che nessuno potrebbe mai immaginare con così tante persone. Durante l’esposizione del Santissimo eravamo naturalmente tutti a guardare lo schermo ma le immagini cambiavano spesso e subito ho pensato: ‘Gesù non è nello schermo…ma allora dove devo guardare?’. La risposta era proprio davanti a me: i miei amici, gli sconosciuti seduti accanto, qualsiasi persona radunata lì. ‘Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte’ (1 Cr 12, 27)”.
“Vivendo a Roma – ammette Luigi Maresca, vicepresidente per il Settore Giovani dell’Azione Cattolica della diocesi di Porto-Santa Rufina – pensavo di non riuscire ad avere il giusto spirito per godere a pieno della grandezza di un evento del genere”. “Eppure – prosegue – varcare i cancelli di Tor Vergata ha subito fatto riemergere la moltitudine di emozioni provate a Lisbona appena 2 anni fa”. “La fede è stata sicuramente al centro (soprattutto durante la veglia), contornata da entusiasmo, gioia, stanchezza per il sonno mancato, adrenalina per l’arrivo del Santo Padre e tristezza per un amaro ritorno a casa”.
“Ritornare alla vita quotidiana – riconosce Luigi – è sempre molto difficile, ma il Giubileo penso che abbia inciso in noi qualcosa; torneremo ovviamente alla nostra vita, ma lo faremo prendendo una strada diversa, con un passo diverso”.
“La speranza – spiega Federico Engaldini, 27enne della diocesi di Padova – è la scelta della presenza oggi di tanti giovani attorno a me che desiderano la felicità, sentono e sperimentano un modo diverso di vivere la vita, insieme, attenta all’altro, in ascolto delle domande che abitano il cuore”. “Mi ha colpito lo stupore dei più giovani del mio gruppo – racconta Federico – che vivevano per la prima volta un evento mondiale: prima timidi e timorosi ad esprimersi e poi consapevoli di un terreno fertile di fiducia e ascolto hanno saputo condividere e partecipare ai diversi momenti di condivisione e preghiera”. “Si torna nelle nostre piccole comunità, nelle quali – ci ha ricordato il card. Zuppi – possiamo fare cose grandi”, conclude:
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“Lì dove sapremo trovare adulti in ascolto e capaci di accompagnare e non sovrastare o sfruttare la nostra presenza potremo diventare germogli di cura delle nostre comunità e della nostra fede”.
“Ancora una volta – sottolinea don Gianpaolo Grieco, direttore del Servizio per la Pastorale giovanile dell’arcidiocesi di Matera-Irsina –
il Papa ha richiamato i giovani a dare senso alla propria vita e a non farsi ingannare dalle illusioni della vita anche quando queste vengono da un nuovo stile di vita moderno”.
“Il richiamo al giovane Agostino, animo inquieto ma sempre alla ricerca della verità”, sostiene il sacerdote, “diventa il prototipo di ogni giovane alla ricerca di senso della vita. Con queste parole torno a casa ristorato nonostante il caldo e la pioggia notturna hanno reso la permanenza abbastanza faticosa”.
“Questo – la convinzione di Maria Giulia Boccadutri, giovane di Palermo – non è stato solo un viaggio, ma un vero e proprio cammino sia fisico che spirituale. Alcuni momenti hanno colpito particolarmente il mio cuore come la testimonianza di una dottoressa, che si è sentita chiamata ad amare gli altri attraverso la sua missione di medico: ha raccontato di un paziente di cinquant’anni che stava per morire, che non aveva ricevuto la cresima, ma che grazie a lei l’ha potuta ricevere, perciò quel mese di degenza pieno di sofferenza non era stato inutile, ma importante per prepararlo all’incontro con il Padre”. “Dell’esperienza vissuta – riassume Maria Giulia – mi porto a casa i sorrisi, le piccole attenzioni, il prendersi cura l’uno dell’altro di persone che fino alla settimana prima non si conoscevano, ma che grazie a questa esperienza di sopravvivenza sono diventati amici in Cristo, ma anche il messaggio di speranza: non dobbiamo avere paura, perché nonostante gli sbagli commessi, si può sempre ricominciare”.
Ripartono così, da Tor Vergata, i giovani italiani e di tutto il mondo: sulle spalle uno zaino carico di incontri, ricordi, emozioni e nel cuore la gioia e l’entusiasmo per l’esperienza condivisa.