L’Europa nella morsa del fuoco. In Italia l’incendio che ha interessato una vasta area del Parco nazionale del Vesuvio è stato, alla fine, domato sia per il grande impegno profuso dalla Protezione civile nazionale e regionale, dai Vigili del Fuoco, dall’Esercito e dalle forze dell’ordine, da Sma Campania, da mezzi aerei e da tanti volontari impegnati da terra, sia per la pioggia che ha spento gli ultimi focolai. Ma quest’anno, nel nostro Paese, l’emergenza non è stata solo al Parco nazionale del Vesuvio, tante le richieste di intervento aereo contro gli incendi boschivi che arrivano al Dipartimento di Protezione civile. In Spagna si sta vivendo una delle peggiori crisi ambientali degli ultimi decenni: gli incendi boschivi che da settimane devastano la penisola iberica hanno già bruciato 382.600 ettari di vegetazione, un’area pari all’isola di Maiorca. È la superficie più ampia registrata dal 2006, più di quattro volte la media degli ultimi vent’anni. Negli ultimi giorni, i roghi hanno impegnato i vigili del fuoco dell’Unità di emergenza militare in Galizia, Estremadura e Castiglia e León. Le fiamme hanno costretto a chiudere strade, sospendere linee ferroviarie e interrompere un tratto di 50 km del Cammino di Santiago. Secondo il Sistema europeo di informazione sugli incendi boschivi, solo in due giorni sono stati bruciati 38.000 ettari, quasi quanto in tutto il 2024. Di questa emergenza ambientale provocata dagli incendi boschivi parliamo con Alfonso Cauteruccio, presidente di Greenaccord.
D’estate sono sempre più frequenti gli incendi delle aree boschive, quest’anno ha assunto un carattere di particolare gravità in Italia e in Europa, come stiamo vedendo in questi giorni in Spagna. Quali sono le principali cause degli incendi estivi?
Ogni estate la cronaca si riempie di notizie su incendi che interessano aree boschive o di macchia mediterranea in varie zone di Italia e anche d’Europa. Si rimane sgomenti e increduli nel vedere andare a fuoco intere aree e ci si chiede il perché di tanta insipienza specie quando le aree interessate fanno parte di aree protette o di parchi.
Proprio nei giorni scorsi abbiamo assistito alla distruzione del Parco del Vesuvio: boschi, aree coltivate, animali selvatici e domestici, abitazioni in balia delle fiamme e tanti operatori intenti a domare e circoscrivere i focolai. Il tutto facilitato dal caldo estremo di questi giorni. Analizzando il fenomeno ci si rende conto che la maggior parte degli incendi boschivi è provocata da comportamenti imprudenti e/o inconsapevoli, così come da azioni criminose volte ad arrecare danno al patrimonio boschivo per intenti speculativi. Infine, esistono incendi di origine accidentale o senza una causa precisa (fulmini, autocombustione, eruzioni vulcaniche). In ogni caso, qualunque sia la causa, ciò che ferisce è il sentirsi inermi di fronte ad una forza della natura capace di ingoiare e digerire quanto si trova davanti e di fronte all’azione di un solo uomo che con un semplice gesto può produrre tanta distruzione.
Quali armi si dovrebbero mettere in campo per la prevenzione?
Le armi che si possono mettere in campo per scongiurare il fenomeno e prevenire gli incendi sono l’aggiornamento delle normative in materia con l’inasprimento di pene detentive e pecuniarie, l’utilizzo di droni e videocamere per il controllo del territorio a rischio, campagne educative, indagini approfondite sulle cause che hanno determinato gli incendi.
Per gli incendi dolosi, ossia quelli appiccati volontariamente, la legge prevede l’impossibilità di modificare la destinazione d’uso dei terreni per quindici anni. Tale interdizione attenua molto le finalità speculative di chi distrugge il patrimonio boschivo specie per la speculazione edilizia. Ma sugli incendi colposi, quelli causati involontariamente o inconsapevolmente, rimane importante la formazione dei cittadini tramite campagne mirate: spesso non ci si rende conto che basta una cicca o un fiammifero non spenti o altri comportamenti inappropriati per scatenare incendi che diventano indomabili. I Carabinieri forestali, la Protezione civile e i Vigili del Fuoco fanno già tanto e in modo egregio ma, evidentemente, occorre uno sforzo maggiore anche ad opera delle realtà educative e dei media.
Se c’è di mezzo la criminalità organizzata, è una battaglia da affrontare anche da un punto di vista penale e di controlli, ma se è disattenzione o incuria, come far nascere attenzione alla custodia del Creato? È anche un problema culturale? E come sensibilizzare?
Gli incendi dolosi, che spesso rispondono ad interessi della criminalità organizzata, si possono combattere con il controllo del territorio, che dev’essere appropriato all’ampiezza e alla tipologia del patrimonio boschivo, ma anche rendendo impossibile l’utilizzo del territorio incendiato per scopi speculativi di qualsiasi genere.
Altro aspetto importante, nelle aree protette, è il dialogo continuo con agricoltori e allevatori perché le limitazioni possono essere viste come imposizioni o privazioni che possono dar luogo a rivalse insensate.
Ad ogni modo, oltre il controllo e la repressione, deve crescere la consapevolezza ambientale dei cittadini: il patrimonio boschivo è di tutti e ci assicura benessere e qualità della vita ed è un danno per tutti distruggerlo.
La Laudato si’ ci richiama all’esigenza di una “conversione ecologica” che deve portare l’umanità verso un rapporto nuovo con il Creato che sia più empatico e armonico
e che deve rifuggire dalla tentazione di ritenere le creature semplici “cose” utili solo per soddisfare le nostre esigenze e le nostre voglie. Non dimentichiamo mai che per chi crede la prima finalità del Creato, come ricorda San Bonaventura, è rendere lode al Creatore!
Quali sono le conseguenze di questi incendi così gravi? A rischio biodiversità, colture, fauna, turismo, economia? Il disboscamento ha conseguenze anche sugli eventi meteo infausti?
Le conseguenze degli incendi sono gravi per il territorio che viene depauperato, per la fauna che vi viveva, per la biodiversità che viene messa a dura prova, per le persone che vivono all’interno o ai margini, per la bellezza che va in fumo e che viene a mancare. Va considerato infine il danno economico: case e campi coltivati distrutti, danni per il turismo, danni al capitale naturale, danni per la tenuta idrogeologica, mancata protezione dai cambiamenti climatici. Spesso si sente dire ma “sono solo alberi” e si tende a minimizzare perché tanto ricresceranno! Ma non sono solo alberi e non è detto che ricresceranno allo stesso modo.
Torno da un periodo di ferie all’interno del Parco nazionale d’Abruzzo e posso testimoniare come anche il semplice camminare per i sentieri che attraversano i boschi sia salutare e di una bellezza incomparabile per chi sa cogliere rumori, odori, varietà e unicità.
Come riscoprire la bellezza e la cura della montagna?
La montagna è un territorio che viene visto come posto utile per passarci le vacanze o praticare sport. Ma è tanto altro e vive un momento di grande difficoltà per lo spopolamento dovuto alla carenza di servizi (scuole, sanità, presidi sociali, connessioni, ecc.) e all’isolamento.
Invertire la tendenza si può favorendo la “restanza” e la “ritornanza” perché il territorio montano va protetto e tutelato
sia per le comunità che vi abitano che garantiscono tradizioni e saperi, sia perché tutto ciò che viene lasciato senza cura in alto porterà conseguenze a valle. Molto stanno facendo i camminatori per la scoperta ed il mantenimento dei territori montani: del resto andare verso l’alto è una aspirazione profonda dell’uomo ed anche Gesù in occasioni importanti salì sul monte!